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tembokidogo
Molto spesso, anche su questo forum, mi viene chiesto che senso abbia oggi, in piena era digitale, continuare a fotografare in bianconero. Diciamo che certamente un po’ “gioca” il gusto di recuperare gesti ed emozioni “artigianali” (che possono partire dalla bobinatura della pellicola fino allo sviluppo e alla stampa in camera oscura) che il workflow digitale non consente. Diciamo che la mia generazione, per citare un dialogo di “Marrakech express”, è l’ultima che conserva i “ricordi in bianconero”, dall’album delle foto di famiglia alla tv di Rin Tin Tin e di Belfagor

Ma, al di là di queste motivazioni un po’ nostalgiche, c’è evidentemente dell’altro.

Intendiamoci: non si tratta di aprire l’ennesimo contenzioso su “meglio questo o quello”, ma di riflettere un po’ insieme, se ne abbiamo voglia, sul perché la “vecchia” fotografia monocromatica conserva ancora tutto il suo fascino (al punto di essere l’unico settore della fotografia tradizionale che registra la nascita di nuove emulsioni e di sempre più raffinati supporti di stampa) e, anzi, continua a svolgere un ruolo di primo piano in alcuni settori della fotografia. Penso di non sbagliare se affermo che, pensando ad una “grande” immagine di reportage di qualche altrettanto “grande” autore, nella maggior parte dei casi ci si rammenta di una foto monocromatica, che si tratti di Cartier Bresson piuttosto che di Bishof, di Capa o di Salgado, di Berengo Gardin o di De Blasi…
Avanzo qualche ipotesi.

1) Il bianconero “obbliga” chi lo osserva a concentrarsi sull’azione, sul soggetto, evitando “distrazioni”.

Mi spiego. Nella fotografia, soprattutto se si tratta di reportage, è essenziale la quantità di “informazioni primarie” che l’immagine è in grado di trasmettere. Applicando al reportage le stesse regole del giornalismo scritto, diciamo che un’immagine dovrebbe prima di tutto rispondere anch’essa alle famose “cinque W”, ossia “chi”, “che cosa”, “quando”, “dove”, “perché”. Quest’ultimo quesito, evidentemente, è quello al quale è più difficile rispondere, e non solo fotografando. Prendiamo ad esempio una foto tanto discussa quanto emblematica, quella famosa di Robert Capa del miliziano spagnolo colpito a morte, e mettiamo da parte per un attimo le polemiche sulla sua autenticità. E’ un’immagine essenziale, che tuttavia “dice” moltissimo. La stessa foto, a colori, introdurrebbe una mole di “informazioni secondarie” che potrebbero forse attenuarne le potenzialità evocative. Aggiungiamoci con la fantasia il cielo blu bello saturo della meseta spagnola, l’erba gialla bruciata dal sole altrettanto cromaticamente “carica”, magari un fazzoletto rosso squillante al collo. Sarebbe la stessa immagine? L’occhio “cadrebbe” lo stesso su quella figura umana che, colpita dal proiettile, sta cadendo all’indietro, il braccio destro allargato che sta abbandonando il moschetto, oppure indugerebbe sul cielo blu, sulle nuvolette?

2) Nel bianconero la composizione è spesso l’unico “sostegno” dell’immagine.

Quante volte vi è capitato di sentire (sentirvi) dire: “Che bella foto, guarda che bei colori?”. Tante, ci scommetto. Quando mi capita, mi arrabbio. Con l’osservatore (anche se non glie lo dico) o, più spesso, con me stesso. Perché, se quello che colpisce sono “i bei colori”, allora vuol dire che altri contenuti informativi ed estetici dell’immagine (la composizione, per esempio) sono passati come minimo in secondo piano. Guardate tante immagini che vanno per la maggiore sulle riviste di fotografia, nelle onnipresenti “gallerie dei lettori”. Prima c’era solo il polarizzatore, ora la postproduzione, ma il risultato è spesso quello di un prato “verde verde” sul quale incombe un cielo “blu blu). Togliete la cromia esasperata e – non sempre, ma spesso – che cosa rimane? Che mi dite della composizione? Riuscite a individuare con precisione il soggetto? A volte la “bella immagine” è solo il risultato dell’accostamento cromatico ben riuscito e magari esasperato, ma nulla più.
Un’immagine del genere (con i dovuti distinguo, perché anche l’inferno degli stampatori in b/n è lastricato di cieli neri con nuvolette bianche) scattata in bianconero risulterebbe, probabilmente, molto scialba.

Mi fermo qui, per ora, e, lanciato il sasso, aspetto le vostre considerazioni.

Diego
__Claudio__
Per il momento vorrei soffermarmi su una tua considerazione che è uno dei nodi che un fotografo deve sciogliere per fare una foto in B.N. ed è questa:

QUOTE
...se quello che colpisce sono “i bei colori”, allora vuol dire che altri contenuti informativi ed estetici dell’immagine (la composizione, per esempio) sono passati come minimo in secondo piano.


In questa frase secondo me c'è nascosto uno degli innumerevoli errori che spesso noi fotografi facciamo quando scattiamo o pensiamo di convertire una foto in B.N..
Come tu stesso hai ben esposto, la foto BN ha necessità di un supporto che deve andare ben oltre l'impatto dovuto ai colori e a tutta quella serie di astrazioni che ci portano istintivamente a guardare altro. La foto b.n. deve essere supportata dai suoi contenuti perchè solo quelli la classificano e la codificano.
Uno di questi è certamente la composizione, ovviamente non la sola componente di uno scatto ben riuscito, andrei oltre e mi soffermerei proprio sui contenuti che la foto in b.n. "deve avere per essere letta. Proprio perchè lo sguardo non può per ovvi motivi, soffermarsi su altro che non sul contenuto, questa è secondo me la chiave di volta. Far sì che il soggetto emerga dal resto con prepotenza e senza esitazioni per raccontarci, attraverso la composizione e il taglio, quel che vuol comunicare o che attraverso lui noi stessi vogliamo comunicare.

Un'altra considerazione che mi viene da aggiungere, tanto per mettere un po' più di carne al fuoco, senza cominciare nessuna polemica inutile, è quella che per scattare un'immagine b.n. è necessario vedere in b.n.
Questo modo di porsi a monte dello scatto o per meglio dire dell'uscita fotografica si sta perdendo con la tecnologia digitale e cerco di spiegare questa mia affermazione.
Quando si carica una pellicola b.n. in macchina ci si pone con occhi diversi verso i soggetti incontrati. Li si scruta e li si sceglie in base proprio a ciò che si è pensato di fare e che ci ha spinto a scegliere questa pellicola invece di un'altra. Per avvalorare questa mia tesi, ovviamente confutabile, è difficile per me uscire con due corpi macchina, come spesso mi capita, caricati coin due pellicole di cui solo una è b.n.. Di solito finisce che non scatto a nulla. Molto meglio secondo me caricarli entrambi con pellicola b.n. magari con ottiche di lunghezza focale diversa.
Si potrebbe dire che con lo stesso fine si può uscire con una digitale per ottenere gli stessi scatti e per alcuni sarà senz'altro così, ma l'esperienza mi ha provato che purtroppo ciò non accade. Chi non ha abituato la sua mente con questo tipo di esercizio non i trova a pensare in b.n. ma si accorge "dopo" che quello scatto può essere convertito. Alla fine non è la stessa cosa perchè non ci si abitua a guardare in b.n. "prima" e quindi a non ricercare i contenuti che dovrebbero dar forza ad una foto che deve avere solo ed esclusivamente quelli, per essere uno scatto riuscito.
Al_fa
Aggiungerei che è tutt'altro che nostalgia. E non può esserci niente di più sbagliato quando si sente dire in giro che il bianco e nero è retrò o è nostalgico.

Il bianco e nero purifica in un certo senso la foto, la libera consentendogli di volare laddove la realtà non può arrivare. Perchè l'atto fotografico è atto creativo. Perchè l'atto creativo richiede una visione, un'idea, non di certo solo un soggetto o un istante. Ha una funzione catartica. Quando vediamo il bianco e nero vediamo uno schizzo a carboncino, vediamo un disegno a matita, non vediamo la realtà se non quella che il fotografo ci lascia trapelare nella sua scelta artistica.

E' indubbiamente uno dei maggiori mezzi espressivi della fotografia artistica e del fotogiornalismo.
teo
Come non condividere quello che dite...
lau_perinelli
daccordissimo
il b/n è fantastico..
Laura
tembokidogo
QUOTE(__Claudio__ @ Feb 20 2006, 08:58 PM)

Un'altra considerazione che mi viene da aggiungere, tanto per mettere un po' più di carne al fuoco, senza cominciare nessuna polemica inutile, è quella che per scattare un'immagine b.n. è necessario vedere in b.n.
Questo modo di porsi a monte dello scatto o per meglio dire dell'uscita fotografica si sta perdendo con la tecnologia digitale e cerco di spiegare questa mia affermazione.
Quando si carica una pellicola b.n. in macchina ci si pone con occhi diversi verso i soggetti incontrati. Li si scruta e li si sceglie in base proprio a ciò che si è pensato di fare e che ci ha spinto a scegliere questa pellicola invece di un'altra. Per avvalorare questa mia tesi, ovviamente confutabile, è difficile per me uscire con due corpi macchina, come spesso mi capita, caricati coin due pellicole di cui solo una è b.n.. Di solito finisce che non scatto a nulla.
*




Esperienza comune. Alla fine si finisce con il trascurare l'uno o l'altro corpo (e qui credo dipenda molto dal soggetto che si sta affrontando, più o meno "vocato" al colore piuttosto che alla monocromia) e, per quanto mi riguarda, con lo scattare meno e male.
Devo dire che ultimamente, se scelgo di uscire con un corredo "misto", preferisco affiancare alla Dslr una telemetro medio formato a ottica fissa (un 45 mm), che prevede un approccio metodologico e "culturale" (passate il parolone) completamente diverso: grande ricorso all'iperfocale per una messa a fuoco più istintiva, uso rigoroso dell'esposimetro separato, necessità di "razionare" gli scatti e la sequenzialità degli stessi in funzione sia della minor velocità operativa, sia della ridotta autonomia (15 fotogrammi in 4,5X6 per il formato 120). Paradossalmente, in questo caso la medio formato diventa una fotocamera ideale per il genere "street". Per lo stesso motivo, quando dedido per un'uscita dedicata solo al bianconero, metto in borsa la FM3a accanto alla vecchia e fida FE e solo ottiche fisse.
Diego
Francesco Martini
bel post...Diego....
Ci sono situazioni da fotografare dove va bene il colore...in altre situazioni va meglio il bianco e nero...!! biggrin.gif
Sembra facile vero????...Come distinguerle pero'?????...Qui entra in campo l'occhio magico del fotografo, la sua fantasia....il suo modo di creare una "immagine"... Il colore racconta tante storie....Con le sue sfumature variopinte e reali...ti descrive la bellezza di quello che hai davanti agli occhi...proprio attraverso quei colori che vedi sempre..dalla mattina quando ti svegli...fino alla sera...quando stanco vai a dormire.
Il Bianco e nero....e' ermetico.....e ' irreale...e' buio..e' grigio....e sta' alla bravura del fotografo dagli la forza..quella forza che ti cattura quando guardi la foto...quella forza che ti fa' aprire la mente e la fantasia....portandoti in un mondo varipinto con la tua sola immaginazione....attraverso una immagine fatta con poche tonalita' di grigio....Con la tua mente..quella foto..la puoi colorare come vuoi....
facile a scriverlo...difficile a farlo.......
...Forse e' meglio che vada al letto.... dry.gif
Francesco Martini
__Claudio__
QUOTE(Francesco Martini @ Feb 20 2006, 10:57 PM)
...quella forza che ti fa' aprire la mente e la fantasia....portandoti in un mondo varipinto con la tua sola immaginazione....attraverso una immagine fatta con poche tonalita' di grigio....Con la tua mente..quella foto..la puoi colorare come vuoi....


Ottima questa tua considerazione Francesco. Hai sottolineato un altro aspetto importante del b.n. : lasciare a chi guarda la libertà di colorare a modo suo, quindi diverso da ogni altro, ciò che vede.
Vado a letto anch'io che è tardi. Domani, stesso posto stesa ora per continuare a parlare di fotografia.
fenderu
sia Francesco che Ale sottolineano uno dei grandi pregi della foto monocromatica;

sappiamo bene che il fotografo attraverso i suoi scatti ci porta "dentro il suo mondo", facendocelo "vedere" attraverso i suoi occhi ("mondo"che qualche volta l'osservatore riesce a fatica a riconoscere come tale);

il bianco e nero esaspera questo concetto: il fotografo così facendo "seleziona" ancora di più gli elementi visivi, "togliendo" qualcosa, in realtà solo per "aggiungere" molto di più;

anche se oggi potrebbe apparire "snob" (per non dire inutile), l'uso sapiente del bianco e nero è un ottimo strumento nella mani del fotografo per seguirlo verso il suo personale percorso;

dal punto di vista tecnico, lasciando cadere il discorso del commento "Che bei colori!" (spesso in bocca agli osservatori occasionali)(uno dei vantaggi di stampare quasi solo in bianco e nero è quello di non sentirselo finalmente più dire! laugh.gif ), mi trova daccordo la nota secondo la quale la foto monocromatica tende a risaltare la composizione e l'aspetto "comunicativo" dello scatto; le storie "street" parlano (o meglio "raccontano") da se;

superfluo ricordare che uno scatto debole rimane tale anche se in bianco e nero (anzi, caso mai peggiora);

smile.gif

just my two centz,
gianluca
_ROY_
EWWIWA IL BIANCO E NERO!...avete già detto tutto... Pollice.gif


user posted image
Fabio Capoccia
Mia esperienza: ho sempre amato il bianco e nero ... non ho scattato tantissimi rulli b&w ma ho sempre cercato di allenare l'occhio a staccare il soggetto dal contesto "a colori" della fotografia.
Non è una cosa semplice e, come dice Claudio, bisogna pensare lo scatto in monocromia. Mi ritengo un attento osservatore di quello che mi circonda e, nonostante questo, devo ammettere che è difficile trovare la situazione, il soggetto, il momento, il taglio per valorizzare in un istante la situzione che ho sotto gli occhi...si un istante...perchè è di questo tempo che si tratta.
Ora, anche se ho per le mani una "digitale" per me non ha importanza... lo scatto monocromatico deve essere uno e solo quello che la mia sensibilità in quel momento ha recepito.
Quando vado in strada a far foto, per esempio, non riesco a pensare a colori, ma i "colori" i profumi, le sensazioni di quell'attimo riesco a riviverle ammirando la mia foto monocromatica...ma satura di emozioni.

...adoro questo pensiero di Francesco

QUOTE
entra in campo l'occhio magico del fotografo, la sua fantasia....il suo modo di creare una "immagine"... Il colore racconta tante storie....Con le sue sfumature variopinte e reali...ti descrive la bellezza di quello che hai davanti agli occhi...proprio attraverso quei colori che vedi sempre..dalla mattina quando ti svegli...fino alla sera...quando stanco vai a dormire.


..ed il massimo è quando chi guarda la mia foto...riesce a rivivere le mie stesse emozioni ed evoca le mie stesse sensazioni. Vuol dire che in quel momento c'ho visto bene! tongue.gif

Una bellissima discussione... guru.gif

ma perchè in life? La porterei su in Tecniche Fotografiche wink.gif
nuvolarossa
QUOTE
per scattare un'immagine b.n. è necessario vedere in b.n.


E' proprio questo secondo me il punto essenziale ed è quello che io non riesco a fare!
La foto in bn mi ha sempre affascinato per la sua comunicatività ed il suo impatto visivo, ma non sono mai stato capace di ottenere i risultati che volevo, perchè non ho la visione monocromatica... Quindi, in un certo senso, l'ho abbandonata.
Credo che l'approccio odierno alla fotografia, con l'avvento del digitale, abbia poi ribaltato questo concetto, facendo procedere un po' a tentativi, nel senso di: "a colori non mi convince, proviamo a vedere se in biancoenero rende un po' di più..." e nella maggior parte dei casi la foto finisce nel cestino in entrambe le versioni.... biggrin.gif

Grazie per la bellissima discussione, che speriamo si arricchisca di altri punti di vista... A colori o bn che siano!
toad
Non posso che condividere tutte le affermazioni sin qui esposte, e non potrebbe essere altrimenti. Quando ho iniziato a fotografare, ormai all’alba di circa 40 anni fa, il BN era, per me, LA fotografia. Il colore era relegato soltanto alla documentazione di viaggi oppure di occasioni particolari. Appunto, di “documentazione”. Ma la voglia di esprimere sensazioni ed emozioni particolari di fronte a questo o quel soggetto era affidata solo ed esclusivamente al BN. Non nego che, a quel tempo, anche l’aspetto economico giocava la sua parte, ma ora mi rendo conto che è stato bene così. Ho iniziato con il telemetro, che mi ha accompagnato anche quando ho cominciato ad usare la reflex, ma con il telemetro sempre e solo BN. E qui capisco e mi trovo in sintonia con quanto dice Diego circa la razionalizzazione degli scatti. Con il tempo e l’età le cose sono un po’ cambiate e ho cominciato ad apprezzare anche la cromia. In questo caso cerco (cerco…) di fare sì che proprio il colore giochi la parte predominante nell’immagine, tentando di farlo diventare, come dice sempre Diego, l’ “informazione primaria”. Che ci riesca o no, è un altro discorso.
Sono un po’ meno d’accordo con Claudio. O meglio, sono d’accordissimo sul concetto che l’immagine vada “vista” in BN, però – al di là delle questione squisitamente tecniche (la pellicola è senz’altro insuperabile ad oggi) – mi viene da pensare che il digitale offra la versatilità per poter cambiare in ogni momento, e parlo in fase di ripresa, l’approccio con il soggetto. Mi spiego meglio facendo un paragone con le lingue straniere. Viene detto che non si conosce bene una lingua fin tanto che non si riesce a “pensare” in quella lingua. Mi pare un concetto azzeccato. Vi sono però molti poliglotti che riescono a pensare in lingue differenti. Ecco, forse il digitale ti consente di essere un poliglotta fotografico. Ma, ripeto, condivido che l’immagine vada pensata “prima”.
Resta indubbio il fatto che le emozioni ed i pensieri più intimi trovano la loro miglior espressione nel monocromatismo, lasciando appunto a chi guarda il compito di colorarli secondo la sua sensibilità, come dice Francesco.

Un caro saluto

Guido
Giacomo Sardi
se ha senso scattare in BN ...
ma stiamo scherzando??

smile.gif smile.gif smile.gif

per certe situazioni il potere del BN è insostituibile.... guru.gif

ciao Giacomo
matteoganora
QUOTE(tembokidogo @ Feb 20 2006, 06:47 PM)
Molto spesso, anche su questo forum, mi viene chiesto che senso abbia oggi, in piena era digitale, continuare a fotografare in bianconero.

Mi fermo qui, per ora, e, lanciato il sasso, aspetto le vostre considerazioni.

Diego
*



Questione interessantissima Diego...
Sai bene da quanto tempo stia cercando di ottenere in digitale Bn densi e poetici come quelli che ho avuto modo di ammirare da pellicola...

La mia considerazione finale?
In digitale, oggi, il BN è qualcosa di sintetico, finto, privo di forza. dry.gif

La settimana scorsa, tramite un caro comune amico, ho comprato la mia prima macchina a pellicola, senza neanche il barlume di una pila dentro... tongue.gif

L'ho caricata con il mio primo rullo di HP5...
non so come andrà a afinire, ma certamente contribuirà a farmi crescere, e forse ad ottenere il Bn che piace a me!
__Claudio__
QUOTE(TOAD @ Feb 21 2006, 01:01 PM)
.......................................................................
Sono un po’ meno d’accordo con Claudio. O meglio, sono d’accordissimo sul concetto che l’immagine vada “vista” in BN, però – al di là delle questione squisitamente tecniche (la pellicola è senz’altro insuperabile ad oggi) – mi viene da pensare che il digitale offra la versatilità per poter cambiare in ogni momento, e parlo in fase di ripresa, l’approccio con il soggetto. Mi spiego meglio facendo un paragone con le lingue straniere. Viene detto che non si conosce bene una lingua fin tanto che non si riesce a “pensare” in quella lingua. Mi pare un concetto azzeccato. Vi sono però molti poliglotti che riescono a pensare in lingue differenti. Ecco, forse il digitale ti consente di essere un poliglotta fotografico. Ma, ripeto, condivido che l’immagine vada pensata “prima”.


Sono contento che non si stia portando in discussione l'eterna diatriba senza senso argentico/digitale.
Ho sottolineato questa frase Guido (in grassetto), proprio perchè, come dicevo più sopra, io non riesco a essere poliglotta. Quindi tanto di cappello a chi riesce in quella che per me è un'impresa impossibile. Quando esco con le macchine, di solito due, ho già in mente il perchè. Ho già in mente cosa sto cercando quel giorno e a cosa poi dovra/anno servirmi quegli scatti, in breve, di solito quando esco ho in mente un progetto da portare a compimento. Che poi ci riesca in una sola uscita è altro discorso ma insomma la volontà è qulla di raccogliere materiale per un progetto.
Da questo mio modo di agire discende il resto. Se sto cercando soggetti per cui io personalmente ritengo necessario o più confacente l'uso del b.n. prima di uscire, anzi nel momento in cui decido che quella sarà la mia ricerca per il giorno dopo, i miei occhi cominciano a vedere in b.n. e non c'è niente che possa far cambiare questo, neanche il più bel tramonto sui sette colli. Per questo ammiro chi riesce a mescolare i due momenti. Del resto se così non fosse potrei portarmi dietro due corpi diversi: uno in b.n. e l'altro a dia. wink.gif
Cristiano Orlando
Un ciao a tutti,
e un grazie a Diego per la bella discussione.
Ci sono alcune considerazioni che facevo leggendo la discussione che credo vadano ad intrecciarsi tra la tecnica e la "fotografia". Non sono d'accordo con Diego sulla capacità del bianconero di concentrare l'attenzione sull'azione, soprattutto in confronto al colore. Non è la caratteristica della cromaticità dello scatto ad influenzare l'attenzione dell'osservatore, ma la capacità di utilizzo del colore. Sicuramente se avessimo convertito la foto del miliziano in B&N avremmo introdotto informazioni "secondarie" ma questo perchè la foto è stata composta e vista per il bianconero (tralasciando la polemica in merito). Aggiungergli colore è lo stesso che decolorare una foto colore. Che senso avrebbe una foto di Haas in bianconero? Riusciresti a pensarla decolorata? La foto di Haas è stata vista in colore, quella di Capa in bianconero. In questo senso il discorso che si faceva sul vedere ha molto senso. Ovvio che una composizione per colore non è una composizione per B&N, possono essere entrambe formalmente corrette, ma non adatte; come sai meglio di me, le schematizzazioni anche compositive sono regole da cui partire, non punti di arrivo.
Così anche il discorso che fai sulle informazioni è un po' troppo generale e forse sarebbe meglio approfondirlo tutti insieme meglio.
Cosa distingue ad esempio una informazione primaria da una secondaria? Le cinque "W"? vero nel fotogiornalismo classico, ma pensi sia possibile ad esempio fare fotogiornalismo narrando non l'epidemia nel dato paese a seguito di un tale evento, ma narrare la mancanza d'acqua o l'inquinamento nel mondo? A livello giornalistico sicuramente sì, a livello fotogiornalistico? A parer mio sì è il reportage si avvicina al fotogiornalismo. In un linguaggio fotografico di questo tipo ossia un inchiesta sull'inquinamento, una fotografia aerea della situazione delle nostre acque ci starebbe alla grande. Ora scattiamola a colori abbiamo delle informazioni primarie le cinque "W" che con il bianconero si perdono a favore della grafica. So che l'esempio è un po' estremo e forzato, ma è tanto per intenderci che non necessariamente è il colore a giocare sull'aspetto grafico. Torniamo alla foto del miliziano e del suo "fazzoletto rosso". Siamo sicuri che quel fazzoletto rosso sia una informazione secondaria o risponde meglio al Who e se il miliziano invece che avere la pelle abbronzata avesse avuto la carnagione olivastra, non avrebbe identificato meglio il "who", o anche la fanghiglia che poteva avere sui pantaloni non era un altro elemento di "who"? La collina verde verde è un aspetto grafico o non delinea una stagione meglio che un altra? Un clima meglio che un altro e non aiuta nel "when" o "where"? E così via per altri aspetti. Non necessariamente io credo sia quindi il monocromatismo a concentrare sugli aspetti primari, perchè credo che gli aspetti siano primari o secondari a seconda delle interpretazioni e che sia capacità del grande fotografo dare interpretazioni. Sicuramente la foto del miliziano colore o bianconero sarebbe stata diversa, ma questa non è una grande scoperta, ma non necessariamente sarebbe stata meno giornalistica. Nel colore c'è un aspetto tecnico da considerare però che non va sottovalutato, c'è da diversi anni una tendeza ad aprire le ombre sempre e comunque nel colore per cui in effetti le foto colore di questi anni non interpretano niente e non concentrano perchè sono inequivocabilmente grige. Il matrix e i vari sistemi media leggono le ombre legibili com fine principale, ma spesso nel colore per concentrare l'attenzione è necessario scegliere come e cosa mostrare. Personalmente al bianconero attribuisco la capacità di drammatizzazione con minor sforzo rispetto al colore, nel senso che data l'assenza come noti giustamente tu di infromazioni colore l'occhio si concentra sulla grafica è una sorta di schema. Nella fotografia colore (specie come dicevo con le fotocamere odierne e i mezzi di media) lo schema deve essere volontariamente costruito. Quindi credo che il bianconero aiuta il fotografo a far concentrare l'occhio dell'osservatore sull'azione. Non so se riesco a far emergere la vicinanza e la differenza con la frase di Diego. Mentre nella fotografia bianconero (concordemente con quanto dice Diego) è giusto dire che obbliga l'osservatore a concentrarsi sull'azione, non è , a mio parere, corretto paragonarlo con il colore e attribuire a questo informazioni secondarie o implicitamente nel paragone sostenere che questi non obblighi a concentrarsi sull'azione. Io direi che nel colore c'è un passaggio in più per obbligare l'osservatore a concentrarsi sull'azione che al bianconero è dato per scontato. Inoltre la lunga tradizione di fotografia bianconero ci aiuta a ricollegarla ad una tradizione e ormai ci da dell'evento storico come una pergamena del 500. Mi spiego una pergamena del 500 che parla della lista della spesa di un fruttivendolo all'epoca non era nulla oggi è un vero e proprio tesoro. così come un dagherrotipo per me che l'ho tenuto in mano è una emozione unica. Adesso questo ricordo dei grandi attribuisce una aura particolare alla fotografia come i filmati luce. Questo certamente gioca il suo effetto facendola classificare un po' come se è bianconero è uan cosa seria se è colore è vivace e spensierata, e proprio un De Blasi ha dimostrato il contrario.
Sono d'accordo invece con il secondo aspetto dell'intervento di Diego, ossia nel bianconero spesso l'unico sostegno della foto è la composizione. Sulle considerazioni successive però ritengo sempre che gli (ti) manca di notare il carattere interpretativo del colore. Ossia un bell'accostamento cromatico, originale, non ripetitivo, nel caso del fotogiornalismo istantaneo etc non è facile, non basta il pola.

QUOTE
sono però molti poliglotti che riescono a pensare in lingue differenti


Vero ma pochi però sono gli interpreti bravi. Nelle lingue è difficilissmo non essere poliglotta, ma pensare in un modo e parlare in un altro. Seguendo ciò che dici chi parla "colore" può saper parlare "bianconero", ed è vero, ma, come per le lingue, è difficilissimo pensare "colore" e scattare "bianconero". Ciò che si richiede ad un interprete è pensare in due lingue contemporaneamente e puoi facilmente notare la difficoltà e secondo los chema che fai chi esce con un corpo digitale o con du corpi con pellicole differenti è un interprete deve essere in grado non di pensare due linguaggi separati in tempi separati, ma ue liguaggi separati nello stesso tempo. In questo caso i poliglotti interpreti sono molti meno e hanno bisogno di una scuola.
Cris
tembokidogo
QUOTE(matteoganora @ Feb 21 2006, 04:20 PM)
In digitale, oggi, il BN è qualcosa di sintetico, finto, privo di forza. dry.gif

La settimana scorsa, tramite un caro comune amico, ho comprato la mia prima macchina a pellicola, senza neanche il barlume di una pila dentro... tongue.gif

L'ho caricata con il mio primo rullo di HP5...
non so come andrà a afinire, ma certamente contribuirà a farmi crescere, e forse ad ottenere il Bn che piace a me!
*



Data da segnare in rosso sul calendario! Stai per entrare in un mondo meraviglioso, benvenuto!
Diego
walter55
QUOTE
Intendiamoci: non si tratta di aprire l’ennesimo contenzioso su “meglio questo o quello”, ma di riflettere un po’ insieme, se ne abbiamo voglia, sul perché la “vecchia” fotografia monocromatica conserva ancora tutto il suo fascino (al punto di essere l’unico settore della fotografia tradizionale che registra la nascita di nuove emulsioni e di sempre più raffinati supporti di stampa) e, anzi, continua a svolgere un ruolo di primo piano in alcuni settori della fotografia. Penso di non sbagliare se affermo che, pensando ad una “grande” immagine di reportage di qualche altrettanto “grande” autore, nella maggior parte dei casi ci si rammenta di una foto monocromatica, che si tratti di Cartier Bresson piuttosto che di Bishof, di Capa o di Salgado, di Berengo Gardin o di De Blasi…


... appunto...

avanzo anch'io la mia ipotesi:

Il B&W è difficile (e costoso) in tutta la sua filiera... dal pensare allo stampare, e quindi oggi lo fai solo se lo sai fare... se no l'abbandoni subito. Ergo, il quantitativo di B&W che circola è ridottissimo rispetto al colore, ma quel poco che c'e è spessissimo di grandissima levatura (formale e contenutisca). In tal senso il B&W "affascina" in quanto si vedono quasi esclusivamente foto di qualità. Tant'è vero che il B&W interessa e "affascina" più oggi che ieri, e più ieri che l'altro ieri. L'altro ieri infatti il B&W veniva colorato per renderlo "appetibile"... pensa un po' smile.gif

... oddio... è solo un'ipotesi eh!
tembokidogo
[Fondamentale l’osservazione di Claudio, ripresa da altri amici intervenuti nella discussione, sulla importanza di “saper vedere” in bianconero. E non si tratta solo di composizione, di uso sapiente della luce, di capacità di dosare luci e ombre per dare “volume”, matericità all’immagine. Non dobbiamo infatti dimenticare che una riproduzione in scala di grigi ha la peculiarità di riprodurre in tonalità di grigio molto simili, o addirittura uguali, oggetti cromaticamente ben distinti. Da qui, forse, la sensazione di “piattezza” che affligge parecchie immagini monocromatiche che, evidentemente, non erano state sufficientemente “pensate” in bianconero.

E qui si apre un discorso solo apparentemente di “chincaglieria” fotografica, ossia riguardante gli accessori. Parlo, ovviamente, dei filtri. Meglio, dei filtri colorati, di contrasto. Quando fotografo a colori, non amo frapporre altri “vetri” fra la lente frontale dell’obiettivo e il soggetto. Abbandonati definitivamente Uv e skylight, dimenticato il diffusore che ho avuto la “debolezza” di comprare in anni remoti, indulgo qualche volta – senza eccedere – all’uso del polarizzatore circolare. Non ho mai preso in considerazione l’acquisto di filtri digradanti (che sarebbe forse meglio chiamare “degradanti”) o dei vari rainbow, cross screen e chi più ne ha ne metta.

Ma col bianconero il discorso, evidentemente, cambia. L’uso del filtro, se non esasperato, non “manipola” la realtà; anzi, contribuisce a ristabilire quella “differenza” che la riproduzione in scala di grigio può aver annullato. Diamo qui per scontata la conoscenza degli effetti del filtro di contrasto su un’emulsione bianconero: i colori simili diventano più chiari e si scuriscono i complementari. Così i colori “caldi” (giallo, arancio, rosso) scuriscono progressivamente il blu del cielo, evidenziando maggiormente la presenza di nubi, mentre il verde schiarisce, valorizzandola, la vegetazione.

Certo, il filtro colorato si presta anche ad interventi che vanno oltre la “correzione”, contribuendo per esempio, con l’esasperazione dei contrasti, ad una maggiore drammatizzazione della scena. Si tratta insomma di sommare al “riequilibrio” della gamma tonale una ulteriore connotazione, di utilizzare un diverso registro stilistico che possa trasmettere un messaggio emozionale in più.
Parallelo “azzardato” con la musica. Pensiamo ad uno stesso pezzo di musica classica affidato, di volta in volta, a strumenti diversi. Gli archi conferiranno probabilmente una sensazione di ariosa leggerezza, gli ottoni aggiungeranno forse una nota “guerresca”, l’oboe e il corno introdurranno un’atmosfera cupa…Pensandoci, quando si sceglie di “giocare” con la gamma tonale dei grigi si sceglie anche - e qui ritorniamo al “vedere in bianconero” - di conferire alla nostra immagine un “respiro” diverso. In questo è, a mio avviso, un grande maestro Sebastiao Salgado: mi torna alla mente un’immnagine idilliaca, quasi “religiosa”, di una comunità india nelle Ande, con una gamma infinita di grigi, dal bianco puro al nero profondo, che trasmette un’atmosfera quasi mistica.

user posted image

E, per converso, i toni duri, giocati sul contrasto esasperato e su una stampa “low key”, che caratterizzano quasi tutte le immagini di “Workers – La mano dell’uomo”.

Per quanto riguarda le osservazioni di Cristiano, sempre molto profonde e mai banali, devo ammettere che le mie argomentazioni nel post iniziali sono state - per necessità di sintesi - forse troppo "assolute", quasi che nel colore non fossero necessari rigore compositivo e attenzione all'essenza del soggetto. Quello della "distrazione" introdotta dal colore può essere semmai un "rischio", ma quello che mi sembra certo è che un'immagine monocromatica o si regge con le sue gambe sui contenuti formali, oppure crolla, mentre molto spesso un'immagine a colori, povera di contenuti, si "salva" ad un sommario esame estetico proprio in forza della cromia esasperata o particolarmente coinvolgente. Tornando al colore nel reportage, e restando a casa nostra (in Italia e fra nikonisti wink.gif ) basta scorrere un volume come "Uno sguardo discreto" di Galligani per ammirare uno stupendo esempio di reportage a colori.


Diego
teo
QUOTE(tembokidogo @ Feb 21 2006, 09:14 PM)
Quello della "distrazione" introdotta dal colore può essere semmai un "rischio", ma quello che mi sembra certo è che un'immagine monocromatica o si regge con le sue gambe sui contenuti formali, oppure crolla, mentre molto spesso un'immagine a colori, povera di contenuti, si "salva" ad un sommario esame estetico proprio in forza della cromia esasperata o particolarmente coinvolgente. Tornando al colore nel reportage, e restando a casa nostra (in Italia e fra nikonisti wink.gif ) basta scorrere un volume come "Uno sguardo discreto" di Galligani per ammirare uno stupendo esempio di reportage a colori.
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Secondo me il colore distoglie l'attenzione dal contenuto della scena, direi che "inganna" di più l'osservatore, è un'altra fonte di interesse che il b/n non ha, e per questo rende meno diretta una foto. Non voglio sminuire il colore, assolutamente! Anzi, bisogna saperlo domare e sfruttare in modo che non banalizzi la foto o attiri lo sguardo dell'osservatore in un altro punto. Come bisogna saper pensare in B/N, così bisogna saper pensare a colori.
Per ritornare sul B/N, stasera ho comprato una rivista che pubblica solo foto in B/N e presentava alcuni reportage di cui uno sulla guerra in Cecenia, uno sulla guerra in Iraq e uno sui tossicodipendenti del Pakistan. Foto così dirette da star male. Probabilmente a colori sarebbero state più morbide.
nuvolarossa
QUOTE(matteoganora @ Feb 21 2006, 03:20 PM)

La settimana scorsa, tramite un caro comune amico, ho comprato la mia prima macchina a pellicola, senza neanche il barlume di una pila dentro... tongue.gif

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Non ci posso credere...... blink.gif blink.gif blink.gif

Però in cuor mio sapevo che prima o poi sarebbe successo......
skyler
Altro thread molto interessante e vorrei dare. se ci riesco il mio piccolo contributo.
Fino ad alcuni anni fa, chi faceva foto usciva con 2 corpi uno con B&N e uno con Dia o colore.
Quale macchina prendere per fare il tale scatto? Beh dipende da cosa ci ha colpito. Se il colore è parte integrante dell'inquadratura si prende il corpo caricato a Dia. altrimenti il B&N, oltre ovviamente alla scelta dell'ottica.
Vi è certamente capitato un bel paesaggio al tramonto con luce e sfumature di colori interessanti?
Voi con che cosa scattereste la foto? Ma a colori ovviamente.
Allora si dovrebbe precludere l'uso del B&N ai paesaggi?
Il formato 35 mm. per una questione fisica non riesce cmq. a dare tutto il range dei grigi che ci sono. Cosa ci vorrebbe? Per me, una macchina a lastra 10x15 e sicuramente il paesaggio sarebbe come un pugno nello stomaco alla pari di una Dia densa di sfumature.
Ma non si può certo uscire a fare foto con 20 kg. di attrezzzature, poi diventa anche faticoso.
Per tornare in tema... B&N o colore? fare foto e guardare dentro il mirino ed usare la propria sensibilità nella composizione.
Se poi lo scatto fa schifo...........cestino e buonanotte.
matteoganora
Un altro aspetto che rende il Bn da pellicola secondo me così affascinante, è la stampa.

Le carte da stampa, disponibili in infinite varietà, camaleonticamente entrano in simbiosi con i risultati che vogliamo ottenere.

Sono rimasto di recente affascinato da una mostra di Seliger, stampe al Platino Palladio, carte che sembravano far uscire quelle immagini dal vetro per avvolgerti in un abbraccio di grigi.

La carta è dunque secondo me un grande veicolo, così come lo è in certi libri, ancor più importante nella raffigurazione di immagini, il supporto diventa parte integrante del processo di creazione dell'immagine.

In digitale si è persa la fase di stampa, e nei pochi casi si è mantenuta su livelli bassi, eliminando per lo più il laboratorio a favore di preconfezionate stampe da ink-jet.

Il fascino della Camera Oscura, la sensazione tattile di vedere l'immagine crearsi dal nulla, l'intervento manuale di mascheratura, sono fasi che oltre ad avere un indiscusso valore "poetico", danno un reale vaolre aggiunto, di artigianato, alla stampa BN.
Eliantos
QUOTE(matteoganora @ Feb 22 2006, 04:57 PM)
Il fascino della Camera Oscura, la sensazione tattile di vedere l'immagine crearsi dal nulla
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Aggiungerei olfattiva...come mi mancano quelle ore passate in camera oscura...
Faccio sempre più fatica ad accettare le stampe da 35mm b/n fatte con le macchine digitali...
Maurizio Mandarino
Grazie ragazzi...
per aver fatto battere il cuore, (come quando dopo tanti anni ti appare la tua amata ex all'improviso). Mi avete portato indietro alla mia prima F801 il mio primo amore a 16o17 anni, rullino BW, obbiettivo fisso 50 f1,8, e filtro giallo... guru.gif guru.gif guru.gif
dove gli mettiamo i filtri.
Io ero più contento del mio primo filtro yellow, che della macchina che mi regalarono.
Grazie per avermi fatto piangere il cuore. grazie.gif
Mau
__Claudio__
Ho letto ora tutti i contributi che si sono via via aggiunti e prendendo spunti un po' qua e un po' là vorrei aggiungere qualche considerazione, anzi prima voglio farne una che è di carattere generale. Oggi il B.N. sta tornndo in qualche modo "di moda". Il perchè è facilmente individuabile nel variare delle mode che si alternano e si sovrappongono. Il peggior servizio che possiamo oggi fare al b.n.è quello di relegarlo in una specie di sancta sanctorum senza che ve ne sia un reale motivo. Ho letto proprio in questi giorni interviste di fotografi anche di una certa importanza che si sono o si stanno chiudendo in una sorta di torre d'avorio da cui si affacciano di tanto in tanto per lanciare con sguardo di lassù per poi richiudersi in quella che loro pensano sia una posizione di privilegio conquistata sul campo, visto che per molti di loro il b.n. è stata in passato ed è tutt'ora l'unica espressione di un certo tipo di fotografia. Per come la vedo io questo tipo di approccio al b.n. è del tutto errato. Il b.n. si deve sentire dopo aver valutato il lavoro da compiere. Dopo aver soppesato se tutto il lavoro può essere fatto in bicromia o se non fosse in alcuni casi preferibile alternarlo. Capisco benissimo, visto che è il mio modo di esprimermi in certo tipo di foto, quanto si dice sulla forza intrinseca del b.n. è pur vero però, almeno qui fra noi si è stabilito giustamente, che una foto senza contenuti tale rimarrà anche in b.n. e un soggetto valido tale rimarrà anche a colori. Indubbia comunque a questo proposito, la forza intrinseca, quel quid in più che il b.n. riesce a dare a parità di contenuti. Il suo uso, come pefettamente dimostrato da Diego, può e deve essere migliorato attraverso i filtri di contrasto, accessori troppo spesso dimenticati e che sono invece indispensabili per far sì che vengano esaltate ora alcune caratteristiche ora altre affinchè diventino già evidenti ad una prima ricognizione quelle caratteristiche che l'autore vuol mettere in evidenza schiarendo, fino a sbiancarle, alcune cose o scurendole fino a farle divenire nere, altre. Osservate con attenzione la foto proposta proprio da Diego e capirete subito che se i cappellini e altri elementi presenti e perfettamente bianchi non fossero stati messi in risalto dal filtro adatto, il contenuto pur rimanendo di grande valenza documentativa, non avrebbe avuto il supporto di questa particolare tecnica di ripresa che nell'esempio appunto, trova il suo perchè staccando nettamente alcuni particolari.
Infine vorrei invitarvi a cercare e nel caso acquistare il catalogo della mostra promossa dall'agenzia Contrasto sulla produzione di James Nachtwey e chiamato "L'occhio Testimone" in cui, quello che io considero il più grande fotografo di reportage contemporaneo, usi indifferentemente il colore o il b.n. ma mai a caso. La sua scelta ha evidenti perchè. Ora mettendo in evidenza attraverso il colore e le ombre tappate quel che gli interessa o che vuol far sì che interessi lo spettatore, ora attraverso l'uso sapiente del b.n. perchè in quest'altro tipo di foto il colore non sarebbe servito ad aggiungere altro alla composizione se non elementi di disturbo. In questo caso si serve del b.n. per mettere a fuoco solo ed esclusivamente il contenuto (e qui torniamo alle considerazioni iniziali di Diego). Queto fa sì, secondo me, che il b.n. si stia rivalutando ai più alti livelli. Perchè come giustamente ha notato walter55, la produzione b.n. di oggi è sempre di altissimo livello.
logon
Ho letto i vostri interventi e ritengo comunque che su certi soggetti il contributo del B.N. sia fondamentale.
Certe immagini acquistano un'espressività formidabile.
Per non parlare dell'effetto drammatico che a volte si riesce ad ottenere giocando magari a scurire un poco il cielo.
Questa foto quando l'ho scattata l'ho subito immaginata quasi come la vedete, non l'avrei fatta a colori in quanto secondo me avrebbe reso molto meno .

tembokidogo
Domanda che spesso mi pongo e che dunque “giro” anche a voi: fino a che punto - dando per scontata la capacità di “previsualizzare” in monocromia l’immagine già al momento della composizione - la carenza dell’informazione relativa al colore induce ad un atteggiamento diverso e più “riflessivo” nella preparazione dello scatto?

In altri termini: quando scattiamo in bianconero prendiamo in considerazione tutte le variabili già ricordate nel fluire di questa discussione (per esempio il “riequilibrio” della gamma tonale attraverso i filtri di contrasto) e, in forza di questa valutazione, modifichiamo magari l’inquadratura o il punto di ripresa rispetto a quanto faremmo invece scattando a colori?

Tento di rispondere per quanto mi riguarda: di solito sì.

Diciamo che quando scatto in bianconero in genere non lo faccio “per caso”, perché in quel momento ho quella pellicola in macchina. In linea di massima utilizzo il colore (in prevalenza ormai digitale, ma non ho abbandonato le dia) per la fotografia naturalistica e di viaggio, e nel primo caso soprattutto le occasioni di effettuare uno scatto “meditato” sono piuttosto rare. Al contrario, quando esco con la mia scorta di Ilford in borsa di solito lo faccio con un “progetto” in testa, quasi con un canovaccio degli scatti che intendo fare. Con la disponibilità a “perdere più tempo” per ogni singola immagine, a “studiare” lo scatto come farebbe un giocatore di biliardo nel preparare il colpo. Forse è anche per questo che, scattando in b/n, preferisco utilizzare le ottiche fisse, meno “rapide” degli zoom ma più leggere, meno vistose, mediamente più luminose. E mi accade, appunto, di essere molto più esigente per quanto riguarda la preparazione dell’immagine, di cambiare spesso punto di ripresa prima di scegliere quello “giusto”, di valutare con maggiore attenzione la direzione della luce, la sua distribuzione, di utilizzare con maggior frequenza il pulsante per la previsualizzazione della profondità di campo. Addirittura, mi accade spesso, nella preparazione dello scatto, di pensare già ai passaggi successivi, allo sviluppo e soprattutto alla stampa, cercando di immaginare quali ulteriori correzioni (mascherature, bruciature) si renderanno necessarie per raggiungere un risultato almeno “simile” a quello immaginato.

E, a questo proposito, un altro quesito. Molti ritengono che il bianconero sia più “facile” della diapositiva, per quanto riguarda la composizione, in quanto è sempre possibile eliminare elementi di disturbo o modificare anche drasticamente l’inquadratura in sede di stampa, operando un taglio.

Pensate anche voi che sia così, quindi che sia consentita una certa “approssimazione” nell’inquadrare visto che è poi possibile correggere in stampa, oppure preferite un’immagine stampata a fotogramma pieno? Ho ovviamente una mia idea in proposito, ma mi piacerebbe leggere le vostre.

Diego
__Claudio__
QUOTE(tembokidogo @ Feb 22 2006, 08:06 PM)
......................................
Tento di rispondere per quanto mi riguarda: di solito sì. 

Diciamo che quando scatto in bianconero in genere non lo faccio “per caso”, perché in quel momento ho quella pellicola in macchina. In linea di massima utilizzo il colore (in prevalenza ormai digitale, ma non ho abbandonato le dia) per la fotografia naturalistica e di viaggio, e nel primo caso soprattutto le occasioni di effettuare uno scatto “meditato” sono piuttosto rare. Al contrario, quando esco con la mia scorta di Ilford in borsa di solito lo faccio con un “progetto” in testa, quasi con un canovaccio degli scatti che intendo fare. Con la disponibilità a “perdere più tempo” per ogni singola immagine, a “studiare” lo scatto come farebbe un giocatore di biliardo nel preparare il colpo. Forse è anche per questo che, scattando in b/n, preferisco utilizzare le ottiche fisse, meno “rapide” degli zoom ma più leggere, meno vistose, mediamente più luminose. E mi accade, appunto, di essere molto più esigente per quanto riguarda la preparazione dell’immagine, di cambiare spesso punto di ripresa prima di scegliere quello “giusto”, di valutare con maggiore attenzione la direzione della luce, la sua distribuzione, di utilizzare con maggior frequenza il pulsante per la previsualizzazione della profondità di campo. Addirittura, mi accade spesso, nella preparazione dello scatto, di pensare già ai passaggi successivi, allo sviluppo e soprattutto alla stampa, cercando di immaginare quali ulteriori correzioni (mascherature, bruciature) si renderanno necessarie per raggiungere un risultato almeno “simile” a quello immaginato.


Diego
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Guarda Diego, rigurado al tuo primo quesito mi ritrovo in parte in quello che tu fai. Come detto sul mio primo post credo, quando esco ho anch'io un progetto da portare a termine o da approfondire e per questo uso di solito due corpi caricati con la stessa identica pellicola. Cambia in parte il mio atteggiamento rispetto al tuo nell'approccio all'eventuale soggetto. In che senso: tornando ai due corpi, su uno monto di solito un 20mm o un 35 più raramente, con questo corpo che di solito è quello che più uso, riesco a fare le istananee, quelle particolari foto cioè, che ti si materializzano davanti agli occhi all'improvviso e che scatto d'istinto, senza mettere a fuoco perchè ho l'ottica impostasta in iperfocale e senza badare all'esposimetro perchè di solito è già impostato per quella luce. Apro parentesi, mi capita sempre cambiando strada e trovando condizioni di luce diverse, di preimpostare la coppia tempo diaframma per essere pronto, dovendo al limite, solo limare l'impostazione, chiusa parentesi.
L'altro corpo è di solito invece armato con l'80-200. Ti stupisci se ti dico che è proprio con questo che mi trovo a meditare di più la foto? Eppure è così, data l'eperienza che credo di avere, non bravura...esperienza, mi sono reso ormai conto che un soggetto che mi ha già da lontano stuzzicato la curiosità, lo studio da ogni angolo possibile e lo inquadro zoomando frequentemente ed incessantemente per isolarlo o annegarlo nel contesto, solo dopo che son convinto del taglio e della luce, scatto.
Per quanto concerne invece il tuo secondo quesito:

QUOTE
E, a questo proposito, un altro quesito. Molti ritengono che il bianconero sia più “facile” della diapositiva, per quanto riguarda la composizione, in quanto è sempre possibile eliminare elementi di disturbo o modificare anche drasticamente l’inquadratura in sede di stampa, operando un taglio.

Pensate anche voi che sia così, quindi che sia consentita una certa “approssimazione” nell’inquadrare visto che è poi possibile correggere in stampa, oppure preferite un’immagine stampata a fotogramma pieno? Ho ovviamente una mia idea in proposito, ma mi piacerebbe leggere le vostre

Visto che non mi ritengo un purista, sono sulla lunghezza d'onda di coloro che operano tagli in fase di stampa. A questo proposito mi è capitato addirittura di far diventare una foto scatta in orizzontale, in una stampa verticale. Ritengo sia non solo utile ma del tutto lecito "ripensare" già dal momento in cui si guarda il provino a contatto, operare scelte che possono andare dalla reinquadratura alla valorizzazione, attraverso eventuali bruciature se non si è riuscito nell'intento attraverso i filtri di cui si parlava, del soggetto.
Tutti vorremmo credo far nascere già in fase di scatto "la foto perfetta", sempre quella famosa esperienza mi ha insegnato che la perfezione non è di questo mondo, almeno del mio.
Quindi la risposta è: Si', è molto più difficile scattare in dia. Lì quel che c'è c'è. Se qiualcosa manca la foto è sbagliata, se qualcosa è in più, la foto è sbagliata lo stesso.
tembokidogo
Premessa doverosa: anch’io, come Claudio, ricorro ampiamente, in fase di stampa, a tagli anche “drastici” dell’immagine. A volte per eliminare particolari indesiderati che in fase di ripresa mi erano “sfuggiti”, spesso per modificare radicalmente l’inquadratura. “Solo gli stupidi non cambiano mai idea”, e così può darsi benissimo che quell’inquadratura che ci era sembrata articolarmente “azzeccata” nel mirino si riveli, proiettata sul piano di stampa, “debole” o comunque meno convincente di un’altra che solo in quel momento ci appare decisamente migliore. Quindi nessun purismo fuori luogo.

Detto questo, continuo a ritenere che il taglio in fase di stampa sia una “toppa” messa ad un’immagine che avrei dovuto meglio realizzare al momento dello scatto. Il mio “ideale” - al quale solo raramente riesco però a tenere fede - è quello di un’immagine in monocromia stampata come se fosse una dispositiva, senza possibilità d’appello. Un obiettivo al quale tendere, piuttosto che una prassi.

Devo dire che, in proposito, sono stato profondamente “condizionato” da un grande fotoreporter torinese (purtroppo scomparso da anni) al fianco del quale, giovanissimo cronista, ho avuto la fortuna di muovere i primi passi nel mondo dell’informazione, alla “vecchia” Gazzetta del Popolo.

Si chiamava Giovanni Perno. Alto, magro, quasi ascetico nell’aspetto. Riservato e gentile, da autentico gentiluomo piemontese qual era, ma capace di grandi slanci umani, dotato d’un pacato e sottile senso dell’ironia e di una infinita pazienza. Aveva iniziato con la Rolleiflex (delle sue "magìe" con la biottica si raccontavano meraviglie) ma quando l’ho conosciuto scattava con una Nikon F con pentaprisma semplice, senza esposimetro. Non gli ho mai visto consultare il Gossen che teneva in borsa, la luce per lui non aveva segreti.

Mi colpivano in particolare le sue stampe (il 18X24 era allora il formato minimo considerato “presentabile” in una redazione), che arrivavano sui tavoli della cronaca ancora umidi e odorosi di fissaggio. Erano tutte caratterizzate da una sottilissima cornicetta nera, il suo “marchio”: la prova che l’immagine era stata scattata a fotogramma intero, senza alcun taglio. Ricordo alcune sue foto: un’istantanea dei Beatles scattata durante una sosta del treno sul quale viaggiavano alla stazione di Torino, un intenso ritratto del bandito Cavallero “ritagliata” nella pausa di un processo, le sequenze drammatiche di una rivolta in carcere che - mistero mai svelato - lui solo era riuscito a documentare dall’interno. Senza contare il suo libro sul terremoto in Friuli, bellissimo e premiato.

Non saprei immaginare nessuna di quelle immagini “tagliata” in modo diverso o migliore.

Diego
__Claudio__
QUOTE(tembokidogo @ Feb 23 2006, 08:17 PM)
Detto questo, continuo a ritenere che il taglio in fase di stampa sia una “toppa” messa ad un’immagine che avrei dovuto meglio realizzare al momento dello scatto. Il mio “ideale” - al quale solo raramente riesco però a tenere fede - è quello di un’immagine in monocromia stampata come se fosse una dispositiva, senza possibilità d’appello. Un obiettivo al quale tendere, piuttosto che una prassi.
Diego
*



Capisco Diego, che il tendere a far sì che l'immagine scattata non abbia bisogno di nessun riquadratura sia un bisogno di perfezionamento della tecnica di ripresa e capisco anche che il tendere a questo risultato non possa che farci cresecere, fotograficamente parlando, fino a raggiungere una padronanaza del mezzo espressivo tale, da emulare le inquadrature di Giovanni Perno. C'è da dire che una tale pratica è riservata a quei pochi che sanno non solo gestire la loro attrezzatura nel modo più consono a quanto voglio comunicare con l'inquadratura ma che io personalmente ritengo un dono connaturato. Certo è che attraverso l'applicazione e lo studio sulle proprie immagini, si può e si deve imparare. Magari non si arriverà alla perfezione ma credo anche che pian piano, il numero di immagini da correggere o tagliare diventerà, con uno studio propedeutico, sempre minore.
Proprio per questo credo che lo scatto in diapositiva sia un punto d'arrivo più che un diverso modo di esprimersi. Oltre i contenuti, che sono alla base di una buona fotografia che non voglia essere solo bella, c'è la gavetta necessaria per imparare lo studio del taglio e della composizione che, in questo caso, non potrà essere più corretta. Oggi col digitale anche questo è possibile...ma questa è un'altra storia biggrin.gif
nuvolarossa
Io invece ritengo che sia molto più difficile scattare un'immagine in bianconero che una diapositiva.
In una dia quello che vedi nel mirino lo ritroverai nella pellicola, un po' più chiaro o un po' più scuro, ma comunque uguale (salvo errori smile.gif )... In bianco e nero NO! Prima di tutto non ritroverai i colori, poi i contrasti saranno percepiti in maniera differente, le tonalità modificate, il verde delle foglie potrebbe essere uguale al blu del cielo... Qui stà la difficoltà ed emerge la necessità di saper "vedere in bianco e nero", sapere il tale colore illuminato dalla tale quantità di luce che tonalità di grigio riprodurrà...
I tagli in fase di stampa sono niente in confronto a queste difficoltà.....
__Claudio__
QUOTE(nuvolarossa @ Feb 25 2006, 11:46 AM)
Io invece ritengo che sia molto più difficile scattare un'immagine in bianconero che una diapositiva.
.......................................................
I tagli in fase di stampa sono niente in confronto a queste difficoltà.....
*



Tutto verissimo Ste'! Infatti sono anch'io convinto che bisogna imparare a vedere in B.N. ciò non toglie che la composizione pre scatto sia una delle cose più difficili e che distinguono il fotografo dallo spingipulsante biggrin.gif . Trovo che i tagli in fase di stampa aiutino non poco. Resto dell'idea che sia molto più difficile comporre prima dello scatto che aggiustare poi.
Peve
QUOTE(tembokidogo @ Feb 20 2006, 06:47 PM)
...

1) Il bianconero “obbliga” chi lo osserva a concentrarsi sull’azione, sul soggetto, evitando “distrazioni”.

...

2) Nel bianconero la composizione è spesso l’unico “sostegno” dell’immagine.

*



Sicuramente hai ragione e, qui sul forum, dove tutti, chi più chi meno, analizzano le foto da fotografi (anche se è una parola grossa) nessuno ti potrà contraddire.
Nella vita di tutti i giorni, dove si ha a che fare con persone che ne capiscono poco, per me il concetto è rovesciato.
Mi spiego, ormai il B/W ha questo mito di poesia e arte che una qualsiasi foto anche la più comune, convertita in bianco e nero fa sempre la sua figura.
Ho visto con i miei occhi foto scattate direttamente in B/W con macchinette ultracompatte e superportatitili (quindi anche la conversione ti lascio immaginare com'era) e gente che diceva "ma che bella" oppure "in bianco e nero è tutta un altra cosa".
Non che a me interessi particolarmente il giudizio della gente ma mi rammarica il fatto che il B/W ormai è molto inflazionato, e non tutti sanno distinguere una "vera" foto in bianco e nero.
... per fortuna ci si può sempre rifugiare qui... wink.gif
.Eli.
QUOTE(__Claudio__ @ Feb 22 2006, 06:42 PM)
Il b.n. si deve sentire dopo aver valutato il lavoro da compiere. Dopo aver soppesato se tutto il lavoro può essere fatto in bicromia o se non fosse in alcuni casi preferibile alternarlo. Capisco benissimo, visto che è il mio modo di esprimermi in certo tipo di foto, quanto si dice sulla forza intrinseca del b.n. è pur vero però, almeno qui fra noi si è stabilito giustamente, che una foto senza contenuti tale rimarrà anche in b.n. e un soggetto valido tale rimarrà anche a colori.
*



3d interessante... grazie.gif

Eli
OkadaToru
QUOTE(Peve-146 @ Mar 4 2006, 07:28 PM)
....Non che a me interessi particolarmente il giudizio della gente ma mi rammarica il fatto che il B/W ormai è molto inflazionato, e non tutti sanno distinguere una "vera" foto in bianco e nero....
*



Questo che denunci tu, penso si possa ricondurre al problema della mancanza di cultura fotografica nel nostro paese, anche se, non serve un occhio allenatissimo per individuare una foto non "pensata" per il b/n.
Mi capita spesso di guardare una immagine e pensare : "ma dove son finiti i colori?" è questa la sensazione di "mancanza" di incompletezza comunicativa, che si ha difronte ad una "semplice" scoloritura di una foto.
La potenza del bianco e nero penso sia nella duttilità del mezzo, nella possibilita' di poter riconvertire, qualunque colore, qualunque sfumatura, ad uno specifico tono di grigio, sottolineando, incupendo, rallegrando tutto cio' che si trova all'interno del fotogramma.
Uno dei casi più popolari di questa possibilità del mezzo ne è Moonrise, di Ansel Adams, un paesaggio dove tutti i toni, sono modificati, spostati, fino a dare una rappresentazione non più letterale del soggetto, ma una rappresentazione interiore, unica, non reale, di quel paesaggio.
Anche una delle mie foto preferite, "Pepper" di Edward Weston, sembra voler testioniare ancora una volta quanto i toni del b/n possano essere il vero centro di attenzione di una foto ancora prima delle forme, creando un gioco di sinuosità in cui l'occhio si perde e le tonalità lo cullano l'occhio nel suo vagare.
Questa tecnica quindi ha senso di esistere non solo per le indubbie qualità delle stampe che produce, ma anche perchè consente al fotografo che la padroneggia di interpretare un pizzichino di più ciò che vuole comunicare.
E la comunicazione, è a mio parere ciò che contraddistingue l'arte da ciò che può essere chiamata "pratica sociale".

Saluti,
Vincenzo
FZFZ
Perchè in B&N?
Bhè credo che ognuno darà la propria interpretazione personale.
Concordo appieno con chi afferma che uno scatto in B&N và pensato in B&N....
Quando scatto a colori il colore stesso deve diventare parte dell'informazione che vorrei trasmettere attraverso la foto.
Il colore lo vorrei ( fossi bravo...)calibrare in modo tale che sia funzionale al messaggio che la foto si propone di dare.

La stessa cosa la penso per il B&N ma in maniera un pò più articolata...
Esistono miliardi di tipologie di B&N ed ognuno può essere più o meno efficce nel raccontare una determinata e specifica scena.
Attraverso i contrasti, la latitudine di posa, i grigi più o meno estesi, etc.

Il B&N in se per sè mi serve , personalmente, per astrarre dal momento contingente l'attimo fotografato.
Personalmente la vedo come un'astrazione: dalla realtà che osserviamo togliamo un'informazione (il colore) per osservare l'attimo "puro", l'essenza estratta dal tempo e dallo spazio concreto, tangibile di quella determinata situazione.
Un'irrealtà (il B&N) che trasforma l'attimo, paradossalmente, in qualcosa di ancora più concreto: l'attimo assoluto.
Lo rende eterno.
L'assenza del colore mi fà respirare ancor di più il profumo della scena.
Per questo è la street il genere d'eccellenza in cui il B&N è senza paragoni (per me!)

Non esiste , a mio parere, un modo migliore per cogliere l'attimo spogliato da qualunque orpello:rimane l'anima , la poesia del momento assoluto...il "click".

Buone foto! Fotocamera.gif

Federico.
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