QUOTE(enrico @ Oct 27 2008, 08:53 PM)

Certo � un "linguaggio" particolare, contornuale e non concettuale, per dirla con il Taddei. Non facilissimo da "scrivere" e da "leggere", considerato soprattutto che nelle scuole non � prevista nessuna educazione alla fotografia. Cosa per me assurda, visto che viviamo in un mondo di immagini. Ho seguito molti anni fa un corso di Nazzareno Taddei sulla "Lettura strutturale della fotografia" ed ho riletto pi� volte il suo libro, uno dei pi� belli ed interessanti che ho avuto la fortuna di avere. Il Taddei definisce "integrazioni psicologiche" i significati che ciascuno attribuisce ad una immagine, significati che non sono nella foto ma nel fruitore dell'immagine e che da questa possono venir suscitati. Il Taddei li vede come un ostacolo alla lettura.
Certo una immagine contiene al suo primo livello il "cosa", cio� tutto ci� che era davanti all'obiettivo al momento dello scatto. Ed � perfettamente legittimo concentrarsi su questo cosa e trarne delle informazioni che possono stimolare la nostra emotivit�.
Ma esaminando attentamente il "come", cio� le scelte tecnico-espressive che il fotografo ha fatto, esaminando cio� il come l'autore ha ripreso quel "cosa", � possibile risalire al pensiero dell'autore ed a ci� che ha voluto, consciamento od inconsciamente, dirci.
Senza nulla togliere a Barthes che � un classico.
Ciao
Enrico
Ciao Enrico!
Altro tema stimolante, come tutti i "tuoi"...

Non ho letto il Taddei, eppure ne condivido l'approccio. Quando guardo una fotografia, mi chiedo
cosa volesse dire il fotografo... cosa avesse in mente, cosa lo ha spinto a scattare, che associazioni abbia fatto, che sensazioni volesse suscitare.
In questo, il titolo diventa per me
la cornice del messaggio, che fornisce al fruitore una chiave di lettura e riduce l'ambiguit� di significato dovuta proprio ai diversissimi contesti ed associazioni che fruitori diversi "leggerebbero" in quell'immagine. E questo � perfettamente normale, OGNI linguaggio � soggetto a questo... anche quello verbale. Watzlawick insegna... L'autore mette un titolo proprio per delimitare il contesto in cui leggere la propria opera, e ne determina cos� la chiave di lettura e quindi, in una certa misura, il significato.
E lo trovo assolutamente normale e legittimo.
In tutto questo dovrebbe essere ovvio che anche per me la fotografia � un linguaggio, o meglio un media di comunicazione che "funziona" attraverso un vero e proprio linguaggio, che in realt� � molto pi� codificato di quel che sembra... solo che � stato codificato in altri ambiti (vedi la Psicologia della Gestalt e altri studi sulla percezione e molto altro).

QUOTE(deadstar @ Oct 27 2008, 10:30 PM)

Ti trovi vicino all'etna mentre erutta, non serve sensibilit�, serve la macchina fotografica.
Sicuramente per prima cosa serve una macchina fotografica, se no la foto come la fai?

, ma poi pensi davvero che basti solo quello?
allora, tanto per fare un esempio pensi che un qualsiasi fotografo che sa "come"(ecco il come) fare una foto sarebbe in grado di fare
una foto emozionante come che so, per fare un nome a caso paul nicklen o un qualsiasi "grande" della fotografia solo perch� per fortuna si trova l�?. Secondo me la sensibilit� c'entra e come.
Anche l'interpretare una foto come tu stessa hai detto fa parte della sensibilit� del fotografo...
Per quanto riguarda il titolo, , secondo me non � tanto il fatto che distoglie dall'
emozione, quanto il fatto che
una foto che emoziona non ne ha bisogno... come scritto prima � ridondante, superfluo perch� gi� � la foto a parlare di se. Ammetto per� che tal volta il titolo pu� essere esplicativo.
Ti auguro una buona serata.
Umberto
Ciao Umberto,
mi par di capire, dalle frasi che ho evidenziato, che per te una fotografia "debba emozionare", e forse in un certo senso "sia" emozione.
Ma se il suo compito � suscitare un'emozione nel "fruitore" (e, su questo, permettimi di non essere affatto d'accordo), non � forse proprio questo a definirla un atto di comunicazione? E la comunicazione non � forse PER DEFINIZIONE mediata da un linguaggio?

E mi trattengo dal cercare di definire cosa significhi "emozionare", per te... nel mio lavoro, ho da tempo scoperto che "emozione" � una parola vuota, che ognuno riempie di significati personalissimi.
Personalmente, preferisco parlare di "impressioni e sensazioni", di cui le emozioni sono un effetto collaterale. L'effetto che mi fa una fotografia dipende dal "cosa" e dal "come" in misura difficilmente definibile... ma si pu� provare a fare un esperimento.
Riprendere lo stesso soggetto, lo stesso "cosa" qualsiasi esso sia, in un sacco di "come" diversi.
E vedere di nascosto l'effetto che fa...

Ciao,
Davide