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enrico
Dorothea Lange sosteneva che ogni fotografia fosse un ritratto del suo autore.
Una fotografia è definita dal suo autore o da ciò che raffigura?

Specchio o finestra?

In una fotografia si rende visibile il suo autore (funzionando da "specchio" di colui che è dietro l'obiettivo) o il mondo che è davanti all'obiettivo (e quindi una finestra sul mondo)?

Ed in che misura ed in quali modi in una immagine vi traspare l'autore?
E fino a che punto può arrivare a rivelarsi la vera essenza del soggetto?

E' un quesito di grande interesse, io credo. Vogliamo provare a ragionarci su, magari con l'ausilio di foto concrete?
Foto che solo a guardarle (stile?) ci fanno capire chi le ha fatte e foto che sono rivelatrici di qualche verità dell'uomo e della vita?
Un interrogativo, in sintesi, sulle potenzialità e sui limiti del mezzo fotografico.

Enrico

Una famosa foto della Lange:

IPB Immagine Ingrandimento full detail : 157.6 KB
Campanelli-no
ciao enrico.

hai sfoderato un'altra discussione di livello e di grandissima vivacità intellettuale.
mi piacerebbe partecipare ma, stavolta, ritengo che sia necessaria perlomeno buona base di storia della fotografia, nonchè biografica dei maggiori autori...

ad esempio:
di dorotea lange io conosco le opere più divulgate (come questa), ma non saprei dirti se l'intensità delle sue foto sia dovuta ad una profondissima sensibilità, o se anche lei sia stata travolta dallo strazio della grande depressione degli anni '30 in america...

se capita qualche riga di discussione su diane arbus o di hcb, vi potrò seguire un pò più da vicino wink.gif .

per il resto vorrà dire che vi leggerò con piacere ed interesse.

a presto

cristina
nuvolarossa
Un bel tema che merita di essere approfondito...
Voglio però lanciare un altro sassolino nello stagno:
Specchio di chi sta dietro l'obiettivo o specchio anche di chi la fotografia la osserva?

Voglio dire: quando guardiamo una fotografia, ci vediamo solo quello che ci mostra l'autore o ci mettiamo anche un po' di "nostro", della nostra cultura, del nostro modo di pensare e di essere?
enrico
Ciao Cristina,
Nuvolarossa, ottima inegrazione. Io penso che nella gran parte dei casi la fotografia diventa specchio di chi la guarda. Ricercarvi e ritrovarvi l'autore è più difficile e presuppone buone basi di lettura. Molto spesso (e ne ho esperienza) prendono il sopravvento le cosiddette "integrazioni culturali".
Credo che sia più facile leggere in una foto l'aspetto referenziale (la finestra). Per ritrovarvi l'autore credo non basti una sola foto; ne servono molte così da potervi rintracciare una "poetica" che è più dello stile. Oltre alle scelte espressive preferite dall'autore (p.e. preferenze per il tele, per i controluce, per particolari inquadrature - vedi le foto "storte" di Rodchenko) sono da considerare i temi e gli argomenti preferiti dallo stesso ed il modo di affrontarli e di raccontarli.
E' possibile da una o più foto risalire all'autore? Domanda difficile. Siamo in grado da un brano di prosa di risalire allo scrittore?
Fotografie di autori diversi con lo stesso soggetto, sono simili o presentano delle differenze?
E qui mi viene un'idea: perché non proviamo a postare foto dello stesso soggetto ma di autori diversi e proviamo a studiarne le differenze espressive?
Buona giornata
Enrico
TMax66
rispolvero questo tema interessante abbandonato troppo precocemente ..
anch'io la vedo come Enrico!

Esprime molto bene quello che penso una bellissima citazione di Ansel Adams:

"You don't make a photograph just with a camera. You bring to the act of photography all the pictures you have seen, the books you have read, the music you have heard, the people you have loved"

un grande autore americano di musica rock , recentemente, ha spiegato una sua canzone anatomizzandola pezzo per pezzo spiegandone anche la relazione con le scelte musicali adottate ..alla fine di questa 'lettura', davvero affascinante,
si rivolge al pubblico ponendo questa domanda: " pensavo a tutte queste cose mentre componevo?" a cui risponde immediatamente con un secco NO! e quindi: " SENTIVO tutte queste cose mentre componevo?" SI!

ecco io penso che funzioni cosi anche per chi usa la fotografia come mezzo espressivo!

Infine, rispetto alle questioni sullo stile dei grandi fotografi, i soggetti esplorati ecc..consiglio vivamente di leggere il bellissimo libro di Geoff Dyer 'Linfinito Istante' che è un vera e propria antologia ragionata sulle tematiche ricorrenti dei grandi fotografi ( uomo cieco, mani, cappello, panchina, scale, schiena, letto sfatto...ecc.) una vera miniera di idee per comprendere la fotografia!

TMax
biggrin.gif
enrico
Grazie Max per il tuo contributo. L'infinito istante l'ho letto.
Buona luce
Enrico
zUorro
Io non ho conoscenza della storia della fotografia ed, in un certo senso, non voglio averla.

Detto qesto ritengo che la fotografia possa essere un opera d'arte tanto qanto un qadro, un libro od una musica.
Qesta cosa ha diverse implicazioni legate al modo in cui si “legge” un’immagine.
L’arte è inevitabilmente espressione di chi la realizza, e fino a qui mi pare che non si possa che concordare. Il momento in cui l’arte si trasforma è però quello in cui viene guardata, ascoltata, letta, è il momento in cui il fruitore la conosce, si riconosce e cerca di comprenderla con le proprie possibilità e capacità.
Ogni individuo coglie aspetti che gli sono emotivamente e culturalmente conosciuti, emozioni provate nel passato, situazioni vissute o magari, la guarda con il distacco di chi non ha mai provato le sensazioni espresse.
La grandezza dell’artista sta, in due capacità, secondo me.
L’una è qella di riuscire a rendere comprensibili e fruibili per tutti, le emozioni, le idee, le implicazioni; far arrivare il messaggio. Se ciò che vuole dire, riesce a finire nella testa di chi guarda la sua opera, secondo me un autore ha raggiunto una capacità tale da renderlo un artista.
L’altra è qella di lasciare, oltre al messaggio principale, tutta una serie di riferimenti, appigli, interpretazioni, possibilità che fanno di un opera d’arte un elemento di discussione che apre la mente, che fa nascere il sentimento primordiale della curiosità, del voler sapere, che fa partire i pensieri per mete sconosciute.
Ed ecco che arrivo a spiegare la mia prima affermazione.
Se ci si lascia sopraffare dalle nozioni, dalle interpretazioni, dalla mera critica di storia dell’arte che sia fotografica, pittorica, architettonica, musicale, si rischia di perdere la spontaneità delle proprie emozioni.
Non intendo dire che non si debbano avere le basi culturali, sapere la storia, le tecniche e le situazioni in cui sono state realizzate le opere è spesso, o forse sempre, fondamentale per capire ciò che rappresenta un’opera.
Qello che voglio dire è “non mettiamoci tanti filtri in testa”, lasciamo passare tutto qello che arriva e cerchiamo di comprenderlo come se non sapessimo nulla, non usiamo le conoscenze come catene ma come mezzo per immergerci virtualmente nel tempo e nel luogo, nelle vicissitudini, nella testa di chi ha realizzato l’opera MA lasciamo che anche le nostre esperienze creino qalcosa di costruttivo, perché l’arte non è statica, cambia con il tempo in cui vive e, se vive nel tempo, può anche esserne in parte artefice.
Non sono poi qeste le aspirazioni più grandi di un artista?
Non morire mai e poter, attraverso il proprio “lavoro”, cambiare le cose.

scusate la dissertazione, qesto per dire che la discussione mi piace un sacco!
enrico
Grazie anche a te Zuorro, per il contributo alla discussione.
Hai ragione quando dici che i preconcetti possono costituire un ostacolo alla comprensione di una immagine. La conoscenza della storia della fotografia è importante. In fondo l'oggi deriva da ciò che è stato ed è così anche per l'espressione artistica. Anche se per molti in maniera inconscia, è certo che il nostro modo di vedere è condizionato dalla cultura del momento e dal substrato culturale che ci circonda e che non possiamo fare a meno di assorbire. Conoscere la storia, sia tecnica che artistica ed espressiva della fotografia può essere proprio un modo per spezzatre quelle catene di cui parlavi e che potremmo non sapere di avere.
Buona luce
Enrico
davidebaroni
Non solo concordo con Enrico, ma aggiungo un altro aspetto della questione.

"Conoscere" la storia della fotografia, così come i meccanismi della percezione, della comunicazione, del linguaggio visivo e non, del linguaggio simbolico eccetera, non toglie un beatissimo legume alla "spontaneità dell'emozione" (che fra l'altro è più che altro un mito creato dai pigri che non avevano voglia di xxx per imparare queste cose wink.gif ), ma permette invece di decodificare l'emozione stessa e i meccanismi inconsciamente applicati al momento della "creazione" della cosiddetta "opera d'arte" e al momento della sua fruizione. Come giustamente osserva TMax:

QUOTE
si rivolge al pubblico ponendo questa domanda: " pensavo a tutte queste cose mentre componevo?" a cui risponde immediatamente con un secco NO! e quindi: " SENTIVO tutte queste cose mentre componevo?" SI!


Qui occorre mettersi d'accordo sul significato di "pensare"... rolleyes.gif

Nel mio personalissimo vocabolario, "sentire" tutte queste cose in termini che influenzano l'operatività del fotografo è, in tutto e per tutto, un "pensare"... oltretutto molto più efficiente e rapido del tradizionale "pensare per parole".
"Sentire" queste cose, "pensarle" in termini operativi, è frutto di una profonda conoscenza. Della storia, del linguaggio, dei simboli... e di se stessi.
Senza questa conoscenza, l'autore citato da TMax semplicemente non avrebbe potuto fare l'analisi descritta. smile.gif
E quello che gli ha permesso di fare quello che ha descritto senza doverci pensare è semplicemente il fatto di avere tale e tanta familiarità con quella conoscenza da averla assorbita e fatta propria al punto da non avere più bisogno di pensarci...

My two cents, of course.

Ciao,
Davide
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