QUOTE(Gemma D70S @ Jun 14 2008, 12:55 AM)

...se dividiamo questo valore per la p.e. otterremo 157/37,5 ovvero f/4,18 che la digicamera arrotonda a f/5 per comodità...
La cosa è un po' più complicata. Mi riferisco in particolare al calcolo dell'apertura effettiva. L'approccio di Lambretta è corretto, ma trascura la pupilla di uscita (p.u.).
L'apertura che la fotocamera indica (f/5) è di circa 2/3 di stop più chiusa di quella calcolata da Lambretta (f/4,2). Non è questione di comodità, bensì di "fattore pupillare".
Proviamo a ricapitolare. Abbiamo assodato che il nostro 105 a 1:1 è in effetti un 78,5 mm a 1:1. Un obiettivo di tale focale necessita di un pari allungamento del tiraggio (78,5 mm) per focheggiare a 1:1 anziché a infinito. E all'infinito avrebbe (il condizionale è d'obbligo) un'apertura max relativa pari a 78,5/p.e. = 78,5/37.5 = 2.1 (f/2,1).
L'apertura relativa diminuisce con l'ingrandimento, passando da un valore
f a un valore
f' che dipende da RR:
f' =
f(1 + RR/P).
In questa formula, P è il fattore pupillare, ossia il diametro della pupilla di uscita diviso il diametro della pupilla di entrata: P = p.u./p.e.
Se un obiettivo ha uno schema ottico simmetrico, P = 1, e l'apertura massima a 1:1 è di 2 stop più chiusa (
f' = 2
f) che all'infinito (dove RR = 0). L'apertura max del nostro 78,5 mm f/2,1 diverrebbe appunto f/4,2, come calcolato da Lambretta. Ma i teleobiettivi, incluso il 105/2.8 AF, non sono simmetrici ed hanno un valore di P minore di 1 (i grandangoli hanno P > 1). Ciò fa sì che
f' sia maggiore di 4,2 (perché P sta al denominatore nella formula precedente). Ed è esattamente ciò che indica la nostra reflex.