QUOTE(Er cavajere nero @ Jun 22 2012, 08:14 PM)

Fotografare il Ghetto e coglierne l'essenza è estremamente difficile. Secondo me le foto sono buone ma assolvono solo in parte il compito. Il problema nel tuo caso, per come la vedo io, è quello di esserti fermato alla parte superficiale e soprattutto alla parte turistica del Ghetto. Ne ha risentito, di conseguenza, la scelta dei soggetti che sono uno stereotipo di quel che ci si aspetta di trovare guardando un reportage di questo genere, visto con gli occhi di un turista.
Da un romano come te mi aspetto altro. Un giro nelle botteghe, l'incontro con i non pochi personaggi che popolano questa parte di Roma e che vivono nei vicoli limitrofi e nascosti rispetto alla via principale che hai presentato e che è "costruita" per essere così come ce l'hai mostrata.
Sempre secondo il mio parere, l'errore primigenio sta proprio nella scelta del giorno. Il Ghetto vive la sua vita nei giorni "normali". Giorni in cui la vita della zona prende i suoi ritmi scanditi dal lavoro e dalle contrattazioni.
Spero prenderai queste mie note come uno sprone a tornare per cercare meglio sotto la superfice.
Scusami cavaliere, mi ero perso il tuo ultimo intervento. A te non avevo scritto niente e quindi questa è robbbetta fresca

me ce "spreco" ahahahhaha
Grazie del tuo passaggio, ma su alcune cose non sono d'accordo. In primis, se vai nei giorni infrasettimanali trovi molto meno movimento, infatti la domenica per gli Ebrei è un giorno di lavoro e quindi è come andare a via del corso

C'era infatti un caos assurdo... e poi la domenica c'è la possibilità di incrociare la comunità nigeriana che si reca a messa a Sant'Ambrogio
Non mi trovo sulla parte turistica del Ghetto che hai menzionato. Provo a spiegarmi...
Le prime 3 foto sono legato a quanto di più triste ed idiota la storia dell'uomo abbia fatto, con riferimenti alle targhe e ai vicoli stretti. Le targhe per ovvi motivi, i vicoli così stretti per la genesi del ghetto che ha visto molta gente sempre più compressa al suo interno.
Poi mi sono concentrato sui simboli giudaici e le attività commerciali. Non ti fanno entrare purtroppo nei negozi per fare foto, non c'è niente da fare e quindi nel dovermi adattare alle riprese dall'esterno, ho scelto quei luoghi che fossero riconducibili al Ghetto stesso. La prima cosa, nella foto 4, sono le insegne con i rifeirmenti alla stessa di David, tipico segno che permette di capire dove siamo. C'è poi in netta evidenza la kippah, volutamente alzata di tono al bianco, per farla risaltare, durante la conversione.
Poi la quinta ha a che fare con un tizio che vende testi e varie icone (se non ricordo male) in mezzo alla strada e l'ho preso durante un dialogo con una persona, che prima ti ho fatto vedere di spalle.
Successivamente ci sono 2 foto che hanno a che fare con una realtà commerciale del Ghetto, ovvero i ristoranti. Sono i più famosi, i più romani, dove si trovano le ricette tipiche. Passare al Ghetto senza far riferimento alla Kosher, sarebbe stato incompleto e me la sono andata a cercare nella foto 6, sia con l'aiuto delle insegne, che con un chiaro riferimento al cibo, ripreso anch'esso nella foto.
C'è poi nella 7 il lato del lavoro nei ristoranti, se cioè da una parte si vede l'aspetto pubblicitario, c'è chi sta dietro la vetrina. Si vede chiaramente che non è un cliente e ti richiamo nuovamente il Ghetto con la parola che ritrovi nella scritta sulla vetrina.
La 8 e la 9 ti fanno vedere cosa c'è nei vicoli del Ghetto, dove mi sono addentrato. Tra gente in continuo movimento, come detto è un via vai enorme, c'è anche chi si ferma a leggere (foto 8) e sempre tra gente in continuo movimento c'è anche chi deve lavorare (foto 9 che col cibo richiama anche la foto 6)
Arrivano poi le botteghe, col tizio che sta sistemando il mosaico, ripreso secondo una tecnica da nuovi linguaggi del reportage, ovvero usando la quinta (che io però ho messo a fuoco) per arrivare alla scena, al cosa sta facendo.
La foto 11 è una pagina di respiro, quello che molti chiamano paginone centrale, che serve per staccare. Qua sì c'è il riferimento al turistico, ma sarebbe errato non metterlo, visto che il Portico d'Ottavia è una delle mete più ambite del Ghetto da parte dei turisti. Per cercare di togliere un po' di staticità, ho scattato col mosso.
Da pagina 12 ci si butta nell'altra parte del Ghetto, ovvero chi ospita, oltre a ciò che ci si aspetta di trovare (ristoranti, cucine, lavoratori, segni giudaici). La comunità nigeriana anima le strade della domenica in modo quasi vorticoso, si vedono coloratissimi abiti che passano per le strade.
Io ho voluto isolare una donna, per poi portarvi nella chiesa. Non importa che chiesa sia (inteso come facciata -che tra l'altro per gli spazi stretti non si vede neanche- architettura o altro), ti porti dentro con una persona nella funzione sociale.
Davanti alla chiesa stessa c'è chi distribuisce opuscoli in cambio di un'offerta, ancora ripresi con i nuovi linguaggi del reportage, utilizzando le cornici offerte dal cancello e un taglio quadrato.
Qua di turistico non c'è niente, è tutto nel sociale, mi soffermo sulle attività delle persone. Se avessi voluto fare un reportage turistico avrei ripreso gli affreschi della chiesa eventualmente.
Poi passo all'altro aspetto, in cui come avevo scritto nel commento sparito ahimé, la 15 è una su cui ero in dubbio anche io e che ho messo per sentire pareri.
Il Ghetto la domenica è pieno di suonatori di fisarmonica, c'è una colonna sonora continua e io ho deciso di riprendere anche questo aspetto. Eravamo sotto il portico d'ottavia, se avessi voluto dare un taglio turistico, avrei incluso anche il portico nello scatto al suonatore, invece per restare sul sociale, mi sono concentrato su di lui.
L'ultima è da stereotipo di chiusura, ovvero la persona in allontanamento, col piede alzato, con lo strumento chiuso, che saluta e se ne va.
Come avevo scritto nel post non più presente, il titolo originale del reportage era "Roman Ghetto Social Reportage", ovvero io mi sono voluto incentrare esclusivamente sulla gente, sulle persone che popolano questo quartiere, eccezion fatta per le prime 3, che comunque sono riconducibili a fatti ed eventi che riguardano sempre e comunque le persone.
Chiudo dicendo una cosa che è tutt'altro che offensiva, quindi per carità la vita non mi si fraintenda. Non è facile far foto alle persone nel Ghetto, molti sono schivi davanti alla macchina fotografica e come detto nei negozi non si entra armati di reflex. Se vuoi riprendere qualcosa, lo devi fare dall'esterno...
Per chiudere quindi, non mi ritrovo molto nella lettura turistica, ma forse ho frainteso io? Il taglio è decisamente sul sociale, essendomi concentrato sulle persone che lo popolano...