QUOTE(IlCatalano @ Aug 15 2008, 02:41 PM)

Si tratta di un thread fondamentale, visto che tratta dell'essenza stessa della fotografia e dei motivi per cui si fotografa e si gode delle fotografie altrui.
La fotografia è innanzitutto RAPPRESENTAZIONE di una porzione della realtà, in un dato momento, da un certo punto di vista. Sembra una definizione semplice e riduttiva, ma le possibili combinazioni tra questi 3 apparentemente semplici elementi (la porzione di realtà, il momento e il punto di vista) danno luogo ad una serie infinita di potenziali ricombinazioni che comprendono tutte le fotografie scattate fino ad oggi, tutte quelle che verrano scattate, più ulteriori possibili combinazioni che non verranno mai utilizzate da nessuno.
Immediatamente dopo aver rappresentato, la fotografia COMUNICA e lo fa secondo determinati MECCANISMI mentali di lettura e di interpretazione, dalla cui comprensione in seguito di estraggono delle REGOLE compositive, che semplicemente insegnano con esempi "tipo" a strutturare il proprio linguaggio in modo da garantire (per quanto possibile) coerenza tra ciò che si vuole comunicare e la percezione di chi guarda.
Hmmm.
Posizione interessante, ma... non sono d'accordo

.
Il fatto é che, come tu stesso evidenzi, esiste
una serie infinita di possibili combinazioni... e la
scelta di
una specifica fra queste è di per sé un
atto di comunicazione, proprio
in quanto rappresentazione.
Infatti, rappresentazione
per chi? Per un fruitore, sia esso il fotografo stesso o qualcun altro. Già, anche
il fotografo stesso... C'é questa strana tendenza a considerare la "comunicazione" come qualcosa che esiste soltanto fra DUE o più interlocutori. Eppure la stragrande maggioranza delle persone passa quasi tutto il proprio tempo a "comunicare
con se stessa", immersa in quello che (per motivi a me ignoti, visto che in realtà si tratta di un
monologo) si chiama
"dialogo interno".
Quindi si comunica anche (e soprattutto) con se stessi, e in ogni caso lo si fa proprio su e attraverso delle rappresentazioni, tanto che si parla di "mappa"...
Inoltre, abbiamo il Primo Assioma della Comunicazione:
"Non si può non comunicare". E allora, la "rappresentazione" non é altro che il LINGUAGGIO mediante il quale si comunica.
O meglio, ci troviamo davanti a livelli diversi di rappresentazione.
Abbiamo la "mappa", la nostra personale visione/percezione/rappresentazione del mondo.
E abbiamo la
descrizione di quella mappa: le rappresentazioni della rappresentazione (la mappa).
Se qualcuno ha familiarità con la Grammatica Trasformazionale di Chomsky, non gli sarà difficile trovare le analogie fra il suo modello "struttura profonda --> operazioni di modellamento (cancellazione, generalizzazione, deformazione) --> struttura superficiale" e la "scelta" che il fotografo opera sulle informazioni diponibili fino ad arrivare all'immagine finale... quella che "rappresenta" la particolare porzione della "mappa" che vuole comunicare in quel momento.
I "meccanismi mentali di lettura e interpretazione" sono di almeno due livelli. Uno, prettamente
percettivo, prima di tutto
neurologico e solo secondariamente "mentale" e cioé influenzato da pensiero ed esperienza, detto "processo primario". E un altro, in cui intervengono esperienza, cultura, sistemi di credenze e di valori, iconografia e quant'altro, che riguarda maggiormente l'
attribuzione di significato, e cioé il "processo secondario". Mi stupisce sempre che la parte neurologica, percettiva e psicologica di tutto questo ambaradàn venga sistematicamente ignorata, o almeno considerata così poco...

Eppure è da queste "strutture" percettive, dai meccanismi "automatici", a base neurologica, che derivano praticamente TUTTE le "regole" della comunicazione... anche di quella fotografica.
Quelle che chiamiamo "regole" fotografiche sono semplicemente i meccanismi espressivi di quello specifico linguaggio. E sono così perché la nostra neurologia li riconosce...
Le "regole di composizione" sono in realtà elementi linguistici. O, se preferiamo, para-linguistici, come il tono della voce, o il linguaggio del corpo.
Ovvero, se i contenuti sono il "cosa diciamo", esiste un "come lo diciamo" che risulta decisamente più importante ai fini dell'attribuzione di significato. Esattamente come il tono della voce e l'espressione del viso sono più importanti delle semplici parole per determinare il significato di una comunicazione verbale.
QUOTE(IlCatalano @ Aug 15 2008, 02:41 PM)

Detto questo, si evince chiaramente che le famose REGOLE sono in realtà molto utili, ma soprattutto se si comprendono bene i meccanismi mentali che intervengono nella lettura dell'immagine, altrimenti possono essere vissuti come vincoli fastidiosi.
E' chiaro che, poichè le regole aiutano a far sì che ciò che vogliamo comunicare attraverso la nostra rappresentazione arrivi all'osservatore come noi intendevamo che arrivasse, esse hanno senso SOLO perchè hanno questa funzione.
Quando si parla di INFRANGERE le regole, in realtà non si infrange nulla, semplicemete si propone una nuova diversa rappresentazione che utilizza diverse metodologie comunicative, dalle quali - volendo e analizzando - potrebbero essere tratte nuove regole.
Nessuna "nuova metodologia comunicativa"... ma "nuovi elementi di linguaggio o di para-linguaggio". E, onestamente, nemmeno quelli sono "nuovi"... sono, se va bene, diversi da quelli di consueto associati a quei contenuti. Ma quando Shakespeare fa dire ad un attore, in una delle sue opere, la parola "No" con 16 diverse sfumature di significato, che vanno dal "no" più assoluto al "sì" più totale, non usa "diverse metodologie comunicative"... solo diverse associazioni fra il segno, o se preferisci il contenuto (la parola "no"), e il para-linguaggio che lo accompagna. E il risultato è meraviglioso.
QUOTE(IlCatalano @ Aug 15 2008, 02:41 PM)

L'importante è avere ben chiaro il concetto che le regole sono una esemplificazine dei meccanismi comunicativi e da loro dipendono e NON viceversa. E' perciò altrettanto vero che le regole sono utili a farci capire qual è il meccanismo mentale in base al quale si percepisce la comunicazione e la si legge, e quindi è ESTREMAMENTE UTILE conoscerle, proprio per sfruttare al meglio il potenziale comunicativo della nostra fotografia. Ciò eviterà il rischio che ciò che vogliamo comunicare arrivi all'osservatore in modo diverso dalle nostre intenzioni.
Direi che sarebbe ancora più utile conoscere i meccanismi percettivi e mentali alla base delle regole...

Alla fine, se conosci quelli, le "regole" te le puoi scoprire e/o creare man mano che ti servono.
Ma ci sarà SEMPRE qualcuno che "non capirà", a cui il nostro messaggio arricerà in modo "diverso dalle nostre intenzioni". E questo semplicemente perché nel processo secondario, quello di attribuzione di significato, entrano pesantemente in gioco le esperienze personali e i soggettivi sistemi di credenze e valori, che sono soggettivi e diversi per tutti. Non si tratta di un "rischio", ma di una certezza.
QUOTE(IlCatalano @ Aug 15 2008, 02:41 PM)

Il fotografo geniale è naturalmente quello che riesce ad utilizzare modalità di rappresentazione e comunicazione nuove, originali, mai tentate prima e dalle quali non c'è stato ancora modo di estrarre delle precise regole, ciò che ci fa dire che: "...il tale fotografo è grande perchè infrange le regole..."
La capacità di creare nuovi canali e nuove modalità comunicative si riallaccia poi al tema del "Centro d'Interesse" in fotografia, ma questa è un'altra storia.
Un abbraccio e un augurio di Buon Ferragosto a tutti.
IlCatalano
Hmmmm.
Il "fotografo geniale" è quello che ha qualcosa da dire e trova il modo di far arrivare il suo messaggio.
Puoi usare tutte le modalità di rappresentazione più "nuove" (?), originali, mai tentate, tutto quello che vuoi... ma
se non hai niente da dire, non sarai MAI un "fotografo geniale".
E, come forse avrai capito, non sono nemmeno tanto d'accordo sul fatto che le "regole" si "estraggano" dalle "modalità di comunicazione"... Ma non starò a ripetermi.

My two cents, of course.
Buon ferragosto,
Davide