Caro Buzz,
c'è un periodo in cui pensi di dover conoscere bene il soggetto da fotografare per poterlo ritrarre al meglio.
C'è un periodo, invece, in cui la pensi esattamente all'opposto e cioè che è meglio la prima impressione che ti da per tirarne fuori l'essenza.
Io ho vissuto entrambi questi periodi (sto parlando di anni, non di, solo, qualche ritratto).
Agli inizi cercavo di conoscere più che potevo della persona da ritrarre, qualche volta il ritratto era il momento finale di un complesso progetto ideativo ed esecutivo (come quello della ragazza in rosa:
http://www.nital.it/forum/index.php?showto...ndpost&p=311525 )
poi, quando invece di ottenere successi iniziava a capitarmi invece qualche fiasco, ho cominciato a ricredermi.
Ho preferito quindi lavorare più di istinto e di esperienza.
Spesso mi andava bene, come per quelli più meditati e progettati, poi sono arrivati i primi flop (flop per le mie aspettative, non verso il cliente, che comunque si portava a casa un ritratto di qualità).
Ora ho imparato a saper meglio riconoscere quando mi è più utile un metodo piuttosto che un altro.
Mi ricordo una volta che, cercando di mettere a proprio agio la persona e attendendo paziente (il tempo è anche danaro!!!) che lei superasse quel primo periodo di imbarazzo che crea lo stare davanti l'obiettivo, ottenevo invece l'effetto opposto.
Un ritratto non dei miei migliori.
Poi ho saputo il perchè. Lei, di lavoro, insegnava discipline di autorilassamento e, quindi, era già tranquilla quanto bastava. Il vedere che io tentennavo la stava disorientando e più io aspettavo più lei non capiva.
A volte il non conoscere la persona mi permette di essere più libero nei miei giudizi e di potermi esprimere meglio.
E' vero anche, se non ho capito male, quanto tu dici quando affermi che la tua precedente attività influenza quello che fai ora.
L'inerzia delle precedenti esperienze spesso pesa molto sul nostro modo di fare e reagire. A volte è un bene a volte no.
Pensa, io ero metalmeccanico... e, per inerzia

, sono arrivato al punto di costruirmi un ingranditore che mi permettesse di stampare le piane 10x12 , e ci sono riuscito.
Alcuni dei ritratti in BN 50x60 che ho fatto, sono stati stampati con quell'ingranditore, e fanno bella figura alle mie mostre e nelle case dei clienti.
Caro Fabrizio,
io se sento parlare di conigli, anche se escono dal cilindro

la prima cosa che mi viene in mente, e con una intensità pari a quella che mi può far venire

una bella fiondona, è un bel piatto di coniglio arrosto con la polenta ed un contorno di patate al forno. Naturalmente, già che siamo in stagione, non dovrebbe mancare neanche un bel piatto di chiodini.
E vino rosso.
A parte gli scherzi, penso che chi scrive qui nel forum già stia spiegando come si fa.
Solo che a volte uno pensa che debba essere una questione di magia, invece i risultati sono ottenuti curando tanti piccoli particolari che, da soli, sarebbero poco importanti ma, nell'insieme, fanno la differenza.
Accennavo alla distanza dei 42,195 Km. La maratona.
Sì, quello che vince deve essere un campione ma...
ma se non si fa dai 3 ai 5000 Km l'anno di allenamento...
se non cura l'alimentazione...
se sbaglia tipo di scarpe,
se non sa controllare la sua testa che, ad ogni passo dopo il 30° gli dice ma chi te lo fa fare...
se non parte esattamente al ritmo prefissato....
se non si fa condizionare dagli altri concorrenti...
beh, è così anche per le foto.
Felix mi chiede se il fondale ha un'incidenza sulla luce.
Io cerco di abbinare il fondale alle tinte dell'abbigliamento e all'atmosfera che ritengo più adatta al soggetto fotografato.
E le differenze le vediamo tutti.
Ma non è solo quello. A volte il fondale è quello giusto ma, l'insieme che ne viene fuori non è dei migliori.
Come nel ritratto dove parlo di leggerezza e eleganza.
Dopo più di un ora di prove, tentativi, riflessioni, il risultato era uno schifo (il prima).
Poi il lampo di genio, schiena nuda, fondale chiaro.
Ed ho vinto un primo premio sul ritratto al concorso Kodak.
Fabrizio, giuro,
non so cosa ha acceso in me, in quel momento, la lampadina delle idee.
La ragazza era tutto all'infuori di una dea greca,
si vestiva col chiodo borchiato, anfibi ai piedi, camminata da maschio...
Forse ho pensato che la miglior difesa è l'attacco e, forse, per difendermi da un tipo così, ho usato l'arma complementare.
Poi ci sono le cose che dovrebbero essere ovvie,
tipo il ritratto che ho fatto a Moser.
E' ovvio che se lo avessi fatto stare seduto come una damigella dell' 800 avrebbe fatto ridere anche i polli.
L'ho fatto stare in piedi, gli ho lasciato prendere la posizione che gli avevo visto assumere per tutta la serata, con le braccia incrociate e, cigliegina sulla torta, ho voluto che lasciasse in evidenza un'unghia nera per una martellata.
Perchè?
Perchè, oltre che essere stato un campione di ciclismo, adesso è anche uno che lavora, e l'unghia nera mi è servita per testimoniarlo.

sergio