QUOTE(Tramonto @ Sep 15 2008, 08:19 PM)

Io continuerò a chiamarlo come l'ho sempre chiamato ...
...ma come, neanche se te lo dice "nippokid"??

Uff, vediamo di concludere (spero) l'epopea "trasversale" dell'angolo di campo...non avrei voluto più continuare "la cosa"...ma ero io che avrei dovuto mettermi a rincorrerti per il forum con la matita blu, non tu ad importunare altre persone...
...I know what you did last...monday

Premetto, Tramonto, che certe pedanterie le riservo solo a coloro che mi paiono dediti più alla sterile "pignoleria" piuttosto che alla condivisione costruttiva e al consiglio spassionato...

...ma può essere solo un'impressione...

Diciamo pure che le definizioni degli angoli caratteristici di uno schema ottico, tradotti dall'inglese, possono anche assumere delle accezioni che io (e non solo..) ritengo formalmente scorrette, benchè facilmente tollerabili in quanto "semplificazioni" entrate nel "gergo" comune...
Riaffermo che chi si è
formato sul grande
formato e lo usa più o meno regolarmente (sempre meno purtroppo..) ha una differente "prospettiva" su determinati aspetti della fotografia, non certo per il "pregio" e la "virtù" di utilizzare grandi formati, ma per la semplicità con cui è possibile osservare e comprendere determinati "meccanismi", generalmente racchiusi al'interno delle reflex, e svincolarli dai rigidi rapporti che caratterizzano i piccoli formati.
A tal proposito, credo che sia eloquente la premessa dell'autore dell'articolo di Nadir incollato "più sopra" e che riporto...anche se non è un premio Nobel ha scritto una cosa giusta...
LINKInnanzitutto bisogna sgombrare il campo da equivoci, pregiudizi e falsi concetti, derivanti dall'aver sempre ragionato in termini di piccolo o medio formato, cioè di formati fissi nei quali esiste (o meglio, crediamo che esista) un rapporto rigido tra focale, angolo di campo e formato. Bisogna considerare che il cosiddetto "grande formato" è in realtà una serie di formati diversi, che non comprendono solo i classici formati delle pellicole piane (dal 4x5"/10x12cm in su), ma anche formati inferiori, quando l'apparecchio a corpi mobili viene utilizzato con pellicola in rullo o con dorsi digitali. Il fatto che lo stesso obiettivo possa essere usato su formati diversi dovrebbe aiutarci a svincolare tra loro parametri che credevamo fissi e strettamente interconnessi.e ancora...
L'angolo di campo è una caratteristica fondamentale di ogni obiettivo. Esso è l'angolo che l'obiettivo abbraccia. Il valore dell'angolo di campo nasce dal rapporto fra diametro del cerchio immagine e lunghezza focale. E' quindi indipendente dal formato, ma viene deciso dal fabbricante e determinato dallo schema ottico dell'obiettivo.Se ti dovesse mai capitare di sfogliare un catalogo di obiettivi per il grande formato vedresti come l'angolo di campo venga indicato come caratteristica intrinseca dello schema ottico, senza alcuna distinzione di formato...come potrebbe d'altronde, qual è IL grande formato??...
Rodenstock Sironar-N 150 mm - angolo di campo 72°
Rodenstock Grandagon-N 155 mm - angolo di campo 102°
Rodenstock Apo-Ronar 150 mm f/9 - angolo di campo 48°
Rodenstock Apo-Ronar 600 mm f/9 - angolo di campo 46°
Quando, qualche anno fà, non senza grande "emozione" e "fatica" (economica), andai ad acquistare un "normale" da 150mm per il mio Sinar, la seconda caratteristica che mi veniva presentata, dall'esperto e anziano rivenditore per aiutarmi nella scelta, era l'angolo di campo dei vari obiettivi, che rappresentava di fatto le possibilità di "movimento" delle mie belle "stendarde" a prescindere dal formato di lastra utilizzato...
Ah, la prima era il prezzo...

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E' comprensibile come nei piccoli formati, data la dimensione "standard" dei supporti sensibili, la distinzione tra
angolo di campo caratteristico e
angolo di campo inquadrato, sia stato col tempo accomunato in un'unica definizione
generica di
angolo di campo, relativa sempre alla stessa "area sensibile" e allo stesso tiraggio.
Ciò non toglie che
formalmente sia una definizione impropria che non rende giustizia alle caratteristiche uniche di alcuni obiettivi che presentano angoli di campo tali da permettere basculaggi e decentramenti a prescindere dalla lunghezza focale...
Si tratta però di un angolo di campo relativo, non assoluto.
Ribadito il mio pensiero sulla questione,
ribadisco anche che non inorridisco se sento parlare di angolo di campo in rapporto ad un formato di supporto sensibile, preferisco intenderlo come una abbreviazione di angolo di campo inquadrato o un improprio sinonimo di angolo di ripresa...e amen...in questo caso ho voluto fortemente fare un eccezione e tampinarti un pò...
Comunque..ad ognuno il suo angolo...eviterò di metterti in guardia dagli angoli retti inventandomi qualche simpatico aneddoto...ho già abusato di un 3d che non aveva colpe!!
Alla fine, visto un certo "andazzo" abbastanza generalizzato, mi convinco che basta capirsi...forse è già abbastanza...

bye

P.S. Ho fatto trenta...faccio trentuno...
Angolo di campo
E’ il massimo angolo di inquadratura che l’obiettivo può realmente coprire.
Ogni obiettivo, a fuoco su infinito, proietterà sul piano pellicola (o sensore) un’immagine circolare di una porzione della scena che si trova davanti. Tale cerchio viene chiamato “cerchio di copertura” o “cerchio d’immagine” dell’obiettivo. Consideriamo il triangolo isoscele che ha per base un diametro di quest’immagine circolare e per altezza la distanza tra il centro di quest’immagine e il suo punto nodale posteriore (pari in questo caso alla focale dell’obiettivo): l’angolo al vertice di questo triangolo sarà l’angolo di campo dell’obiettivo.
Se ora spostiamo in avanti l’obiettivo per ridurre la distanza di messa a fuoco, potremo notare che il diametro del cerchio di copertura aumenterà, ma aumentando di pari passo anche la distanza tra l’obiettivo (e quindi del suo punto nodale posteriore) col piano pellicola, l’angolo di campo non varierà. Quindi l’angolo di campo NON varia con la distanza di messa a fuoco. (il cerchio di copertura invece sì)
Non è difficile inoltre dimostrare che l’angolo di campo di un obiettivo NON è in alcun modo legato alla sua focale. Consideriamo la lente convergente equivalente alla quale ogni obiettivo può in linea teorica essere ridotto, ed immaginiamola sospesa in aria da sola. Qualunque sia la sua focale, non ci sarà nulla che impedirà al suo angolo di campo di essere molto ampio, e di avvicinarsi addirittura (da un punto di vista strettamente teorico e non considerando aberrazioni e vignettatura) a 180°.
Tornando al caso reale di un obiettivo costituito da più lenti incastonate in una montatura, si potrà facilmente vedere che l’angolo di campo è anch’esso una grandezza fissa caratteristica di ogni obiettivo, ed è determinato esclusivamente dalla sua costruzione meccanica, e quindi stabilito in fase progettuale in base alle esigenze specifiche di quell’obiettivo.
Da notare che per gli obiettivi delle reflex piccolo e medio formato, l’angolo di campo non viene quasi mai dichiarato in quanto è praticamente uguale (o di poco superiore) all’angolo di ripresa con messa a fuoco all’infinito (vediamo dopo cos’è), mentre per gli obiettivi da banco ottico viene sempre dichiarato, in genere a f/22, che è il diaframma di lavoro più utilizzato. Il fatto che l’angolo di campo vari (leggermente) col diaframma è normale, in quanto il diaframma fa parte della costruzione meccanica dell’obiettivo. Angolo di ripresa
In pratica è l’angolo di campo che viene realmente sfruttato facendo una fotografia, e cioè l’angolo compreso tra 2 raggi di luce che partono dal punto nodale posteriore dell’obiettivo impiegato e raggiungono i 2 estremi della diagonale del formato utilizzato. Ricordo, che per definizione dei punti nodali, questi 2 raggi che escono dall’obiettivo altro non sono che il proseguimento di 2 raggi ad essi paralleli che entrano nell’obiettivo diretti verso il punto nodale anteriore, quindi formanti tra di loro lo stesso angolo.
Quando l’obiettivo è messo a fuoco su infinito, l’angolo di ripresa sarà l’angolo al vertice del triangolo isoscele che ha per base la diagonale del sensore e per altezza la distanza tra il centro del sensore e il punto nodale posteriore dell’obiettivo (pari in questo caso alla focale dell’obiettivo), e si potrà calcolare con la semplice formuletta: 2arctg(d/2f) , con d e f rispettivamente diagonale del sensore e focale dell’obiettivo.
Se allontaniamo l’obiettivo dal sensore per ridurre la distanza di messa a fuoco, l’altezza di questo triangolo isoscele aumenterà mentre la base rimarrà costante, e quindi l’angolo al vertice, cioè l’angolo di ripresa, diminuirà.
L’angolo di ripresa dipenderà dunque dalla diagonale del formato utilizzato, dalla focale dell’obiettivo impiegato, e dalla distanza di messa a fuoco.
Non dipenderà invece dall’angolo di campo dell’obiettivo, anche se sarà sempre uguale o minore di esso.
Prendiamo ad esempio il Micro Nikkor 60 mm che avevo citato prima, che ha un angolo di campo di 40°. Se lo montiamo sulla D3, che ha una diagonale del sensore di circa 43 mm, e focheggiamo su infinito, otterremo un angolo di ripresa di 40°; se focheggiamo alla minima distanza (rapp. 1:1), otterremo un angolo di ripresa di 20°. Se lo montiamo sulla D300, che ha una diagonale del sensore di circa 28 mm, e focheggiamo su infinito, otterremo un angolo di ripresa di 26°; se focheggiamo alla minima distanza (rapp. 1:1), otterremo un angolo di ripresa di 13° . Ma in tutti 4 i casi avremo un obiettivo di focale 60 mm e angolo di campo di 40°.
Faccio un ultimo esempio. Prendiamo il Nikkor Ai 35 mm f/2,8 e il PC-Nikkor Ai 35 mm f/2,8, che sono 2 obiettivi di pari focale ma angolo di campo diverso, 62° il primo e 74° il secondo. Montandoli su una D3 e focheggiando su infinito, otterrò con entrambi lo stesso angolo di ripresa di 62° (che non dipende dall’angolo di campo ma è uguale o minore ad esso). Il maggiore angolo di campo del secondo mi permetterà i decentramenti, impossibili col primo.
Grazie "orso"