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enrico
Cari amici,
lo spazio pittorico è diverso dallo spazio fotografico. Quando un artista del pennello inizia la sua opera, lo spazio è già lì, delimitato dai lati della tela. Non deve far altro che riempirlo, pennellata dopo pennellata. Egli aggiunge al vuoto della tela, un elemento dopo l'altro, in tempi successivi.
Il fotografo invece sottrae, taglia con un colpo di bisturi, sincrono con lo scatto dell'otturatore, in un istante infinitesimo, un pezzo di un infinito spazio-temporale che lo avvolge tutt'intorno. Il fotografo quindi esclude, nel momento stesso che include nell'inquadratura, nel campo fotografico, il suo soggetto.
Ma siamo certi che il fuori campo sia davvero e sempre fuori?
Io credo di no.

La sottile striscia di tetto, non ci parla anche di ciò che è oltre il bordo inferiore del quadro?

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E attraverso l'ombra, l'albero fuori campo non ci fa sentire la sua presenza?

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In questa foto di Erasmo Perani, non è presente in un certo senso, la scena che si sta svolgendo alle spalle del fotografo?

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Ed in questa famosa immagine di Diane Arbus, nello sguardo fisso del bimbo, non è presente anche il fotografo? Non si rivela quindi uno spazio speculare all'immagine?
E soprattutto, non siamo presenti noi stessi che questo bambino stiamo guardando, rompendo in un certo senso le barriere dello spazio e del tempo?

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Ne vogliamo parlare? magari con l'aiuto di qualche immagine?
Buona luce
Enrico




daniele.arconti
Credo che l'unicità di certe foto sia proprio nel fatto che nascondano il vero soggeto, nel senso che l'autore ci ha precluso la possibilità di vederlo direttamente, ma nella nostra mente esista già.
Interessante credo sia far notare la non universalità di certe foto, vanno contestualizzate in base all'età, in base al luogo ed al tempo.
davidebaroni
Enrico, sai di sfondare una porta aperta, con me... smile.gif

Cominciamo dalle cose "semplici".

In queste tre foto, non sono forse presenti elementi che ci fanno immediatamente percepire, ad un qualche livello, qualcosa che è "fuori campo", ma che è fondamentale per la foto stessa, per contestualizzarla e/o comprenderne appieno il significato? E che magari, almeno in un paio di casi, è presente in piccoli dettagli dell'immagine, riflesso nelle lenti degli occhiali... e nell'altro caso è evidentemente suggerito da altri particolari?

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In altri casi, che verranno dopo, gli "impliciti" sono anche più forti... ma magari meno evidenti. smile.gif

E, sì, ovviamente ci siamo, sempre, anche noi stessi, in quanto osservatori.

Ciao,
Davide
enrico
Grazie Daniele, grazie Davide.
E' particolarmente interessante il "fuori campo" dell'osservatore. Davide, è il tuo campo dry.gif
Vogliamo approfondire il perché della presenza in ogni immagine del soggetto che la guarda?

In questa famosa foto di Bresson, dei signori stanno sbirciando al di là di una barriera: una sorta di voyeurismo. Ma il fotografo stesso che li sta sbirciando di nascosto è un voyeur...
e lo siamo anche noi in fondo che stiamo sbirciando nella foto hmmm.gif

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La presenza nella foto anche dell'osservatore è una realtà a livello semiotico e psicologico complesso.
Pensiamoci, senza dimenticare il "fuori campo" anche a livello spaziale e temporale. Credo ci sia molto da riflettere. Riflettere sull'essenza stessa della fotografia, essenza che la differenzia dalla pittura.
enrico
Il fuori-campo è ciò che non è nell'inquadratura, pur essendovi a volte presente in qualche modo.
In questo senso, uno dei fuori-campo più interessanti è colui che osserva la foto.
Pensiamoci bene: una foto non esiste se non quando qualcuno la guarda. Al di fuori di questo contatto, è solo un pezzo di carta con delle zone che riflettono la luce in maniera diversa.
Quindi la foto inizia a vivere nel rapporto con l'osservatore.
Essa stessa è il risultato di questo rapporto.
E' questo il motivo per cui una stessa foto è vista e sentita in maniera diversa a seconda di chi la guarda. Forse non esiste una foto, ma tante foto quanti sono gli osservatori.
Me ne sto rendendo conto ancora una volta, seguendo e partecipando al Blog di Fotoit (http://blog.fotoit.it/).
Con questo non intendo assolutamente dire che l'immagine sia un fatto soggettivo, poiché è portatrice di senso e questo grazie al fatto che, pur se ciascuno di noi è diverso da ogni altro, lo è solo in parte mentre c'è una base fisiologica, psicologica e culturale comune. E' solo grazie a questa base comune che la fotografia può essere considerata un linguaggio (anche se non tutti sanno "leggerla" come non tutti sanno "scriverla").
In questa riflessione ho spostato l'attenzione sul ricevente, ma non bisogna dimenticare che nella foto c'è sempre anche un altro fuori-campo: colui che l'ha prodotta...
Enrico
davidebaroni
QUOTE(enrico @ Nov 1 2009, 10:37 PM) *
(...)
In questa riflessione ho spostato l'attenzione sul ricevente, ma non bisogna dimenticare che nella foto c'è sempre anche un altro fuori-campo: colui che l'ha prodotta...
Enrico


Esatto, Enrico. smile.gif
E, certamente, è un "fuori campo" fondamentale: la foto che noi "riceventi" vediamo, e che scatena in noi tutto quel sistema di associazioni e attribuzioni di significato che sono i componenti del "fuori campo" del ricevente, è il frutto di tutta una serie di scelte fatte da colui che la foto l'ha prodotta... scelte che derivano da tutto un cosmo di fattori che appartengono a quella specifica persona, e che esprimono, in modo relativamente esatto, proprio quello che per quella persona (che è e rimane "fuori campo"...) è o non è importante, a cosa dà importanza e a cosa no, come seleziona le informazioni da includere nell'immagine, il suo senso estetico, il tipo di emozione che vuole esprimere...
Insomma, in sintesi, quello che poi noi troviamo nella foto. smile.gif
Ciao,
Davide
Gabriele.Carpinelli
Questa opera è intitolata "Ragazzo morso da un ramarro" a guardarla bene pare che ci sia anche qui un fuori campo.

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A proposito il dipinto è del Caravaggio
enrico
Il riflesso nel vaso.
enrico
Come nel dipinto "I coniugi Arnolfini" dove lo specchio in fondo ribalta lo spazio disegnando una scena speculare alla prima. In questa immagine ci sono in effetti due campi, individuati da due punti di vista posti sulla stessa retta, ma in versi opposti. Ma dove c'è il campo riflesso dallo specchio, in effetti c'è una sottrazione di una parte del campo primario.

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Un fatto analogo lo si può vedere in questa famosa "Autoritratto agli specchi" di Ilse Bing, dove la fotografa si ritrae allo specchio dove si riflette un secondo specchio che la ritrae da un'altra angolazione. C'è un primo taglio dello spazio reale che è quello della foto. All'interno di essa c'è una seconda cornice (un secondo taglio) che è il primo specchio che riflette l'autrice. All'interno di questo specchio ce n'è un secondo (un terzo taglio). Sono presenti contemporaneamente tre campi, ciascuno dei quali sottrae spazio per poter esistere, al campo in cui è incluso.

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Buona giornata
Enrico
Gabriele.Carpinelli
QUOTE(enrico @ Nov 2 2009, 05:23 AM) *
Il riflesso nel vaso.



Ottimo!
nuvolarossa
QUOTE
Forse non esiste una foto, ma tante foto quanti sono gli osservatori...
... ma non bisogna dimenticare che nella foto c'è sempre anche un altro fuori-campo: colui che l'ha prodotta...


Interessantissima discussione.
Voglio portare i mei due cents:

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IPB Immagine Ingrandimento full detail : 123.8 KB
enrico
Ottimo contributo.
Vi propongo un altro esempio. Il fuoricampo è connesso al campo poichè, essendo la fotografia un ritaglio nello spazio (ma anche nel tempo), con quel ritaglio io ottengo e separodue realtà: quella che sta dentro (il campo) e quella che sta fuori (il fuoricampo).
Nell'immagine sotto, ci sono molti "ritagli" uno nell'altro (molte cornici). Vediamo che una parte del campo è tagliata (dalla cornice) e sostituita con un'altra immagine che non è altro che il campo stesso, e così all'infinito. Il fuori campo c'è e non c'è...


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davidebaroni
QUOTE(enrico @ Nov 2 2009, 10:25 AM) *
Ottimo contributo.
Vi propongo un altro esempio. Il fuoricampo è connesso al campo poichè, essendo la fotografia un ritaglio nello spazio (ma anche nel tempo), con quel ritaglio io ottengo e separodue realtà: quella che sta dentro (il campo) e quella che sta fuori (il fuoricampo).
Nell'immagine sotto, ci sono molti "ritagli" uno nell'altro (molte cornici). Vediamo che una parte del campo è tagliata (dalla cornice) e sostituita con un'altra immagine che non è altro che il campo stesso, e così all'infinito. Il fuori campo c'è e non c'è...


Ingrandimento full detail : 184.6 KB


Interessante esempio. Si chiama, se non erro, "effetto Droste"... smile.gif
Ma è anche il principio di auto-somiglianza tipico dei frattali. smile.gif

E mi ricorda la copertina di Ummagumma, vecchissimo album dei Pink Floyd:

Immagine ridimensionata: clicca sull'immagine per vederla con le dimensioni originali.
(scusate la qualità scadente...).

Qui la differenza sta nel fatto che i quattro componenti del gruppo si scambiano progressivamente posizione in ogni "versione" dell'immagine... smile.gif
enrico
E questo è un esempio non meno interessante:

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è di Michael Snow e si intitola "authorization". In pratica il fotografo ha sistemato la macchina davanti ad uno specchio al centro del quale ha costruito una specie di cornice con del nastro adesivo. Ha fotografato il tutto compreso se stesso. Poi ha preso la foto e l'ha attaccata nel quadrante superiore sinistro della cornice. Ha rifotografato il tutto ottenendo lo specchio con la foto aggiunta. Ha continuato così fino a riempire la cornice. Ha rifotografato poi la cornice ormai piena e l'ha incollata sull'angolo superiore sinistro dello specchio, rifotografando il tutto. Oltre allo spazio ed alla sua trasformazione, c'è anche la dimensione temporale. Nell'ultima immagine, quella con la cornice completa in alto a sinistra, lo specchio non riflette più il fotografo il quale non è più presente se non nelle immagini successive che, con la loro consistenza spaziale di oggetti, si sono "mangiate" la superficie riflettente.
Enrico
enrico
Rivolgiamo l'attenzione sul confine che separa il campo dal fuori campo. Come mai in fotografia (ed in pittura) è quasi sempre rettangolare o quadrato? In effetti il nostro campo visivo è circolare, come è circolare l'immagine che produce l'obiettivo. A bordi sfumati, indistinti.

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Nelle immagini prodotte dall'uomo invece, come dice Denis Roche: "il quadro della foto è un orizzonte piegato in quattro e che si morde la coda". E quei limiti sono rettilinei e netti.

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Max Lucotti
Si può essere fuori campo essendo contemporaneamente "dentro campo"....

Immagine ridimensionata: clicca sull'immagine per vederla con le dimensioni originali.

Ma in questo caso il protagonista è quello fuori o quello dentro?
E ancora.... se il fuori campo è connesso al campo ... ..chi ha fatto la foto? smile.gif

Ciao Max
enrico
Grazie Max ed a tutti gli altri per i preziosi contributi.
Enrico
enrico
Tornando alla cornice, al taglio che il fotografo fa, come con un bisturi affilato, sulla realtà, il fatto che sia rettangolare o quadrata (nella macchina la "finestra" rompe la circolarità del cono circolare che vi convoglia l'obiettivo), dipende forse dal fatto che viviamo su di un pianeta, soggetti alla forza gravitazionale. Siamo esseri eretti e fortemente condizionati dalla verticalità (se ci incliniamo troppo di lato rischiamo di cadere e la postura ed il movimento sono regolati continuamente da un raffinato sensore che sono i canali semicircolari dell'orecchio interno), e conseguentemente dall'orizzontalità.
L'orizzontalità e la verticalità fanno fortemente parte della nostra esperienza e della nostra vita. Tutte le nostre costruzioni si inscrivono in linee orizzontali e verticali. I quattro lati dell'inquadratura esprimono appunto questi rapporti di verticalità ed orizzontalità.

Dubois descrive quattro spazi in relazione alla fotografia:

lo spazio referenziale: è lo spazio reale, a tre dimensioni, illimitato.

lo spazio rappresentato: la porzione di spazio reale, prelevata e trasportata nell'immagine. Uno spazio bidimensionale perchè dipendente da un unico punto di vista in un istante di tempo.

lo spazio della rappresentazione: l'immagine fotografica, l'insieme degli elementi rappresentati nei rapporti reciproci e con i lati del quadro. La composizione in altre parole. Siamo anche qui nel bidimensionale.

lo spazio topologico: il rapporto fra la foto e lo spettatore che la guarda (siamo di nuovo nelle 3 dimensioni).

C'e sempre una relazione fra questi 4 spazi. Per esempio, ci deve essere (salvo particolari esigenze espressive), una congruenza fra lo spazio rappresentato e lo spazio di rappresentazione. E' per questo motivo che, quando l'orizzonte è "storto", cioè non è congruente a due lati del quadro, ci diamo da fare per raddrizzarlo poichè ne proviamo un senso di disorientamento.

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Perché lo spazio della rappresentazione sia congruente con lo spazio topologico, la osserviamo tenendo in mano la fotografia ben dritta (e l'appendiamo al muro stando attenti a che il quadro non penda da un lato).

Enrico
davidebaroni
...Questo, ovviamente, a meno che l'orizzonte storto non sia "funzionale" a un qualche aspetto del "messaggio", della rappresentazione che vogliamo trasmettere... smile.gif

Ad esempio, qui ho usato l'inclinazione dell'orizzonte per rappresentare lo sbandamento della barca all'entrare nei mulinelli e nei rigurgiti di corrente delle rapide...

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L'osservatore proverà (se io sono riuscito nel mio intento) proprio quel disorientamento a cui accenna Enrico... che è esattamente ciò che io voglio evocare, in quanto analogo a quello provato sentendo la barca sbandare nella corrente. smile.gif

Se invece non ci sono riuscito... beh, dovrò provare con un altro artificio rappresentazionale. laugh.gif

Ciao,
Davide
enrico
Io percepisco netto uno sbandamento a sinistra. Sarà per l'analogia e l'esperienza con gli aeroplani che si inclinano dalla parte della virata.
Enrico
enrico
C'è un altro importante fuori-campo, ed è quello temporale.
Quando osservo una foto, in special modo quelle antiche, i cui personaggi di sicuro non sono più in vita, mi viene da riflettere. La foto ha bloccato un istante della loro esistenza. Accanto ad ogni foto c'è un prima ed un dopo ed io mi chiedo: da dove verrà? Cosa avrà fatto prima dell'incontro con il fotografo? E dopo lo scatto dell'otturatore, dove sarà andato? E' un prima ed un dopo che non ci è dato di sapere: è un fuori campo irraggiungibile.
Enrico

August Sander:

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nuvolarossa
Il fuori spazio temporale...
Qualcosa che è accaduto o che accadrà. Qualcuno che nonostante tutto è ancora lì ad aspettare...

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cesare forni
discussione interessante, come sovente in questa sezione, ma a questo punto mi pongo due domande:
1 analizzare così una foto non toglie un po' di fascino, di "artistico", insomma qualcosa alla foto (o dipinto)?
2 quando la foto è stata scattata l'autore aveva ben presente tutta queste "tecniche" oppure semplicemente "gli piaceva" quell'immagine? (magari perchè ha applicato in maniera inconscia delle tecniche ben precise e codificate)
buonanotte a tutti
cesare

p.s. leggo sempre con piacere i vostri interventi
enrico
Ciao Cesare,
io credo che il fascino rimanga. E' solo un voler capire i meccanismi che sono dietro una immagine, meccanismi visivi e psicologici. La loro conoscenza certo può aiutare a costruire delle immagini più efficaci. E' vero anche che molti fotografi applicano certi principi incosciamente, per istinto. Resta il fatto che tali principi ci sono. E poi è bello indagare sui significati profondi che sono dietro alla fotografia per cercare di capire cos'è in effetti la fotografia.
Grazie per essere passato.
Enrico
nuvolarossa
Cosa ci sarà da quella parte?
La fotografia, pur non mostrando il "cosa", ci dice che da quella parte c'è "Qualcosa" che attira l'attenzione di questi bambini fuori dalla chiesa... E pur non facendo vedere, ci dice che è qualcosa di allegro, che li fa sorridere!

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