Ciao,
mi spiace contraddirvi (in parte) e non vorrei farla più difficile di quanto sia in realtà e di quanto "richiesto" dalla discussione.
Non sono certo concetti di mia invenzione, quindi capisco che possiate decidere di "non fidarvi" di quanto scritto...si tratta di tecnica che è giusto approfondire e capire con la propria testa e non di atti di fede..
Posso anche supporre che non abbiate mai utilizzato apparecchi di grande formato a corpi mobili, usando i quali è possibile avere un punto di vista privilegiato sulla "meccanica" della fotografia e fare più facilmente propri i concetti di base della tecnica fotografica. Niente di male, ma spesso un soffietto in azione la racconta meglio di interi volumi di formule matematiche..

Un obiettivo macro usato a distanza ravvicinata, quindi con rapporti di riproduzione elevati, comporta una modificazione piuttosto importante delle distanze reciproche di gruppi e lenti flottanti, arrivando ad avere un assetto meccanico equivalente a quello di un obiettivo utilizzato con l'interposizione di un tubo di prolunga, che, guarda caso, modifica il tiraggio complessivo.
Se è vero che non cambia il "tiraggio meccanico" comunemente inteso, utile solo a determinare la generica compatibilità meccanica di obiettivi e fotocamere generalmente appartenenti a diversi sistemi, cambia eccome il "tiraggio ottico" e con esso anche lunghezza focale (
in riduzione) e luminosità equivalente.
A parità di tiraggio infatti
il rapporto di riproduzione raggiungibile è inversamente proporzionale alla lunghezza focale.
Anche per questo la
riduzione di lunghezza focale viene spesso sfruttata per aumentare il rapporto di riproduzione alle brevi distanze di MaF senza dover aumentare il tiraggio complessivo.
Verissimo che tutti gli obiettivi si comportano grosso modo in modo equivalente, in funzione dello schema ottico utilizzato e degli spostamenti reciproci degli elementi al variare della distanza di ripresa, ma in genere tali modificazioni (in particolare della luminosità) sono di scarsa entità e non sufficienti per comportare una modificazione (compensazione) del diaframma.
Questi cali di luminosità sono eccome una modificazione del diaframma effettivo. Non lo sono dal punto di vista della dimensione del "foro" descritto dalle lamelle del diaframma, ma lo sono dal punto di vista ottico, che è quello che interessa nella pratica fotografica.
Ora, senza farla troppo lunga ed inoltrarmi oltre in concetti vecchi come la fotografia e formule matematiche di cui non ho alcuna padronanza, mi permetto di consigliare qualche lettura che possa aiutare una migliore comprensione degli aspetti sopra accennati.
In ordine sparso, qualche link che mi ero annotato:
- Le
formule in fotografia di Michele Vacchiano:
http://www.michelevacchiano.com/formule.htm#calcolo- Un ottimo
tutorial di Riccardo Polini alias Tramonto in PDF:
http://xoomer.virgilio.it/ripolini/Close_up_Ita.pdf- Un paio di vecchie discussioni
QUI e
QUI- Una
recensione del 60 micro in cui si accenna all'interazione tra schema ottico e modificazioni delle lunghezze qui considerate.
Poi, se vorrete, si potrà continuare a parlarne, perché no...
