Il continuo scorrere sotto di noi di foreste, pianure innevate e laghi ghiacciati mi rimanda ad una natura primordiale. Una natura che detta ancora le sue leggi e plasma paesaggi nei quali l’uomo continua ad essere ospite discreto
Siamo partiti con il desiderio di assistere allo spettacolo delle luci magiche del nord, ma penso torneremo con un bagaglio di sensazioni molto più ricco.

3 aprile. Facciamo conoscenza con gli Huskies e la facciamo nel modo migliore: correndo con loro nel vento sulle piste dell’Inarijärvi ancora ghiacciato. Sono nati per correre e quando al mattino vengono imbracati al traino, esplode la loro esuberanza, quasi pregustando l’imminente lunga galoppata.


Quasi incredibile la loro potenza e resistenza, unita alla sensibilità nel rispondere alle sollecitazioni di chi li sta guidando dalla slitta, anche se, come nel nostro caso, siamo perfetti sconosciuti.



Quattro ore di corsa ininterrotta con una sola sosta al freddo sole del Nord. Sufficiente a ritrovare nuove energie.




4 aprile: Appuntamento con le aurore boreali. Ad inizio aprile la notte artica si sta rapidamente accorciando e le ore di buio completo sono ridotte a quattro o cinque. Si punta la sveglia a mezzanotte. attrezzandosi per trascorrere parecchio tempo a temperature che scendono ancora sotto i -20°C.
Sono condizioni che, oltre noi stessi, mettono a dura prova anche l’attrezzatura fotografica.
Ho scelto un treppiede Manfrotto 055. Testa a sfera, sia per contenere il peso e sia per una maggiore reattività nei movimenti. La fotocamera è una D700 con scatto remoto. L’obiettivo il Nikkor AF-S 14-24 f:2.8. Predispongo due modalità di scatto: una con tempi lunghi e relativa bassa sensibilità (800 ISO, f::4, 20 sec) ed un’altra con tempi più brevi (1600 ISO, f:2.8, 4 sec). Utilizzando in quest’ultima anche l’opzione mirror up. In entrambe scatto manuale ed iperfocale all’infinito.
La postazione scelta è la superficie ghiacciata del lago Inari. Un teatro naturale che ci consente di avere un orizzonte abbastanza ampio.
Alcuni giorni prima Davide ha verificato in rete lo stato dell’attività del sole. Non particolarmente intensa, ma compatibile con una discreta interazione tra vento solare e ionosfera terrestre.
Ed infatti lo spettacolo non tarda ad andare in scena.



All’inizio una debole striatura verde attraversa un cielo incredibilmente ricco di stelle. Poi la danza delle luci del nord entra nel vivo e prendono forma nel modo più bizzarro ed imprevedibile. Alcune restano quasi stanziali, mentre altre nascono e spariscono nel giro di qualche secondo, come in un cosmico caleidoscopio.



Viene messa a dura prova la nostra capacità di adattare velocemente il setup delle fotocamere a situazioni continuamente mutevoli. I tempi di esposizione devono essere modificati per cogliere al meglio le forme più rapide ad evolversi e la direzione delle inquadrature spostata per inseguire aurore continuamente mutevoli in una scenografia della quale nessuno conosce il copione.
Quasi su comando di una misteriosa regia si alza l’ululato lontano di alcuni Huskies e lo spettacolo si carica di una forza primordiale che ci fa dimenticare il freddo intenso della notte artica.




A ricordarcelo sono prosaicamente le batteria delle fotocamere che a queste temperature quasi dimezzano la loro autonomia.
Esaurita l’ultima batteria ci rendiamo conto del tempo trascorso. Ce lo ricorda anche lo schiarirsi del cielo a sud-est che annuncia l’alba già verso le quattro del mattino.
Le immagini delle luci del nord sono ormai congelate (in tutti i sensi) nelle compact flash, ma le sensazioni che ci hanno regalato non possono essere contenute in alcun tipo di supporto e faranno maturare la promessa di ritornare.
Un ringraziamento ai compagni di viaggio con i quali ho condiviso un frammento di vita che resterà tra le cose da ricordare.
Valerio