
Eppure non capisci come un animaletto così mansueto e domestico come un meraviglioso gatto, sia capace di atti così efferati. D'altra parte se un gatto non acchiappa i topi, che razza di gatto sarebbe?
E lui è lì come i gatti di Alice, che girano nel sole, e ci osserva come una sfinge egizia.

Ma gli uomini non sono gatti e neppure topi, se commettono qualche delitto sono puniti dalla legge, questo vale da sempre fin dalla notte dei tempi, considerazione fin troppo banale. Ma una cosa è sentir parlare delle pene, tutto un altro conto è trovarsi di fronte ai luoghi della pena e le testimonianze di chi le ha vissute.
Nel 1579 il castello di Ciciliano, di proprietà di Theodolo Theodoli, alla cui famiglia venne riconosciuto il potere di amministrare la giustizia nel proprio feudo, venne ristrutturato nelle fondamenta e da queste si ricavarono alcuni tuguri da adattare a prigioni.
La nostra fantasia corre alle cosiddette segrete, ebbene eccole qui le segrete: luoghi nei quali regna soprattutto buio e silenzio, un mondo a parte oltre mura spesse appena un paio di metri, una porticina blindata alta meno di un metro e mezzo, pesanti chiavistelli e lucchettoni.

Le mura della prima cella, anch'essa alta circa una metro e mezzo e larga un paio di metri quadri, definirla angusta è farle un complimento, recano graffiti che raffigurano uccelli, ma su tutti un uomo stilizzato che sembra stare in croce sulla cui testa un'altra croce.

-Voglio parlare con il mio avvocato!- Qui non ci sono avvocati, ma solo spesse mura dove passare il tempo a graffiare l'intonaco con i propri pensieri, proprio come quel Giuseppe Crescenzi, che nell'Aprile del 1661 fu carcerato falsamente. Chi avrà ascoltato le sue pene di topo nelle grinfie del gatto? Sarà stato davvero anch'egli un gatto a sua volta? Quanti topi ha ucciso?

Il luogo ti fa sentire il cuore pesante, le mura tutte attorno portano incise profondamente nell'intonaco un gran rosario di croci, in alto una finestra con le sbarre dove salendo qualche scalino potevi accedere a qualche bagliore di luce. La peggiore delle pene non è la sottrazione della libertà ma è il negarti la luce. Il soffitto annerito dalle deboli luce delle candele e delle lampade ad olio, questo è l'inferno della GATTABUIA.

Croci, croci dappertutto, capisci subito di essere arrivato in un girone infernale, ma capisci anche che la giustizia non può essere un fatto privato, tutte quelle croci sono teste cadute per mano di un boia, la speranza qui non entra, si è fermata ad appena un paio di metri aldilà del muro.

Siamo scossi, usciamo dal castello con il cuore pesante, oggi ci sentiamo tutti un po' topi. Ma il pensiero non può non correre a Cesare Beccaria e al suo “Dei delitti e delle peneâ€, che promosse l'abolizione della pena di morte in Italia soltanto 100 anni dopo la carcerazione meritata o no, ma certamente terribile, di quel Giuseppe Crescenzi, e di tanti come lui, che hanno lasciato scritta sul muro la propria disperazione.

L'aria fresca spazza via tutte le ombre, i gatti stanno al caldo dietro le mura delle case e i padroni li accarezzano.