Qui non ci sono "belle" foto. Sono quasi tutte scattate da bordo di un furgone in movimento, con tante vibrazioni, scossoni, attraverso un vetro colorato, con riflessi che nemmeno il polarizzatore riesce a togliere. Sono il punto di vista di un viaggiatore, sono appunti, idee, sensazioni, considerazioni e qualche ricordo.
Sono un piccolo diario di un viaggio attraverso tre paesi dell'Europa latina, un viaggio rapido, di necessità, con qualche velatura di malinconia: non un viaggio in paesi esotici e lontani, in vacanza, eclatante e glamour. Sono foto da sfogliare alla svelta, come quelle di un album...
Mesi fa aveva buttato lì l'idea: "Prendiamo un furgone e facciamolo noi il trasloco".
Un po' una follia, tipo quelle che facevo quando ero più giovane. Il mio amico deve liberare la casa dei suoi genitori che dall'anno scorso non ci sono più: da diversi anni lui abita e lavora a Madrid, e questo è il taglio definitivo con la casa dove è cresciuto, con i suoi luoghi, i paesoni a ovest di Milano. Alla fine la settimana prescelta per il viaggio arriva: abbiamo deciso di fare l'andata in una sola tratta, sono parecchie ore ma in due è possibile.
Io arrivo a Magenta in treno, un salto in albergo per lasciare la borsa e andiamo a cena. Non sono mai stato in questi luoghi e così decidiamo di andare a prendere il caffè a Vigevano, il mio amico vuole farmi vedere la piazza Ducale: stupenda.

Ma c'è poco tempo per fare turismo, domattina ci attende la sveglia per partire. In realtà, nonostante i buoni propositi, non riusciamo a metterci in marcia che alle 9.45, lasciando una Pianura padana dal tempo incerto e che non smette mai di stupirmi, per me non abituato a un simile paesaggio senza rilievi significativi...

Filiamo via senza problemi; come nella canzone di Paolo Conte a un certo punto, da dietro una curva spunta il mare. Amo la Liguria, ho tanti ricordi. Non mi piace molto il mare in genere, ma amo la sua costa scoscesa, le baie, la natura contradditoria di questa terra.

Mi piacciono i suoi paesi, i borghi arroccati sulla montagna, le palme e le case color ocra, rosa e giallo.

La Riviera dei fiori, serre dovunque.

Ecco una sensazione che ho tutte le volte che varco il confine con la Francia: lo so che non è vero, ma ho come l'impressione che da qui in poi tutto sia più bello. Magari è solo la fama dei luoghi, la Costa Azzurra. Mentone, che a febbraio si decora con le arance...

Di sicuro l'autostrada è migliore, lo sono anche le gallerie che in questa zona si susseguono, una dopo l'altra.

Continuiamo a macinare chilometri e arriviamo in un'altra provincia stupenda, la Provenza. Non c'è solo mare o lavanda, anche montagne imponenti.

Inganniamo il tempo parlando del più e del meno, dei ricordi che scaturiscono passando attraverso i luoghi.
"Comunque finora è andata bene, dai: poco traffico e una bella giornata..." A volte il silenzio è d'oro. Passato Aix-en-Provence sentiamo un annuncio inquietante alla radio e dopo pochi minuti anche noi entriamo a far parte dell'annuncio, una coda di diversi km per un incidente fra tre auto e una moto. Per fortuna nessuno è grave, e nell'occasione si socializza.

La cosa si risolve abbastanza rapidamente, ripartiamo e continuiamo a divorare l'asfalto (bella, non so in quale film l'ho sentita). Dalle parti di Béziers (altri ricordi pure qui, mi sa che non ci sia un angolo di Francia che non mi emoziona per qualche motivo) il tramonto decide di presentarsi a noi con un'autorità che non ammette repliche.

Per un curioso fenomeno dovuto probabilmente all'evaporazione da qualche specchio d'acqua ci sono alcune nubi lenticolari, che illuminate dalla luce del sole radente sembrano suggestivi dischi volanti.

Eccoli là, sullo sfondo i Pirenei che annunciano la Spagna.

Mumble mumble: no non è un ragionamento da cartone animato, ma il borbottio dello stomaco che reclama qualcosa. Ci troviamo d'accordo nel dargli soddisfazione e come area di servizio scegliamo una che si chiama "Villaggio catalano". E' tutto chiuso, ma a noi interessa il self-service. Io sono quello che mangia le carote...

Un dolce e un caffè (fuori foto) ed è tempo di tornare al nostro furgone. Cambio al volante, è il mio turno di riposo. Dopo poco passiamo il confine con la Spagna, qui hanno mantenuto le strutture della frontiera.

Mi assopisco un po', poi è di nuovo il mio turno di guida dopo Barcellona: passiamo Lérida (detto in castigliano, ma dato che è una città catalana sarebbe Lleida), attraversiamo l'Aragona e oltrepassiamo Saragozza. Decidiamo che l'ultimo tratto lo farà il mio amico, per effettuare un arrivo trionfante a casa. Quella che trionfa decisamente a questo punto è la stanchezza: facciamo di tutto per allontanarla ma non è facile. A un certo punto tiro fuori come ancora di salvezza i generi di conforto, nel cuore della notte trangugiamo dolci e salati, facendo un pieno di calorie per una settimana. Io sono cotto a puntino e mi metto a fare esperimenti con il flash sulla seconda tendina, tra un sobbalzo e l'altro, con i resti del fiero pasto (questa invece è una citazione dantesca).

Passiamo Guadalajara, sappiamo che manca poco. Piede sull'acceleratore per avvicinare l'arrivo.
Finalmente siamo alle porte di Madrid, prendiamo l'uscita per Paracuellos a una velocità decisamente oltre il consigliabile, ma vediamo già la meta.

Ecco lassù la nuova lottizzazione che si chiama Miramadrid, ci appare come un'oasi nel deserto.

Prendiamo il vialone deserto, voltiamo a destra e ci siamo. Prima di spengere il motore riesco a celebrare con un'ultima foto:

Dopo una tirata di 18 ore e mezza saliamo le scale (non è vero, prendiamo l'ascensore anche se è il primo piano). Una rinfrescata veloce, una buonanotte sbrigativa e alle 4.50 mi infilo a letto. A domani, anzi a oggi.
E "oggi" arriva: apro gli occhi e guardo l'orologio, non male sono le 13 passate... Tiro su la serranda e...

Ok, il furgone c'è ancora. Guardo Miramadrid di mattina (insomma...): è già deserta, vero quartiere dormitorio che si svuota di giorno. E' un tipico esempio del fervore edilizio che segna la Spagna da qualche anno. Purtroppo è una "filosofia" costruttiva, anzi proprio di vita, che non condivido. Magari come qui c'è la piscina condominiale, ma non c'è un negozio, un servizio, un'edicola o una farmacia: solo case, casermoni e villette, tutte uguali. Nessun luogo per la socialità.
L'unica cosa è il centro commerciale, attualmente in costruzione. Terreno per costruire case, case solo per dormire, e per tutto il resto c'è il "centro commerciale", entità onnivora che soddisfa esigenze reali e virtuali. Il numero dei centri commerciali di Madrid (e della Spagna) è impressionante, e se ne costruiscono ancora.
Ecco cosa mi ha svegliato, il rumore dei camion che passano di continuo, qui accanto costruiscono ancora.

La doccia calda dopo il caffè sembra una benedizione. Che facciamo poi? Ma è ovvio, da autentici spagnoli si va a pranzo a pomeriggio iniziato! Ma la dispensa è vuota e nei dintorni non c'è possibilità di ristoro. Quindi... si va al centro commerciale. Andiamo al nostro "preferito", uno davvero grandioso, pieno di magazzini e ristoranti. La prima volta che ci sono entrato mi ha vagamente ricordato i magazzini Gum a Mosca. Ma qui il kitsch è un'arte.

Dopo un lauto pasto eccoci di ritorno al nostro furgone. Adesso c'è da scaricare tutto questo.

Tra gli scatoloni, i mobili e i tanti oggetti di una vita, ogni tanto salta fuori anche qualche oggetto del passato: una macchina da cucire enorme e pesantissima (cosa se ne farà?), una vecchia pompa per biciclette.

Scarica, scendi in cantina, scarica, sali in casa... Dopo qualche ora abbiamo praticamente finito. Lasciamo dentro solo la roba che domani dovremo portare in un'altra città: qualche altro centinaio di chilometri per gradire... Adesso gradisco molto un'altra doccia, un vestito pulito e la prospettiva di una bella cena in tutto relax, annaffiata da ottimo vino spagnolo: finalmente non dobbiamo guidare e possiamo cedere al vizio.
Le luci della notte madrilena sembrano chiamarci laggiù. Ok, amigos, arriviamo.

Il seguito e il ritorno, forse, alla prossima puntata.
Saluti, Dino
ps. Tutte le foto sono state fatte con una D50 e 18-200VR, vera panacea per una situazione in cui c'è bisogno di viaggiare leggeri. Molte di queste foto, senza il VR active e i 1600 iso con -relativo- basso rumore non sarebbero state possibili...