QUOTE(Lambretta S @ Feb 9 2006, 09:22 AM)
... ripeto a me piacciono i libri fotografici quelli con le figure per intenderci... quelli di filosofia della fotografia, che ti vogliono spiegare cos'è una fotografia quando basta guardarla per capire se ti piace o no, sono una palla mortale...
Pur comprendendo il punto di vista di Lambretta non mi sento di condividere in tutto e per tutto quanto dice (oh, nun me strappà le Nital card eh?

). Io per esempio e senza uscire dal nostro orticello, amo molto i Life. Il perchè dipende dal fatto che, magari sbagliando, magari avendone una visione parziale quando non distorta, riesco attaverso quanto scritto dall'autore, a capire i perchè di molte cose, magari non di tutte ma di molte sì. Il riuscire a comprendere i perchè di certi scatti, il comprendere le sensazioni provate, l'immedesimarmi attraverso lo scritto nel percorso fotografico dell'autore, mi aiuta sempre ad ampliare anche i miei orizzonti fotografici. Infatti è proprio attraverso l'immagine allegata allo scritto che ho imparato a soffermarmi su cose che prima mi sarebbero magari passate inosservate e che invece, quando le incontro personalmente le "riconosco" come spunti fotografici. Credo che la sensibilità fotografica, come tutte le cose, possa essere coltivata e sicuramente implementata da quanto letto oltre che da quanto visto.
In questo caso, nello specifico quanto ognuno riesce a tirar fuori dallo scritto di Wender, ci colloca come fotografi, non più come semplici spettatori del fatto ma, attraverso la macchina che riprende, come comprimari della scena che si sta svolgendo di cui "vogliamo" far parte non passiva.
Per non essere troppo prolisso, anche se lo sono spesso, il bisogno di riappropriarsi della propria identità di persona/fotografo, fa pare della massa di sentimenti e sensazioni che, anche se inconsapevolmente, faranno parte del nostro bagaglio nell'essere attori e non solo spettatori. Se tutto ciò diventa consapevolezza lo si deve proprio secondo me a coloro i quali riescono a farne filosofia.