e' a Carbonia, nel sud ovest della Sardegna. Provincia di Iglesias.
Attiva dal 1937 al 1964, la piu’ grande risorsa energetica d’Italia, si estraeva carbone.
Ci lavoravano 18.000 minatori, divisi su tre turni giornalieri.
Ogni turno 6.000 persone passavano dalla lampisteria, per prendere le lampade ad acetilene, gli elmetti, i picconi.


La struttura e’ stata all’avanguardia per tutto il periodo dela sua attivita’. E probabilmente lo sarebbe ancora oggi, se fosse attiva.
solo 130 morti in tutti gli anni di lavoro della miniera.
Ma il carbone non e’ piu’ vantaggioso da portare su…e la miniera chiude.
Dopo qualcuno e' dovuto andare a morire a Marcinel, in Belgio....
Ora negli edifici della lampisteria, quella specie di grande “galleria”, si trova il museo.


negli ultimi tempi perfino le docce, conquista dei lavoratori, e tutt'altro che frequente nelle miniere dell'epoca, e con i divisorori tra una e l'altra!!!
l'intimita' riconquistata e la dignita' del proprio corpo,
pulizia ed un barlume di riservatezza, prima di tornare all'esterno, al sole, a casa...

Pero’ c’e’ ancora, e la guida giura che sia tutt’ora funzionante, il cuore pulsante della miniera,
la sala argani, con il motore elettrico che fa andare le pompe e le gabbie di discesa e risalita.
E’ quello che permette di scendere e di risalire, di portare fuori il materiale, e dentro l’aria.

La guida e’ relativamente giovane, ma ha fatto in tempo a lavorare, anche se per poco, in questa miniera, mentre il padre lo ha fatto tanti anni: "ricordo mia madre stendere il bucato bianco la mattina, e ritirarlo grigio la sera, il rimbombo continuo della miniera, e quegli uomini neri che tornavano".
Tra i visitatori un signore anziano, taciturno, emozionato.
La guida lo vede, trasale: "Albino, sei proprio tu?"
Ce lo presenta, Albino, lo accompagna il nipote, ha lavorato qui tanti anni, viene dalle Marche.
e’ tornato da turista, per mostrare al nipote una parte della sua vita, e della sua gioventu’.




Si scende nel pozzo, l’ascensore non e’ “la gabbia” che doveva essere aperta, per far passare aria
pulita verso il basso, gas e anidride carbonica verso l’alto, ma e’ inquietante.
Scendiamo a 10 metri, una cosa ridicola per la miniera, ma emoziona lo steso, perche’ il sole non si vede gia’ piu’, anche a 10 metri,
il pensiero corre a chi per anni passava dai colori oro e turchese onnipresenti in Sardegna, al nero del buio e del carbone, ogni giorno.
Facciamo il giro: la galleria, le lampade, il gas in agguato,inodore ed insapore, il Grisu’,
poi i topi, l’acqua, il rumore, la polvere e tutto il resto.
La temperatura aumenta velocemente, l’umidita’ altrettanto.

Quello strumento lo chiamavamo la sposa, dice Albino, perche’ la abbracciavi 8 ore al giorno,
sorride, “il nastro, le berline, ma sono proprio quelli di allora!!!”
"certo Albino, sono indistruttibili", risponde la guida, ci fa vedere gli scambi delle rotaie, dovevano essere azionati con un calcio potente, o con il piccone, "non si poteva rompere, doveva essere robusto e rassicurante, da lui dipendeva la possibilita’ di uscire…."
"Il telefono, un siemens, allora era il meglio sul mercato, indistruttibile, 25 chili di peso, e doveva resistere a tutto, era il nostro collegamento con la superficie."

“Attenzione non toccate qui, il carbone e’ difficile da lavare via…”
Non resisto, ci passo sopra due dita, poi sul dorso della mano.
Quel nero profondo e unto mi rimane sulla mano, compatto, impregnante. Ho scoperto poi che per toglierlo ci vuole un bel po’
E intanto penso ai minatori che passavano tornando a casa, neri neri.
La guida mi ha visto…mi guarda infastidito, e mi giudica probabilmente un po’ invadente e un po’
fastidiosa, non gli piaccio, perche’ fotografo di continuo, e lui e’ convinto che non lo stia ascoltando.
Allora glielo dico: “Se le dispiace smetto di fotografare, ma quello che lei dice mi interessa,
la ascolto, e non e’ solo un giro turistico, lei ha lavorato qui…e io vorrei capire cosa si prova…..
e se possibile anche raccontarlo a mia volta:
Tutto cambia: fai quante foto vuoi, resta vicina a me altrimenti ti perdi, e se mi stai al fianco
fai in tempo a scattare prima che arrivino gli altri.
Il giro prosegue, siamo quasi arrivati alla fine, manca solo il budello.. eccolo!!

non l'ho fotografato, ho esitato e non ho fatto in tempo prima che gli altri mi fossero davanti.
Sulla parete di una galleria si apre un buco, alto 70 cm, uguale larghezza,
e’ un cunicolo di pochi centimetri che si inoltra nella roccia per 300 metri, e segue una vena di carbone puro., qui si lavorava a cottimo, un tanto al secchio.
Per tutto il tempo seduti, o strisciando.
Albino e’ di fianco a me, si butta per terra, chino come a quel tempo, e vuole mostrarci come si lavorava dentro quel buco infernale. Io sono sconvolta, non posso nemmeno pensare di poter fare quello che Albino ha fatto per tanti anni, e che ora mi mostra con orgoglio.
Pero’ non parla piu’, la sua descrizione e’ muta, ora, e i suoi occhi sono lucidi, quando la guida gli si avvicina per aiutarlo a rialzarsi.:
mi passano vicino uscendo: la guida mi guarda: “ sono passati 50 anni…..e ancora Albino non e' uscito dal cunicolo…”

Bianca