E’ una frase celebre, ormai molto abusata, che sintetizza perfettamente gli enormi contrasti che chiunque visiti il grande Paese asiatico si trova di fronte.
Ho conosciuto l’India quando avevo venti anni, ed è stata un’esperienza fortissima, tra le più belle della mia vita. Tre amici fraterni, un biglietto aereo: nulla di più. Un’esperienza che ha cambiato completamente il mio modo di vedere le cose, di affrontare la vita, la mia capacità di distinguere il necessario dal superfluo, il bene dal male.
Ho ancora negli occhi, nitidissima, la prima immagine dell'India: decine, centinaia di volti schiacciati contro le vetrate della sala arrivi dell'aeroporto di Delhi, che ci inghiottì nel suo ventre infuocato in una torrida notte di agosto.
I laghi e le house-boats di Srinagar, le valli e le vette himalayane del Kashmir, la magica atmosfera di Agra, la piana del Gange flagellata dal monsone, le pire funerarie sui ghats della città santa di Benares. L’India mi è rimasta dentro, in modo dolce ed indelebile, è divenuta parte di me.
Io, personalmente, l’India la amo. La adoro.
Unico Paese al mondo a poter essere definito un sub-continente, staccatosi dall'Africa e dalla penisola arabica nella notte dei tempi e conficcatosi nelle costole della Cina, l'India è un Paese per cui non sono possibili paragoni o similitudini, con una storia millenaria e tradizioni ataviche, una filosofia impossibile da comprendere in poco tempo per noi occidentali, un'umanità varia ed etnograficamente ricchissima che rappresenta il venti per cento dell'intera popolazione del pianeta.
L'India è semplicemente un mondo altro: l'India è l'India, come sintetizzò Alberto Moravia nel suo “Un'idea dell'India” nel 1962.
Questa volta è toccato al Rajasthan, lo Stato più esteso dell'Unione, a detta di molti la regione più colorata e caratteristica del subcontinente indiano. Una terra antichissima, la patria dei temibili guerrieri rajput e dei maharaja, un territorio in cui gli stridenti contrasti tra ricchezze immense e la povertà estrema della maggioranza della popolazione sono evidenti più che altrove.
Abitato da uomini fieri e da donne avvolte in sari coloratissimi, dal portamento elegante ed ingioiellate come principesse, il Rajasthan è fondato su un’economia ancora sostanzialmente agricola, aiutata dal turismo ed è solo marginalmente interessato dallo sviluppo economico che stanno vivendo altre vaste aree del Paese.
Sbarchiamo, direttamente dall’Europa e con scalo a Delhi, nella città di Udaipur, uno dei luoghi più romantici del Paese e dell’intera Asia. E’ chiamata la città bianca, per il candore dei suoi sontuosi palazzi, affacciati sul lago Pichola, una gemma color turchese incastonata tra le pendici dei monti Aravalli.

Restiamo storditi, complice probabilmente anche il jet-lag, dalla vivacità della vita quotidiana mentre ci aggiriamo tra palazzi e mercati, fino ad incontrare un'inattesa processione religiosa.








Al tramonto, naturalmente, siamo sul lago, a godere degli splendidi colori di cui gli ultimi raggi del sole accendono i palazzi di Udaipur.


Da Udaipur, prendiamo la strada verso l'interno dello Stato, attraversando la catena montuosa, ricoperta di lussureggianti foreste abitate da una gran quantità di primati.


Per strada, si incontra un gioiello architettonico che racchiude in sé tutta l'essenza artistica indiana: il tempio jainista di Ranakpur, un capolavoro di pietra caratterizzato da 1.444 colonne di marmo bianco finemente intarsiate, l'una diversa dall'altra.



Jodhpur ci accoglie con la vista del suo monumento più importante, l'impressionante forte Meherangarh, simbolo stesso delle fortezze rajasthane. Dall'alto di una collina, eretto su bastioni possenti, domina tutta la città di Jodhpur: la città blu, così chiamata per il colore delle case dei brahmini, dipinte di tutte le tonalità di blu, azzurro, celeste. Un colpo d'occhio stupendo, vista dall'alto delle mura del forte.





Ci perdiamo, nel senso letterale del termine, tra i vicoli della città vecchia, un dedalo inestricabile di viuzze colorate di blu, di case costruite l'una addossata all'altra, con un groviglio di fili elettrici sulla testa.




….. continua …..