Alle 4,05 del mattino la terra si scuote. 20 secondi che non passano mai, 6.0 Richter.
Il 29 maggio di nuovo, alle 9 del mattino, 30 secondi,
Alle 13,15 un'altra scossa.
Fortissima anche questa.
Ormai è il terrore.
Un terremoto anomalo, chirurgico, che prende un paese per volta e lascia quello vicino intatto.
Fa pensare che ti avvisa, che ti insegue, ma ancora non ti prende.
Lo farò forse il giorno seguente, o la notte.
Sono stata nei punti più colpiti con la macchina fotografica.
Dovevo reagire in qualche modo al senso di impotenza e alla paura.
Egoisticamente ho voluto reagire nel solo modo che per me è naturale, per smettere di preparare ogni sera una borsa vicino alla porta, e cambiarne ogni sera il contenuto.
Una sera la biancheria e un cambio di abiti, la sera dopo cambi idea, e ci infili i ricordi che non puoi ricomprare: la macchina fotografica che fu di mio padre, le foto da piccolo di mio figlio,
quelle della mia nonna Nerà
Quando si vede dal vero il disastro viene da piangere, considerare la condizione di chi è rimasto unicamente con ciò che indossava, la chiesa che si conosce fin da piccoli che non esiste più il tuo vicino di casa che è tuo amico, e che dovrà andarsene chissà dove. Il lavoro perso, il futuro spazzato via.
Mirandola, Finale Emilia, S:Felice sul Panaro, Cavezzo, Reggiolo, S.Agostino, S.Carlò
A S.Agostino ho visto la fabbrica dove sono morti i primi tre operai.
Penso al rumore che devono aver sentito quei tre uomini prima che quel gigante con la pancia di ferro li inghiottisse.
Nella mia mente c'è una immagine che più delle altre si è fissata nei ricordi.
Più delle altre magari fotografate o raccontate.
A Mirandola, appena fuori dalla zona rossa, mi fermo davanti alle transenne, per vedere dall'esterno il disastro. Una camionetta dei vigili del fuoco si ferma, e scendono due vigili e due giovani donne.
Una di loro tiene un lenzuolo ripiegato sotto il braccio. Uno dei vigili ripete loro un'ultima raccomandazione, Mi raccomando, veloci e al centro della strada,
Partono tutti e quattro di corsa, entrano in un portone in fondo alla strada. Ne escono dopo pochissimi minuti, reggendo il lenzuolo ai quattro lati, portando fuori qualche abito e poco altro.
E sempre di corsa ritornano.
Ecco, questa è l'immagine che ricordo più chiaramente, come uno di quei sogni ricorrenti in cui si affrontano cose inverosimili e tremende come se fosse normale,
Non li ho fotografati, perchè quella corsa è stata una delle cose che più mi ha fatto piangere.
Sono in imbarazzo a presentarmi davanti alle persone, e con la macchina fotografica per giunta.
Ci sono momenti in cui la reflex deve restare nella borsa, ma sono loro che mi vengono incontro, e mi dicono, vieni a fotografare casa mia, e mi fanno promettere di mostrare le fotografie.
Hanno paura di essere lasciati soli, e nella loro condizione drammatica sono loro a farmi coraggio, ad incitarmi a continuare il lavoro, a farmi sentire utile in qualche modo.
E'cosi' che questa esperienza mi ha permesso di riscoprire la mia gente, il suo il coraggio e l'orgoglio, la solidarietà l'abnegazione e l'ottimismo a tutti i costi.
Ho portato queste fotografie ad una manifestazione che si teneva nel mio paese, in gemellaggio con Mirandola, e le ho portate, pochi giorni fa, a Reggio Emilia, alla Fotografie Europea.
Non le avevo ancora mai pubblicate qui. Ci ho provato diverse volte, ma poi non ce l'ho fatta.
Però oggi è il primo anniversario, oggi si ha un pò di più la sensazione che queste immagini si guardino da più lontano.
E poi io ho promesso.
1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

14

15

16

17

18

19

20

21

22

23

Per quelli che il sorriso lo hanno tirato fuori su un volto coperto di sudore e di polvere
Per quelli che "se la fabbrica è chiusa faccio il volontario"
Per quelli che ci hanno mostrato un bambino che dorme in una tenda, e ci hanno detto che è la loro speranza
Per Silvana che "vieni a fotografare casa mia".
Per quelli che hanno sacrificato il loro turno di riposo per accompagnarci nelle zone rosse.
Per Germana che "barcolla ma non molla"
Per quelli che se ci stringiamo un pò ci stiamo tutti, e in un capannone ci stanno due fabbriche, in un negozio due negozi, in una tenda due famiglie, e ad una tavola molte più persone.
Per quelli che si abbracciano per strada e le parole non servono
Per Paola che ci ha raccontato l'eroismo degli altri, e non ha parlato del suo.
Per Claudio, che "occorre non lasciarsi coinvolgere" ma poi conosce il nome di tutti, e tutti conoscono il suo.
Per i vigili del fuoco, la protezione civile, i clowns del sorriso, i volontari , e tutti quelli che si sono spesi, e ancora si spendono, per aiutare tutti.
Per quelli che la notte è più buia subito prima dell'alba.
Bi