Ho visitato ieri la mostra "Storie della globalizzazione" allestita nell'Ala Mazzoniana della Stazione Termini- ingresso gratuito- da Via Giolitti 34.
Di solito le mostre allestite negli anni passati alla Stazione Termini erano povere sia di foto che di contenuti, questa invece è una mostra ricchissima sia delle prime che dei secondi. Alle soglie del nuovo millennio dieci fotografi ci mostrano la loro interpretazione del "nuovo mondo"

Devo dire che un paio di loro, pur con foto decisamente ben composte non hanno centrato appieno il tema...ma questo è un giudizio mio personale. Cristina Nunez ad esempio, tratta il tema solo dal punto di vista della globalizzazione nella moda pur confezionandola in una scatola di lustrini da cui emerge solo la pochezza di un certo mondo e di un certo modo di intendere il mondo. Stesso discorso per Zivo Gafic che chiude la sua globalizzazione entro gli angusti confini della sua terra d'origine la Bosnia-Erzegovina. A parte questi, la sezione di Andrea Seibert dedicata alla Cina e al suo modo di far crescere la sua economia passando su tutto e tutti, per finire alla sezione di Thomas Kern che fissa il suo sguardo sul problema inverso della deindustrializzazione negli USA che provoca nuovi schiavi dei sistemi multinazionali, hanno in comune la tematica di quanto oggi il successo di una nazione sia basato non sulle persone ma sui numeri del PIL. Agghiaccianti.
Nel mezzo La sezione Nigeria e Brasile: accomunati dagli Africani delle due sponde dell'Atlantico afflitte di qui come di là dagli stessi problemi di sopravvivenza e sfruttamento. O quella di Philip Jones Griffit sul "nuovo Viet-Nam" o di Shehzad Noorani sul subcontinente indiano che si aggroviglia tra i problemi di sopravvivenza giornaliera e orgoglio di appartenenza a nazioni potenti.
A parer mio altamente raccomandabile per chi cerca nella fotografia alcune risposte reali a problemi altrettanto reali.