Credo che l'argomento "tridimensionalità" di un obiettivo sia poco codificabile.
Di sicuro occorre
togliere dal contesto della discussione gli elementi compositivi: è chiaro che con un'inquadratura grandangolare, un primo piano forte come si deve ed uno sfondo non sommerso nelle nebbie l'effetto tridimensionale è più accessibile. Ma non dipende più di tanto dall'obiettivo, anche se pure in questo caso un'ottica che restituisce maggior numero di sfumature può aumentare l'effetto.
Quindi, se può essere utile, posto due scatti di esempio: nel primo la tridimensionalità è dovuta soltanto alle caratteristiche dell'obiettivo: non è un grandangolare, lo sfondo è totalmente neutro, non ci sono "quinte" che aiutino l'osservatore a immaginare la profondità. Eppure si percepisce la sfericità, la profondità del volto ritratto.
Nel secondo, scattato con un obiettivo diverso, nonostante la presenza di uno sfondo sfocato, a mio parere l'effetto di tridimensionalità è inferiore, sembra che il volto sia "appiccicato" ad un'immagine sfocata dello sfondo.
L'esempio vale relativamente, perchè la luce è comunque diversa, come del resto la pdc delle due immagini ; però l'idea di fondo, la metodologia che reputo migliore, consiste nel fatto che le valutazioni sulla plasticità andrebbero condotte su riprese effettuate con ottiche diverse ma in contesti, se non identici, almeno simili.
Così, fermo restando che ciascuno di noi potrà avere sensibilità (e gusti) differenti in materia, credo però che, per parlare di tridimensionalità (rectius, plasticità) di un determinato obiettivo rispetto ad un altro occorre eliminare il più possibile le variabili compositive e di illuminazione in gioco.
Infine aggiungo che, sotto questo profilo, la ripresa su pellicola dà
mediamente risultati più plastici rispetto a quella su sensore.
Ecco le due immagini.
Buona luce

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