Lo riapro, come una pellicola lasciata al sole, dimenticata per trent'anni nella vecchia reflex, a prendere odore d'acido ammuffito e pigmenti andati a male.
Di sicuro un Ektacrome, ma alterata, scaduta da una vita.
Ci ritrovo, in questo vecchio cantiere, il tempo mio passato al porto quando a scuola era troppo sciocco andare. In quel cantiere, che ancora oggi c'č, quasi come allora. Ci son tornato. Qualche fantasma, forse. Ma gli odori erano quelli... di assi al sole, di ruggine rimossa, di pittura, di fiamma e di bitume, di stucchi. E le voci, il rumor di sgorbie, di pialle, di martelli, lo sfrigolar di canapi, il raspo dei verricelli, il frusciar di stoppe incatramate a calatafare le fessure tra un asse e l'altra.
Quando il sole scende, tra gli scafi a secco e l'ombra lunga delle case, non ci sono miraggi sulla linea dell'occaso, nč spazi aperti in cui tacere il cuore, nč sciabordii, nč issare di gomene, nč cigolii di stralli.
Qui, quando il sole scende, tutte le barche, quelle vive e quelle morte, fanno una cosa sola: sognano... e aspettano.
Per me, invece, un po' di magone, e, con gli amici, una partita con le carte.








