QUOTE(dimapant @ Oct 16 2009, 03:11 PM)

Riferendomi a quanto molto giustamente ha evidenziato, concordo su tutto.
Mi attacco al tuo messaggio dato che parli giustamente di corretta esposizione teorica, che dovrebbe essere al limite di pelare i bianchi, senza sfondarli e premetto che quanto sotto non è indirizzato a te che sai già tutto, è solo per sfruttare il fatto che hai parlato correttamente di esposizione e dato che siamo in un forum di Tecnica Fotografica.
Nello spirito di divulgare informazioni che, almeno per qualcuno, potrebbero essere utili, colgo l’occasione, come ho già fatto altre volte, per fare un paio di precisazioni sull’esposizione, argomento sempre importante al fine di massima qualità dell’immagine, basti pensare al sistema zonale, etc., ma molti fotografi a parer mio, non ci prestano la giusta attenzione, tanto la macchina fa tutto da sé e bene, ma, a volte .... si vede un’immagine che ha poca vita, poco corpo, per non dire piattina.
Quanto sotto è per coloro che cercano la massima qualità dell’immagine, i pignoli; se questa non interessa, non state a leggere, dato che ci vuole un po’ di tecnica.
Come giustamente asserito, questo tipo di esposizione, a pelare il limite dei bianchi, con istogramma dunque spostato a destra a sfiorare la barra del clipping, è la migliore in questo mondo del digitale; ma…..perché?
Perché il pelare, senza sfondare, i bianchi fornisce la massima estensione della scala tonale ed il minimo rumore all’immagine.
Vediamo il motivo.
Un sensore medio può registrare, per sua natura tecnologica, una scala dinamica di circa 6 diaframmi, e, con i nuovi sensori, questo valore è in aumento ( D3s in testa!); considerando di scattare come si deve, in RAW, molte fotocamere hanno una profondità di colore a 12 bit (come ho già detto altrove, alcune di più, 14 bit, ma consideriamo 12 bit).
Un’immagine a 12 bit registra 2 alla dodicesima variazioni discrete di tono (per comodità, toni) ovvero 4096 toni.
Dato che la scala tonale registrabile è di 4096 toni (o grigi in B&N) ed il sensore della fotocamera può registrare l’informazione su un’ampiezza (scala dinamica) di 6 diaframmi, posso pensare di avere 4096/6 = circa 683 toni registrabili per ogni diaframma (valore di luminosità) dell’immagine, ovvero 683 toni scuri registrabili per un diaframma di variazione di luminosità nella parte più scura dell’immagine, verso il nero, e su, su fino agli stessi 683 toni chiari registrabili per l’ultimo diaframma di variazione luminosa, nella parte più chiara della fotografia, verso il bianco.
Ovvero una uniforme distribuzione di toni sui vari livelli di illuminazione (diaframmi 6 nel nostro caso, con 683 toni ciascuno) che costituiscono la nostra immagine.
NON È COSÌ !
Perché? Perché il sensore non porta a quella distribuzione, dato che la sua curva caratteristica (= l’andamento della quantità del segnale elettrico in uscita del sensore in risposta ai vari livelli delle quantità di luce incidente) è praticamente lineare, sia esso CCD o CMOS, e dato che per ogni diaframma che chiudo, la luce sul sensore dimezza, e se dimezza la luce, anche il segnale del sensore dimezza, dunque meno luce incidente, meno segnale ovvero meno toni.
Partendo dal valore disponibile di 4096 toni, tutta la luce disponibile per il sensore, e sottoesponendo di un diaframma, vicino al bianco, ovvero riducendo alla metà la luce disponibile, al primo diaframmane tocca la metà dei toni disponibili, ovvero 2048, al secondo la metà della prima metà e cosi via; abbiamo la situazione seguente, per i nostri 6 diaframmi:
Grigi chiarissimi nei toni alti, a pelare il bianco Disponibili 2048 toni
Grigi chiari 1024
Grigi medi chiari 512
Grigi medi scuri 256
Grigi scuri 128
Grigi molto scuri a pelare il nero 64
Da notare che la gamma dinamica della macchina ( i 12 bit originali, i 4096 toni) non li raggiungo mai col sensore, dato che, ovviamente, non è perfetto e taglia SEMPRE; a 12 bit i 4096 e sono un limite teorico.
Il sensore poi ha un suo rumore di fondo, più o meno costante: nelle zone chiare c’è più segnale, ci sono molti più toni, ed, a parità di rumore, il rapporto segnale/rumore è dunque migliore; nelle zone scure, con molto meno segnale, molti meno toni, il rapporto segnale rumore è molto più basso, peggiore; in pratica c’è molto meno rumore sui grigi chiari che sui grigi scuri, come tutti sappiamo, e questa è la motivazione.
A parte i conticini, alla luce delle nuove informazioni di cui sopra vediamo cosa succede, le conseguenze pratiche relative all’esposizione:
- l’esposizione giusta, quella che dà la migliore scala tonale, deve “pelare” i bianchi, senza sfondarli, per utilizzare tutta la gamma dinamica disponibile prima di bruciarli, lì vicino, in quella parte di esposizione a luce chiara il sensore ci lavora meglio e ci registra più toni a parità di quantità disponibile di luce.
- Perché è quella giusta?
Perché se espongo e:
- non uso un diaframma in basso, l’ultimo, verso il nero, ovvero espongo con istogramma spostato a destra, perdo solo 64 toni
- non uso quello in alto, il primo, ovvero espongo con istogramma spostato a sinistra, perdo 2048 toni: ho perso la METÀ della gamma tonale disponibile, mentre verso il nero sono solo 64, un’inezia.
- la foto, vista in RAW appare chiarina, ma e’ normale, e le ombre sono più aperte, facilitando il lavoro di fotoritocco.
- dato che in quella condizione di esposizione, istogramma che pela a destra, l’immagine è globalmente più chiara, ed il rapporto segnale/rumore del sensore è più alto per toni chiari, in quella condizione abbiamo anche il minimo contenuto di rumore nella fotografia.
Altre importanti implicanze pratiche:
- Dobbiamo scurire quell’immagine un po’ chiarina, convertendo il RAW in TIFF, dobbiamo togliere quel poco di luminosità in più, ma la riduzione di luminosità va fatta in RAW, lavorando col programma di conversione (Capture NX2, o altro che sia) , utilizzando i regoli di luminosità e contrasto, riportando l’immagine nella norma e mantenendo al meglio la gamma tonale, e NON sul TIFF con Photoshop, dopo la conversione, dato che così taglio gamma tonale, soprattutto lavorando a 8 bit.
- Nulla…. viene gratis! Con questa esposizione abbondante, in pratica, ahimè, è come abbassare un pochino gli ISO ai quali si lavora: se c’è poca luce, si va in crisi e non merita certo andare a fare una foto mossa o con poco campo a fuoco per avere un po’ meno rumore ed un po’ più di toni.
Comunque, nel dubbio, sempre sottoesporre, e non preoccupiamoci di tutta questa ottimizzazione, dato che se sottoespongo la recupero, ma se sfondo i bianchi, non li recupero più.
Ma, praticamente, si ottengono foto migliori lavorando così e, parlando di me, lo faccio quando possibile, il più possibile, ma chiaramente, non lo è sempre.
Avete il monitor della camera che vi può mostrare gli istogrammi della foto, oltre che la foto! Guardateli, non guardate solo la foto, vi servono per esporre bene!
In digitale, uno scatto, due, tre in più sono gratis ( mentre con le diapositive buone mi veniva il magone!): provate a scattare con leggera variazione di esposizione, se avete tempo e modo, cercando di spostare a destra l’istogramma, a pelare lo sfondamento, e, se fate le cose per bene, un pochino di miglioramento lo vedrete.
Il problema che si sente tanto dire in giro, il luogo comune, che il digitale di piccolo formato, il nostro, dà immagini “piatte” è verissimo, e proviene da lontano.
Le immagini tridimensionali, piene, belle, le dà l’elevata estensione della gamma tonale e la colpa di avere immagini piatte è poco imputabile al sensore, almeno di quelli di ultima generazione, mentre è molto imputabile al fotografo ed il motivo sostanzialmente è uno solo: una procurata perdita di gamma tonale, per ignoranza od incuria.
Perché:
- abituato alla pellicola, il fotografo espone male, non usa tutta la dinamica del sensore e perde proprio la parte percentualmente rilevante: se una foto a colori veniva chiara in pellicola, la buttavi via, mentre adesso la DEVI farla chiarina per poi recuperarla, dopo, per avere massima qualità, ma molti non lo hanno capito e guai a scattare chiarino.
- lavora in JPEG od a 8 bit, dato che le prime macchinette quello avevano, non di più, e, per ignoranza, continua su quella strada, tagliando ancor di più quello che ha già tagliato in ripresa.
- stampa lui con settaggi errati di carta, stampante etc, altri tagli.
- i laboratori normali non lavorano in TIFF e 16 bit, perché dovrebbero avere PC e stampanti buone e costose, e soprattutto dovrebbero aver personale esperto, mettere maggior cura nella stampa, e non ci pensano nemmeno: tagliano in JPEG ed 8 bit, tanto nessuno vede nulla.
Si può fare meglio, ma…… “nessuno nasce imparato”!
Sperando di essere stato almeno chiaro, se non utile, per qualcuno, anche pochi, saluti cordiali.
direi che sei stato molto ben esposto, hai pelato i bianchi del ragionamento senza mai sfondarli