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apeiron
Testimonianza e/o espressione? Mi interesserebbe moltissimo approfondire con voi il tema. Grazie a tutti guru.gif
enrico
Ciao,
non credo ci siano dubbi: entrambe le cose. La fotografia � la risultante di due componenti: il soggetto, quindi il mondo reale che � davanti all'obiettivo, ed il fotografo, con la sua cultura, la sua storia, il suo modo di vedere e di giudicare la vita, i suoi credi politici, religiosi, morali ecc. In ogni foto c'� un po' dell'uno ed un po' dell'altro. In una foto con intenzione documentaria, la componente "soggetto" � prevalente, anche se � in ogni caso presente la componente "fotografo" che, anche inconsapevolmente, fa comunque delle scelte. Potremmo dire che forse non esiste una foto documentaria al 100 %, ma una foto realizzata in un certo modo, pu� fornire moltissime informazioni ed acquistare valore di documento. Oggi forse si sottovaluta questo aspetto della fotografia, come appartenente ad un livello inferiore, meccanico e quindi non artistico. Invece credo che il valore della fotografia come testimonianza � unico ed insostituibile. Se osserviamo vecchie foto, � come se ci sporgessimo su di un balcone ad osservare "il passato"; entriamo nella "macchina del tempo".
Al polo opposti ci sono poi le foto tematiche dove il sogetto � solo una scusa, un pretesto attraverso il quale l'autore esprime le proprie idee, i propri sentimenti, le proprie sensazioni. In questo caso la componente "soggetto" � minima e prevale la componente "autore". La realt� diviene come la creta per lo scultore. Il significato della foto pu� essere molto distante allora dal significato della cosa fotografata. Si potrebbe parlare per giorni su questo affascinante argomento, andando a rivedere la storia della fotografia e del linguaggio fotografico. In questo periodo sto proprio divorando un certo numero di testi sulla storia della fotografia, veramente ben fatti ed interessanti. Penso che un appassioanto di fotografia non debba interessarsi solo di tecnica fotografica, ma anche di linguaggio e, soprattutto di storia della fotografia, per poter collocarsi fotograficamente e fare le proprie scelte.
Scappo perch� altrimenti faccio tardi a scuola.
Buona giornata
ENrico
Ciao
Enrico
apeiron
QUOTE(enrico @ Mar 8 2006, 07:34 AM)
Ciao,
non credo ci siano dubbi: entrambe le cose. La fotografia � la risultante di due componenti: il soggetto, quindi il mondo reale che � davanti all'obiettivo, ed il fotografo, con la sua cultura, la sua storia, il suo modo di vedere e di giudicare la vita, i suoi credi politici, religiosi, morali ecc. In ogni foto c'� un po' dell'uno ed un po' dell'altro. In una foto con intenzione documentaria, la componente "soggetto" � prevalente, anche se � in ogni caso presente la componente "fotografo" che, anche inconsapevolmente, fa comunque delle scelte. Potremmo dire che forse non esiste una foto documentaria al 100 %, ma una foto realizzata in un certo modo, pu� fornire moltissime informazioni ed acquistare valore di documento. Oggi forse si sottovaluta questo aspetto della fotografia, come appartenente ad un livello inferiore, meccanico e quindi non artistico. Invece credo che il valore della fotografia come testimonianza � unico ed insostituibile. Se osserviamo vecchie foto, � come se ci sporgessimo su di un balcone ad osservare "il passato"; entriamo nella "macchina del tempo".
Al polo opposti ci sono poi le foto tematiche dove il sogetto � solo una scusa, un pretesto attraverso il quale l'autore esprime le proprie idee, i propri sentimenti, le proprie sensazioni. In questo caso la componente "soggetto" � minima e prevale la componente "autore". La realt� diviene come la creta per lo scultore. Il significato della foto pu� essere molto distante allora dal significato della cosa fotografata. Si potrebbe parlare per giorni su questo affascinante argomento, andando a rivedere la storia della fotografia e del linguaggio fotografico. In questo periodo sto proprio divorando un certo numero di testi sulla storia della fotografia, veramente ben fatti ed interessanti. Penso che un appassioanto di fotografia non debba interessarsi solo di tecnica fotografica, ma anche di linguaggio e, soprattutto di storia della fotografia, per poter collocarsi fotograficamente e fare le proprie scelte.
Scappo perch� altrimenti faccio tardi a scuola.
Buona giornata
ENrico
Ciao
Enrico
*


Mi piace moltissimo quello che hai scritto, Enrico. Pi� tardi cerco di risponderti.Ho bisogno di rifletterci un p� su, con calma. E' un tema di grande interesse anche per me. Coltivo l'interesse per la fotografia da parecchio. Esso � nato, come penso accada spesso , non per il "medium", ma per il mezzo in quanto tale, per il fascino che questo esercita (una Nikon in mano, confesso senza pudori, � in grado di soddisfarmi ancora, spesso oltre ogni buon scatto). E' cos� anche per te?
Non potrei davvero separare il mio interesse per i maestri, per il linguaggio, per la storia della fotografia, dal piacere della macchina, dalla sua incredibile attrattiva.
Ci rifletto un p�.
Ciao biggrin.gif

enrico
Certo la macchina ha il suo fascino. Conservo ancora il fascino della macchina a foro stenopeico che mi costru� mio padre quando ero bambino e delle carte scadute che mi regalava e con le quali ottenevo impronte di piume, sassi e bottoni, esponendole al sole.
Ma non bisogna mai dimenticare che la macchina � il mezzo e non il fine. Il fine sono le fotografie e la diversa conoscenza che esse ci danno del mondo. Purtroppo ho conosciuto gente con macchine ed attrezzature costose, ma le cui foto lasciavano molto a desiderare (quando le facevano).
Non bisogna mai lasciarsi prendere la mano dallo strumento. Ho in soffitta un vecchio obiettivo di mio padre (io non sono pi� tanto giovane, ho visto passare 60 primavere... e altrettanti inverni). Questa estate voglio divertirmi a costruire una cassetta e sperimentare il calotipo. Ho del nitrato d'argento.
Buona serata
Enrico
apeiron
ciao enrico,
intanto ti ringrazio per aver risposto. Cominciavo a pensare che l'argomento non suscitasse alcun interesse.
Sono d'accordo con te: la macchina � il mezzo, non il fine. A me per� interessa anche indagare ci� che la macchina, la tecnica pi� in generale, � in grado di generare. Potremmo davvero essere coinvolti, cos� attratti verso la fotografia, con un atteggiamento di distanza dal mezzo, che la fotografia produce? Non sar� piuttosto che l'uno � indivisibile dall'altro? Al crescere dell'interesse dell'uno cresce l'interesse dell'altro.
Il mezzo tecnico ha un'innegabile fascino, perfino un'innegabile estetica, che non possono essere sottovalutati. Ma anche dell'altro. La tecnica, la macchina, non pu� certo esaurirsi in se stessa, sarebbe banale e inutile. Mi pare per� che non possa separarsi dal risultato, il fine, che tanto condiziona. Per andare sul concreto: non mi � indifferente, per come mi predispone, ma anche per i risultati, stampare con un Meopta o con un Durst M805.
Se stampi un calotipo fammi sapere.
Buona serata anche a te
enrico
Per tornare al titolo del tread, mi vien da pormi una domanda: una volta, manipolare una fotografia era cosa da pochi eletti, che dovevano saper armeggiare bene in camera oscura ed era richiesta una non indifferente manualit�. Oggi, con la diffusione dei programmi di fotoritocco, manipolare (e quindi alterare) una immagine � cosa alla portata di tutti. Questi interventi fanno perdere buona parte del valore di testimonianza alla fotografia. E mi chiedo ancora: visto che nella maggior parte dei circoli fotografici (e ci� forse � anche indotto dai concorsi) si mira alla foto "artistica", che fine sta facendo la foto documentaria? In quanti ci si dedica ancora ad una attivit� di documentazione?
Un'ultima riflessione: i concorsi fotografici (che comunque sono un ottimo stimolo all'attivit� fotografica), in che misura incidono negativamente (l'obiettivo di chi partecipa ad un concorso � quello di vincere un premio e quindi si fotografa "per la giuria") sul modo di fotografare e su di una libera ricerca di un modo vero, personale, di intendere la fotografia e quindi di fotografare?
Ciao
Enrico
apeiron
E' un percorso lento di evoluzione personale, secondo me Enrico. Non scarterei nulla, n� il circolo fotografico e neppure le foto fatte per la giuria. Mi sembra sempre di pi� che la fotografia sia quanto di pi� difficile da acquisire. Non parlo della tecnica, ovviamente. Si crede spesso che la grande foto dipenda dal luogo, dalla fortuna di essere nel posto giusto... Non credo sia cos�. Mario Giacomelli ha fotografato quasi sempre a Senigallia, e questo la dice lunga. E' un lento processo di educazione, non so dire meglio, di capacit� di sintesi, di che cos'altro?
Ciao
apeiron
Enrico, secondo te perch� non suscita interesse questa discussione? Mi preoccupa!
enrico
Sinceramente preoccupa anche me. A questo punto non vedo molta differenza fra lo scrivere sul forum ed il discuterne in privato. Mi sembra quasi il caso di chiudere il tread.
Ciao
Enrico
nisex
QUOTE(enrico @ Mar 8 2006, 07:34 AM)
Ciao,
non credo ci siano dubbi: entrambe le cose. La fotografia � la risultante di due componenti: il soggetto, quindi il mondo reale che � davanti all'obiettivo, ed il fotografo, con la sua cultura, la sua storia, il suo modo di vedere e di giudicare la vita, i suoi credi politici, religiosi, morali ecc. In ogni foto c'� un po' dell'uno ed un po' dell'altro.



Permettimi, Enrico, ma secondo me hai omesso una terza componente: la fotografia nel suo intrinseco, e cio� il foglio di carta su cui � stampata la foto; oppure, meglio ancora, "i destinatari" della foto.
la fotografia � triangolare: se fosse una semiretta, come dici tu, che va da A a B, essa si esaurirebbe con lo scatto e non avrebbe pi� nulla da dire.
la discussione � pi� che interessante, cos� come sono di alto profilo le vostre osservazioni... il fatto � che avendo aperto la discussione in "bar", sappiate che siamo destinati all'oblio e alla deriva.
nic

speriamo che l�a si riporti in tecniche fotografiche, dove altre volte si � discusso di contenuti della fotografia, oltre che di raffinatissime tecniche.
apeiron
nic, il tuo intervento mi suscita una domanda. Certo, i destinatari sono "la terza componente", come la chiami tu. Ma nello scatto, in quel momento decisivo, quanta consapevolezza c'� di questa terza componente? Voglio dire: non sara la fotografia un modo di vedere il mondo talmente intimo e personale, che, almeno nel momento dello scatto, il destinatario scompare completamente? La rivolgo anche a te Enrico.
ciao, wink.gif apeiron
apeiron
A proposito, perch� al bar siamo destinati alla deriva?
enrico
QUOTE(apeiron @ Mar 9 2006, 09:39 PM)
nic, il tuo intervento mi suscita una domanda. Certo, i destinatari sono "la terza componente", come la chiami tu. Ma nello scatto, in quel momento decisivo, quanta consapevolezza c'� di questa terza componente? Voglio dire: non sara la fotografia un modo di vedere il mondo talmente intimo e personale, che, almeno nel momento dello scatto, il destinatario scompare completamente? La rivolgo anche a te Enrico.
ciao,  wink.gif apeiron
*



Credo che anche in quel caso, fotografare per se stessi, un destiantario comunque c'�: se stessi. Quando rivediamo le nostre foto, non siamo pi� gli stessi di quando le abbiamo scattate. Specie se le osserviamo dopo molto tempo, spesso le foto ci ricordano non tanto il soggetto, ma come eravamo.
Ciao Nic. Non escludo la terza componente: sono convinto che la fotografia � comunicazione.
Buona serata
Enrico
enrico
L'intervento di Nic mi ha indotto ad una considerazione che mi sembra interessante. Parlando all'inizio di componente "soggetto" e componente "autore della foto", mi sono posto dalla parte del lettore (mi interesso di "lettura" della fotografia), quindi dalla parte della terza componente.
Se prendiamo come riferimento il fotografo autore, allora le componenti che vede sono "il soggetto" ed il possibile "fruitore". E, specie se spinto da motivi professionali (fotoritratto, matrimonio, reportage per un giornale ecc), costruisce il "segno" fotografico tenendo conto di queste componenti, ed in particolare delle aspettative del committente.
Se ci poniamo invece dalla parte del "soggetto" (ovviamente quando questo � una persona), questi vede il fotografo che gli � dinanzi e gli sta puntando la macchina, e pensa a chi vedr� la foto. E' per questo che si aggiusta la cravatta, si controlla la pettinatura e, pi� ancora, cerca di tenere un atteggiamento ed una postura tali da apparire come desidera che gli altri lo vedano.
E siccome esiste solo ci� che � visto, � percepito, in relazione al segno fotografico non ci possono essere che questi tre elementi ciascuno dei quali vede dal suo punto di vista gli altri due.
Buona notte
Enrico
nisex
per deformazione mentale (non professionale) non penso mai al soggetto che si aggiusta la cravatta o si pettina, poich� nella fotografia a cui penso io, il soggetto � per l'80% dei casi � passivo, oggetto. nel senso che non � consapevole di essere "nel mirino" del fotografo, n� immagina di essere ripreso.
nic
enrico
QUOTE(nisex @ Mar 10 2006, 01:13 AM)
per deformazione mentale (non professionale) non penso mai al soggetto che si aggiusta la cravatta o si pettina, poich� nella fotografia a cui penso io, il soggetto � per l'80% dei casi � passivo,  oggetto. nel senso che non � consapevole di essere "nel mirino" del fotografo, n� immagina di essere ripreso.
nic
*



Ed � l'atteggiamento giusto. E' un po' quello che accade in fisica con il principio di indeterminazione di Heisenberg: "Quando cerchiamo di misurare un sistema, siamo costretti ad interagire con esso e quindi lo alteriamo". Un soggetto che sa di essere ripreso, non � pi� spontaneo, � in un certo senso "alterato" dalla presenza del fotografo (pur se nel ritratto, entrano in gioco tanti fattori interessanti ed il rapporto fotografo-soggetto, se ben gestito, diventa fondamentale).
Anch'io amo fotografare cercando di non far sentire al soggetto la mia presenza.
Ciao
Enrico
apeiron
QUOTE(enrico @ Mar 10 2006, 07:24 AM)
Ed � l'atteggiamento giusto. E' un po' quello che accade in fisica con il principio di indeterminazione di Heisenberg: "Quando cerchiamo di misurare un sistema, siamo costretti ad interagire con esso e quindi lo alteriamo". Un soggetto che sa di essere ripreso, non � pi� spontaneo, � in un certo senso "alterato" dalla presenza del fotografo (pur se nel ritratto, entrano in gioco tanti fattori interessanti ed il rapporto fotografo-soggetto, se ben gestito, diventa fondamentale).
Anch'io amo fotografare cercando di non far sentire al soggetto la mia presenza.
Ciao
Enrico
*


complimenti Enrico, davvero molto bella
apeiron
Torno alla questione della "terza componente". Mi piace pensare che vi sia continuit� solo tra fotografo e realt�, selezionata attraverso lo sguardo, la cultura ...del fotografo. Che non ci sia posto per nient'altro.Semmai il fruitore � tema d'interesse del committente, come dice Enrico.Quante immagini vengono infatti scartate dal committente in modo che vi sia perfetta aderenza con i soui obiettivi? A meno che il fotografo non intenda piegare il reale, forzandolo verso uno scopo a priori.
Una fotografia che fin dall'inizio tenga conto anche del fruitore, mi sembra "viziata" fin dall'origine, perch� "al sevizio di". Non dico che non esista, esiste eccome! Mi interessa per� la prima, che mi parla innanzitutto del fotografo.
Cartier-Bresson, da questo punto di vista, � stato maestro anche in questo, Smith altrettanto. Roger Fenton ritraeva i campi di battaglia in Crimea senza i cadaveri, seguendoun progetto funzionale al governo inglese, che voleva fornire all'opinione pubblica un'immagine edulcorata della guerra, senza dolore. Cosa che non fece Felice Beato in India, per esempio.
Mi sembra allora che ogni volta che uno scatto tiene conto anche del fruitore, l� c'� un progetto"educativo", nel bene e nel male, che altera il contenuto della fotografia. Per questo lafotografia � mezzo delicato, affascinante, perfino pericoloso.
E' un piacere parlare con voi. biggrin.gif
enrico
Condivido appieno quanto dici. Il bello del fotoamatore � di non dover sottostare a nessuna committenza. E' quindi libero di esprimersi come meglio crede.
E' anche per me un piacere questa discussione, purtroppo fra... pochi intimi.
Ciao
Enrico

__Claudio__
QUOTE(apeiron @ Mar 7 2006, 11:03 PM)
Testimonianza e/o espressione? Mi interesserebbe moltissimo approfondire con voi il tema. Grazie a tutti guru.gif
*



Mi dispiace aver scoperto solo ora questa bella e istruttiva discussione. Mi rifaccio quindi alla prima domanda lasciando a dopo la lettura approfondita dei vostri interventi.
Io penso che la fotografia sia ambedue le cose e pu� senz'altro essere utilizzata in ambedue gli ambiti. Certamente nata per la prima necessit�, si � via via trasformata anche come necessit� della seconda. Questo non eclude certo che attraverso l'esprimersi propio di ognuno, questo non possa servire anche a testimoniare, anzi credo che il coniugare la propria espressivit� con la testimonianza sia la summa del mezzo: fotografia.

P.S. Sposteri volentieri la discussione dal bar ma aspetto che nella sezione cultura, dove troverebbe posto adatto venga aggiunto uno spazio apposito.
nisex
Cari, forse non mi sono spiegato al meglio.
non prendete troppo sul serio il concetto di terza componente.
il destinatario, che come ha detto Enrico pu� essere anche il fotografo stesso, � elemento essenziale ed intrinseco della fotografia stessa. � questo che volevo dire.
se fate una foto, non la guardate neanche voi e la chiudete in un cassetto, potete dire di aver fatto una foto? la foto stessa esiste? la mia modesta opinione �: no, non � in natura.
il committente � una corruzione di terza componente.
la fotografia non esiste senza il fotografo, non esiste senza il soggetto/oggetto, non esiste se un terzo (che pu� essere anche il fotografo dopo aver dismesso le sue vesti) non posa il suo sguardo su quel foglio di carta.
piccolo esempio. cito HCB o Eugen, cari ad aperion: tutte le foto che hanno scattato e magari messo in un cassetto, e che nessuno di noi ha visto, esistono?
nic
toad
QUOTE(enrico @ Mar 9 2006, 07:14 PM)
Mi sembra quasi il caso di chiudere il tread.


Neanche per idea! biggrin.gif
Uno dei thread pi� interessanti letti ultimamente.
Fatemelo leggere bene e poi dir� la mia.

Claudio, appena puoi, spostalo dal bar.

toad
Eccomi.

Innanzitutto � stato un piacere leggervi.
Ho letto cose interessantissime che condivido quasi in toto.
Vado a ruota libera e senza un preciso ordine.

Secondo me, sostanzialmente e parafrasando Gaber, la fotografia �� partecipazione�. In senso lato ma assoluto. E quindi � sia testimonianza che espressione. Mi spiego. Qualunque sia il genere, � indispensabile che il fotografo partecipi e sia �dentro� l�immagine nel suo percorso completo, anzi in molti casi anche prima.
Certe immagini nascono nella mente e solo dopo si cerca di realizzarle. Questo ovviamente, ma non sempre, pu� non valere per il reportage puro (vedi, ahim�, le foto di guerra). Il fotografo dovrebbe sempre cercare di essere un tutt�uno con il soggetto, sentirlo, cercare di capirlo e naturalmente interpretarlo secondo la propria personalit�. E questo, ripeto, secondo me vale per tutti i generi. Anche in uno still-life si pu� comprendere bene l�approccio del fotografo verso gli oggetti fotografati, la cura nell�allestire il set, le luci, l�inquadratura e quant�altro, in sostanza la personalit� del fotografo.
Questo vale ancora di pi�, anzi in modo totale, nel ritratto dove il rapporto fotografo-soggetto � imprescindibile per l�ottenimento del risultato desiderato. Occorre veramente conoscere il soggetto ed istaurare con lui un rapporto. E� compito dell�autore far sentire a proprio agio il soggetto.
D�altra parte se � vero il principio di Heisenberg (quanti ricordi dei miei giovanili studi di fisica�) � anche vero che l�alterazione del sistema/soggetto inteso come persona avviene anche con una semplice conversazione o con un rapporto qualsiasi. Con la fotografia indubbiamente l�alterazione � maggiore perch� comunque il soggetto si sente in qualche modo �catturato�. Da qui l�abilit� della persona/fotografo nell�ottenere il risultato voluto. Generalmente, a mio avviso, il sistema migliore � l�umilt� nell�approccio. Cos� facendo nasce il vero ritratto che, a parit� di soggetto sar� ovviamente diverso a seconda di chi fotografa. Diversamente si fa una bella istantanea che pu�, sia ben chiaro, essere validissima. Ma non sar� mai un ritratto, che peraltro � genere difficilissimo proprio perch� in qualche modo il fotografo diventa soggetto egli stesso. Questo per prendere ad esempio il genere ritratto.

La tecnica e l�apparecchiatura. Sono il primo a sostenere a spada tratta che la macchina � solo un mezzo e detesto le discussioni tecniche (test MTF e quant�altro) fini a se stesse. Dei miei scatti ricordo a malapena la macchina e l�obiettivo usato, ma non sempre. Per� indubbiamente anche io subisco il fascino dell�oggetto. Fotografando da quarant�anni ed avendo avuto anch�io questa passione in comune con mio padre, possiedo attualmente un tot di apparecchi di epoche e formati differenti. Li ho utilizzati quasi tutti arrivando alla conclusione che ciascuno ha un suo proprio e specifico �feeling�. Sono portato a pensare che, in qualche modo, la foto possa essere influenzata anche dall�apperecchio. L�approccio con il soggetto che si ha con una Rolleiflex o con una Hasselblad � diverso da quello che si ha con una telemetro o con una reflex. Prescindendo che ciascuna � tendenzialmente destinata ad uno specifico genere.

Volendo �partecipare� l�immagine nel suo percorso completo non si pu� prescindere dalla tecnica, intesa come conoscenza degli strumenti e non come fonte di circonvoluzioni mentali che resteranno sempre fini a se stesse impedendo di produrre immagini significative o, addirittura a non produrle. Questa nostra amata disciplina, se vuol essere compresa o almeno appresa nel suo insieme ci porta necessariamente, volendo approfondire, ad interessarci di varie branche: ottica, geometria (prospettiva e inquadratura), chimica ed oggi informatica. Orizzonti veramente vasti e affascinanti che talvolta ti permettono di entrare ancora di pi� dentro il soggetto ("Blow Up" docet...). Ma occorrono anche il cuore e la sensibilit�. Diversamente non si va da nessuna parte.
In sostanza, fare una foto � semplicissimo, fare una bella foto richiede gi� un certo impegno, fare una foto significativa per noi e potendo per gli altri richiede un impegno totale. Partecipazione, appunto.

Mammamia! Solo ora mi accorgo di quanto ho scritto�! Per�, per� non taglio nulla.
Alla prossima puntata le mie considerazioni sulla �terza componente�.

Grazie a tutti voi per lo spunto che avete offerto e un caro saluto.

Guido
Renzo74
che dire... � un thread bellissimo, complimenti!

finalmente un po' di sane, genuine, pure, spesse disquisizioni circa la fotografia senza tirare in ballo ottiche e megapixel. Leggervi � stato un piacere che spero di avere ancora.

relativamente alla domanda concordo pienamente con quanto gi� scritto da voi, ma non aggiungo altro perch� non ho la vs esperienza e non vorrei essere banale.
apeiron
felice che siate arrivati Claudio, Nic, Toad, Renzo. Via aspettavo.
apeiron biggrin.gif
Renzo74
grazie!
per� adesso vado a dormire, a domani!
apeiron
Toad, credo che anche il reportage puro, perfino la fotografia di guerra, non si sottragga da una precisa "scelta" di chi fotografa.Tale scelta �, in fondo, una scelta culturale. Anche in una situazione estrema, io credo, vi � un margine in cui operare una scelta. Dentro quel margine c'� la storia, il cuore, la profondit� o la superficialit� di chi fotografa. In una situazione estrema, apparentemente, non c'� il tempo di pensare, di organizzare una inquadratura, di scegliere cosa inquadrare... Si suppone che lo scatto sia quasi un automatismo, senza scelta. Una serie di frammenti in cui il tempo del pensiero si annulla. Ma sar� cos�?
nisex
snocciolare a fondo la questione di quale sia la funzione della fotografia � dura. molto dura.
cercher� di fare un velocissimo excursus scrivendo tutto quello che la mia memoria richiamer�, quindi perdonate ogni slegatura o flash isolati.

anche Toad nel suo intervento ha dichiarato, o almeno credo di aver capito cos�, quali siano le proprie intenzioni fotografiche: costruire un'immagine nella mente e tentare di riprodurla attraverso il mirino.
non a caso porta come esempio ritratto e still life, generi questi che, per certi versi, hanno zone di sovrapposizione. in effetti la fotografia nasce per rendere i ritratti ad olio pi� realistici.
il primo esempio di fotografia �, guardate un p�, una natura morta (La tavola apparecchiata di Nicoforo Niepce, 1822 circa), le prime commercializzazioni si sono avute con ritratti collettivi di famiglia e non: costava meno di un quadro e il fotografo era molto pi� veloce del pi� rapido dei pittori. e, sempre non a caso, spesso chi sceglieva di dedicarsi alla fotografia aveva un trascorso "pittorico" alle spalle: questo � anche uno dei maggiori argomenti dei detrattori della fotografia sostenendo che ad essa si sono rivolti "artisti" falliti, per lo pi� paesaggisti. per costoro, i detrattori, la fotografia non pu� essere considerata arte, ma semplicemente un mestiere.
comunque � proprio grazie a questi pittori falliti che la fotografia ha avuto un immediato successo. tutti bene o male avevano conoscenze anatomiche, fotografiche (nel vecchio significato antesignano: conoscenza della scrittura della luce), gusto compositivo.
quindi si pu� dire che still, ritratto e paesaggio sono i capostipiti della fotografia vivi e vegeti a tutt'oggi.
successivamente la scienza si � rivolta alla fotografia. un immagine pu� dire meglio di una pagina fittamente scritta: � cos� che la fotografia nell'ultimo terzo del 1800, dopo appena mezzo secolo di vita, diviene ancilla e strumento essenziale per gli antropologi. non si va in Africa senza fotografo-segreatrio; qualcuno ricopre entrambi i ruoli egregiamente. si passa dalle prime fasi sperimentali ad una fase di testimonianza e archiviazione. solo testimonianza, nessuna espressione, nessun sentimento (forse giusto un p� di disprezzo i gruppi aborigeni).
un esperimento incredibilmente cinico, ma allo stesso tempo molto affascinante, fu fatto agli inizi del 1900, credo 1920, in una prigione in Congo: fu preso un prigioniero, portato in una stanza e legato ad una sedia; macchina su cavalletto di fronte ai suoi occhi. Gli fu detto che si trattava di una modernissima arma da fuoco e che lui sarebbe stato ucciso: titolo della foto "la morte negli occhi". spero di riuscire a ritrovare questa foto e a postarla. � impressionante di come sia stata costruita un'immagine cos� forte, neanche un attore sarebbe stato in grado di riprodurre il terrore nello sguardo di quel povero cristo.

.... adesso vado a dormire... continuo domani con la seconda parte sperando di postarvi qualche foto richiamata.
e cos� avrete anche ilo tempo di digerire queste mattonate che sto scrivendo.
nic
Gianni_Casanova
Vorrei partecipare anch'io a questo interessante dibattito con un intervento che in parte avevo gi� inviato in un'altra sezione:
Vorrei aggiungere qualcosa a questo interessante dibattito..Deriva dalla filosofia ed ha a che fare con la costruzione del senso che � poi quello che facciamo nel momento in cui fotografiamo: riproduciamo un pezzo di realt� e gli diamo un significato utilizzando strumenti tecnologici (se capiter� approfondir� in seguito questa parte nel senso che occorrer� chiederci se siano solo strumenti o stiano diventando prolungamenti dei nostri sensi) e culturali. Per questi ultimi ognuno di noi possiede degli archetipi d'immagine, di struttura, di costruzione del significato a cui tende nella vita quotidiana e in particolar modo quando cerca di interpretare la realt� come nella fotografia.
Nel mondo occidentale ci portiamo dietro la nostra cultura , appunto,occidentale fatta di palazzi che abbiamo visto e studiato, di quadri, di musiche, di citt�, di relazioni, di legami col territorio, di odori, di sapori che utilizziamo continuamente per dare un significato a quello che ci circonda: notiamo che ve ne sono di molti particolari che attengono alla sfera individuale, ma ve ne sono altri, pi� importanti, che fanno parte dell'immaginario collettivo a cui tendiamo socialmente, come gruppo di individui e che attengono alla sfera sociale: insieme, l'individuale e il sociale, determinano il nostro modo di vedere e interpretare la realt� e quindi di fotografare.... ora mi fermo ch� rischi di diventare noioso..,
ciao Gianni

PS: mi riservo un attimo di tempo perch� volevo sviluppare i concetti di tecnica e tecnologia che a mio avviso sono fondamentali nel rapporto persona-immagine: basta pensare a quanto ha condizionato lo sviluppo umano la tecnologia-libro; interessante anche il rapporto autore-immagine-fruitore....
al85
Mi inserisco volentieri in questa interessante discussione proponendovi un "ottica" personalissima e un po diversa su quello che � la fotografia.
L'occhio nel mirino da una sensazione al cervello che lo porta a decidere di scattare e a dar vita ad una immagine che nel momento stesso ha fine.
Indipendentemente dal fatto che finisca in un cassetto venga stracciata o finisca visionata x il mondo ha avuto x l'autore un momento particolare.
Ovviamente la tecnica, l'idea, fanno in modo che l'immagine assuma una certa importanza o un certo valore, sia che la faccia appartenere alla "foto documento" o alla "foto arte" o ad altro ma, gi� lo stesso autore osservando l'immagine pu� avere una sensazione diversa da quello che ha visto attraverso il mirino e il fatto che la chiuda in un cassetto o la stracci ne da gi� una certa valorizzazione.
Ma nel momento in cui decide per� di renderla partecipe alle altrui sensazioni entra gi� in una seconda fase che, ed � questo che voglio mettere alla vostra attenzione, non riguarda + l'immagine ma le sensazioni che essa riporta, un po' come osservare una donna x la sua bellezza o eleganza o altro ma senza conoscerla.
Per finire cerco di spiegarmi meglio col classico esempio del pittore che dipinge il paesaggio e finito si domanda se al quadro non manchi qualcosa e deducendo che x essere completo manca il pittore che dipinge il quadro lo ridipinge con se stesso che sta dipingendo il paesaggio ma inevitabilmente si accorge che manca sempre qualcosa e cosi via via,x farla breve, verso una sorta di infinito.
Ovviamente il paesaggio � l'immagine e i vari pittori che si aggiungono al quadro sono i vari "osservatori" che leggono l'immagine del fotografo.
La mia osservazione finale � che il paesaggio � quello che fondamentalmente il pittore voleva realizzare e che le aggiunte dei vari pittori non sono altro che il ricercare qualcosa di approfondito perdendo di vista il paesaggio stesso.
L'immagine che l'autore mette nel cassetto straccia o rende visibile a tutti � la stessa identica immagine a prescindere dalla scelta che l'autore fa di essa il resto � la conseguenza della scelta dell'autore che esula dall'immagine stessa se non x il fatto che sia proprio il paesaggio a dover attirare l'attenzione restando soltanto un paesaggio e non aggiungendo infiniti pittori che ovviamente necessitano x rivalutare una composizione sempre + ampia ma cha hanno sempre meno a che vedere col paesaggio anche se allarga le vedute.
Tutta sta pappardella x esprimere 2 minuti di concetto su un ponto di vista di cosa sia la fotografia.
Scusandomi x l'opinione del tutto personale un saluto a tutti.


nuvolarossa
Mamma mia che discussione interessante!
Ho quasi paura ad infilarmici... Ho letto tutto di un fiato!

Secondo me la fotografia � testimonianza ma anche espressione. Anche la fotografia cosiddetta "di testimonianza", ossia il reportage, alla fine non � altro che espressione del fotografo che partecipa all'evento, ma anche dell'osservatore finale.
La stessa scena di guerra, o di una manifestazione, ripresa da reporter con sensibilit� diverse verr� interpretata in modi diversi. Anche nelle scene "punta e scatta", dove il tempo di pensare � ridotto al minimo, il nostro istinto ci porta a riprendere la scena con il nostro punto di vista.
Quindi, inevitabilmente, anche la fotografia di testimonianza ha una propria componente espressiva, derivata dalla cultura, dall'educazione ed in genere dalle cosiddette "sovrastrutture" del fotografo stesso...
Non dimentichiamo poi chi del messaggio fotografico ne fruisce: la stessa foto vista da persone diverse, susciter� inevitabilmente sensazioni diverse.

_Nico_
QUOTE(TOAD @ Mar 10 2006, 11:49 PM)
Secondo me, sostanzialmente e parafrasando Gaber, la fotografia �� partecipazione�. In senso lato ma assoluto. E quindi � sia testimonianza che espressione.

QUOTE(apeiron @ Mar 11 2006, 02:15 AM)
Toad, credo che anche il reportage puro, perfino la fotografia di guerra,  non si sottragga da una precisa "scelta" di chi fotografa.Tale scelta �, in fondo, una scelta culturale.

Come avete detto in molti, non v'� foto 'documentaria' che possa essere totalmente priva d'una componente 'espressiva'. Ma ci� vale anche nel caso opposto: non v'� foto 'espressiva' che possa essere totalmente priva d'una componente 'documentaria'.

Forse bisognerebbe mettere a fuoco il concetto di "realt�" e di conseguenza anche quello di "documento". Mi sembra si dia per scontato cosa sia la realt�, dimenticando che per noi -per noi uomini, intendo dire- � sempre e comunque interpretazione...

Anche la foto pi� "documentaria" possibile � portatrice d'una ideologia, d'una interpretazione: si d� per presupposto che la realt� sia una e oggettiva, che si possa descrivere qualcosa senza interpretarla, che l'oggetto vada fotografato �cos� com'� (o come appare? E com'� l'oggetto �cos� com'�? smile.gif), e cos� via...

QUOTE(apeiron @ Mar 8 2006, 09:44 PM)
...la macchina � il mezzo, non il fine. A me per� interessa anche indagare ci� che la macchina, la tecnica pi� in generale, � in grado di generare. ...

Leggendo queste righe di Apeiron (un saluto, caro indefinito...) m'� venuto in mente un signore oggi un po' fuori moda: Mc Luhan. Egli sosteneva che �il mezzo � il messaggio�. Qual � il messaggio intrinseco al mezzo fotografia? Lascio la risposta a Mc Luhan: �isolare nel tempo momenti singoli�. E la successiva domanda che mi pongo -considerato il successo della parola "realt�"- �: �isolare nel tempo momenti singoli � "reale"?�. Non � gi� questa, piuttosto, la prima, decisiva interpretazione? smile.gif

Insomma, il fotografo come collezionista d'istanti... smile.gif

E, forse, oggi pi� che mai: registrare la continuit� dell'azione nel tempo � alla portata di tutti. Scegliere dunque una qualche fotocamera -rispetto a una qualche cinepresa/videocamera- � anzitutto proprio scegliere d'isolare nel tempo l'istante...
__Claudio__
QUOTE(apeiron @ Mar 11 2006, 01:15 AM)
Toad, credo che anche il reportage puro, perfino la fotografia di guerra,  non si sottragga da una precisa "scelta" di chi fotografa.Tale scelta �, in fondo, una scelta culturale. Anche in una situazione estrema, io credo, vi � un margine in cui operare una scelta. Dentro quel margine c'� la storia, il cuore, la profondit� o la superficialit� di chi fotografa. ...................................................................



QUOTE(nuvolarossa @ Mar 11 2006, 08:50 AM)
........Secondo me la fotografia � testimonianza ma anche espressione. Anche la fotografia cosiddetta "di testimonianza", ossia il reportage, alla fine non � altro che espressione del fotografo che partecipa all'evento, ma anche dell'osservatore finale.
La stessa scena di guerra, o di una manifestazione, ripresa da reporter con sensibilit� diverse verr� interpretata in modi diversi. .....................................



QUOTE(_Nico_ @ Mar 11 2006, 12:16 PM)
........................................................................

E, forse, oggi pi� che mai: registrare la continuit� dell'azione nel tempo � alla portata di tutti. Scegliere dunque una qualche fotocamera -rispetto a una qualche cinepresa/videocamera- � anzitutto proprio scegliere d'isolare nel tempo l'istante...
*



Da vari interventi mi sembra che si possa comunque trarne almeno un risultato che sembra accettato. La scelta di un'inquadratura invece di un'altra, la scelta addirittura se sia o no conveniente quel tipo di inquadratura e se sia funzionale alla propria visone della scena, � comandata, pi� o meno consapevolmente, dal retroterra culturale del soggetto primario della foto: il fotografo. Da lui parte infatti l'idea, ma la realizzazione � figlia dalla sua cultura, sensibilit� e perch� no anche dalla sua appartenenza politica che comunque condiziona il suo sentire, e che condiziona, forse anche qui inconsapevolmente, la scelta non solo se valga la pena lo scattare, ma anche la scelta dell'angolazione, della parte da inserire nell'inquadratura e della finalizzazione che l'attimo fermato avr� su chi la osserva.

P.S. Sposto per ora la discussione in Tecniche, anche se qui la tecnica poco o punto ci entra...poi si vedr�.
enrico
Finalmente la discussione � partita. Grazie a tutti per gli interessantissimi interventi. Apeiron, non � pi� una chiacchierata a due! Hai dato il via ad una bella discussione.
Poich� mi sembra in tema col discorso sulle tre componenti, allego una delle schede che preparato ed ho consegnato alla fine di un corso sulla lettura dell'immagine (secondo la metodologia della lettura strutturale) che ha per soggetto una foto tematica dove si vede (ho segnato in neretto le osservazioni in proposito) come il significato della cosa fotografata pu� essere nella realt� molto diverso dal significato della foto che, nella foto tematica in particolare, � l'idea dell'autore.
In questo caso la foto � osservata dalla componente "fruitore" che vede le altre due "soggetto" ed "autore" e cerca di risalire al significato della foto (il segno).
Buon pomeriggio
Enrico
enrico
Dopo le due pagine del pdf precedente, una immagine di Robert Doisneau dove una appropriata scelta del punto di vista e mette in relazione le due statue dando all'immagine una significazione maliziosa che � tutta e solo nella mente dell'autore.
Come altro esempio di costruzione di un significato nell'immagine, utilizzando soggetti che quel significato non hanno ma che lo acquistano ad opera del fotografo. In una foto documentaria, si cerca, per quanto possibile, di far coincidere il significato della foto con quello della foto rappresentata.
In alcuni casi invece, l'autore pu� cercare di ingannare il lettore (e qui entriamo nel campo "etica e fotografia") cercando di far credere che il significato della foto coincida con quello della cosa rappresentata. Argomento questo che giustifica l'importanza dell'educazione alla fotografia, purtroppo assai trascurata dalla scuola, nonostante l'immensa diffusione di essa.
Enrico
P.Pazienza
QUOTE(apeiron @ Mar 7 2006, 11:03 PM)
Testimonianza e/o espressione? Mi interesserebbe moltissimo approfondire con voi il tema. Grazie a tutti guru.gif
*



Discussione molto interessante...

Credo che testimonianza ed espressione sono naturalmente obbligati a coesistere (a volte forzatamente) all'interno di una stessa immagine, anche se possono assumere "pesi" molto diversi a seconda del contesto specifico di produzione e di ricezione dell'immagine fotografica.

cerco di spiegarmi meglio

La fotografia � sempre una testimonianza del mondo, di una situazione o di un evento che deve essere necessariamente reale perch� per esistere non pu� prescindere dalla registrazione dell'impronta lumisosa emessa o riflessa dal soggetto (referente). Da questo punto di vista la fotografia pu� essere definita come un segno ottenuto per connessione fisica, come l'orma che un piede lascia sulla sabbia, cio� un segno generato direttamente dal suo referente e fisicamente costretto a corrispondere punto per punto ad esso. Per questo motivo il minimo che una foto pu� fare � testimoniarne l'esistenza, data la capacit� di fornire, su di un supporto cartaceo bidimensionale, un�imitazione pressoch� perfetta dell�oggetto che ha il compito di riprodurre.

Il semiologo americano Charles Pierce chiamava questa classe di segni con il nome di indice e li distingueva dalle icone e dai simboli. Per esempio, se � possibile dipingere un quadro, cio� una icona, senza essere fisicamente presenti alla scena rappresentata lo stesso non si pu� dire di una fotografia: posso dipingere un paesaggio esotico stando comodamente seduto nella mia stanza, basandomi sul ricordo e sulla memoria di quel luogo ma per fotografare lo stesso paesaggio devo per forza di cose esserevi presente, devo essere parte della scena. In altre parole, la fotografia � una emanazione diretta del reale, anzi citando Roland Barthes, � "una doppia posizione congiunta di realt� e di passato" perch� "l'istante decisivo" � gi� trascorso e non si ripresenter� mai pi�, questo fa si che la foto sia una rappresentazione sempre "in differita" della realt�, anche quando la rivediamo subito dopo lo scatto sul monitor di una reflex digitale!

D'altro canto, come � gi� stato ricordato, la fotografia per quanto sia un processo automatico ed automatizzato, non pu� "farsi" da sola ma dipende da precise scelte del fotografo che interpreta la realt� ed esprime, consapevolmente o meno, la sua particolare visione del mondo. Il fotografo � parte del dispositivo: la parte razionale e cosciente che assolve la funzione di operare delle scelte determinando e condizionando cos� l�intero atto fotografico. L'idea che l'autore vuole esprimere sar� cos� parte integrante del significato della fotografia e, inevitabilmente, ne indicher� una precisa modalit� di interpretazione: quella pi� vicina alla personalit� del fotografo.
Il fotografo quindi agisce sempre nei confronti della fotografia sia tecnicamente che culturalmente modificando la forma finale che questa assume attraverso la selezione dei parametri tecnici del fotografare: illuminazione, inquadratura, messa fuoco, tempo di otturazione, apertura del diaframma eccetera. Ad ogni variazione di tali parametri corrisponde una variazione dell�aspetto della struttura formale assunta dalla fotografia la quale, a sua volta, contribuisce a determinare il senso che l�osservatore autonomamente attribuir� all'immagine.
E qu� finalmente il cerchio si chiude perch� sar� soprattutto chi osserva la fotografia, e si interroga criticamente cercando di attribuirle un senso, che decider� di volta in volta se in una immagine prevale il valore di testimonianza o di espressione.

my two cents
walter55
Wooffhh...
fatemi un attimo riprendere fiato... smile.gif

Dunque.... 3 componenti! Tre componenti?
Il fotografo, il soggetto, e il "commitente/destinatario"?

Mi sa che ce n'� un'altra: la Storia.

Mi chiedo, e vi chiedo, morto il fotografro, sparito il soggetto, scomparso il committente, cosa ne � dell'immagine, cosa � diventata? Panta rei... o tutto, alla fine resta com'�? Dell' "attimo" che abbiamo "fissato" cosa � rimasto... o inneschiamo "menzogne" a miccia lunga, dandole in pasto (nel senso di "impastare") a storici, critici ed ideologi, o semplicemente alla nostalgia e al ricordo?

Per altre considerazioni (considerazioni?... diciamo "domande", che � meglio rolleyes.gif ), lasciatemi un po' di tempo... le sinapsi c'hanno ancora il fiatone biggrin.gif

P.S.

Hopps... P.Pazienza � arrivato prima di me... e mi sa che qualche risposta l'ha data smile.gif
apeiron
QUOTE(nisex @ Mar 10 2006, 08:03 PM)
Cari, forse non mi sono spiegato al meglio.
non prendete troppo sul serio il concetto di terza componente.
il destinatario, che come ha detto Enrico pu� essere anche il fotografo stesso, � elemento essenziale ed intrinseco della fotografia stessa. � questo che volevo dire.
se fate una foto, non la guardate neanche voi e la chiudete in un cassetto, potete dire di aver fatto una foto? la foto stessa esiste? la mia modesta opinione �: no, non � in natura.
il committente � una corruzione di terza componentela fotografia non esiste senza il fotografo, non esiste senza il soggetto/oggetto, non esiste se un terzo (che pu� essere anche il fotografo dopo aver dismesso le sue vesti) non posa il suo sguardo su quel foglio di carta.
piccolo esempio. cito HCB o Eugen, cari ad aperion: tutte le foto che hanno scattato e magari messo in un cassetto, e che nessuno di noi ha visto, esistono?
nic
*


� cos� Nic. Ti va di leggere La fotografia e la storia al Bar? A pensarci forse stava bene anche qui.
Ciao
apeiron
QUOTE(enrico @ Mar 11 2006, 02:12 PM)
Finalmente la discussione � partita. Grazie a tutti per gli interessantissimi interventi. Apeiron, non � pi� una chiacchierata a due! Hai dato il via ad una bella discussione.
Poich� mi sembra in tema col discorso sulle tre componenti, allego una delle schede che preparato ed ho consegnato alla fine di un corso sulla lettura dell'immagine (secondo la metodologia della lettura strutturale) che ha per soggetto una foto tematica dove si vede (ho segnato in neretto le osservazioni in proposito) come il significato della cosa fotografata pu� essere nella realt� molto diverso dal significato della foto che, nella foto tematica in particolare, � l'idea dell'autore.
In questo caso la foto � osservata dalla componente "fruitore" che vede le altre due "soggetto" ed "autore" e cerca di risalire al significato della foto (il segno).
Buon pomeriggio
Enrico
*


Non riesco ad aprire il tuo pdf Enrico. C'� qualcosa che non va.
enrico
Fino a questo punto abbiamo focalizzato gli elementi fondamentali che entrano in gioco nella fotografia:
il soggetto
il fotografo
il destinatario
ha inserito la storia che a mio avviso abbraccia i tre precedenti:
- il soggetto che muta con i tempi (vedi gli abiti, le pettinature, gli atteggiamenti, le architetture ecc)
- il fotografo la cui mentalit� � determinata dal tempo storico, con le ideologie, i credi, le situazioni socio-economiche che sono proprie di ciascun periodo storico
- il destinatario che, anche lui vivendo in un determinato periodo storico, ne � influenzato ed interpreta di conseguenza (legge in un certo modo) il segno fotografico
Sar� che siamo passati dal bar alla sezione �tecniche fotografiche� che mi � venuta una riflessione: della storia fa anche parte lo sviluppo tecnologico e, nello specifico, quello della fotografia. E qui mi piacerebbe che si facesse il punto proprio sul �segno fotografico� che � in fondo il centro su cui ruotano le �tre componenti� di cui si � parlato in questa discussione. In un certo senso anche i contenuti ed il linguaggio fotografico si sono evoluti e trasformati man mano che la tecnica si evolveva. Talbot faceva assumere ai suoi soggetti delle pose dinamiche per cercare di superare l�ostacolo all�istantanea che la bassa sensibilit� della carta al cloruro d�argento gli impediva. I ritratti dagherrotipici non potevano avere la spontaneit� e la freschezza di quelli che �potremmo� ottenere noi oggi, in considerazione delle lunghe pose cui erano sottoposti i soggetti. Anche i primi reportage di guerra altro non erano che riprese dei campi di battaglia ad operazioni terminate. L�aumento della rapidit� delle emulsioni ha consentito le istantanee e, andando oltre, ha consentito di superare l�occhio, svelando ci� che prima non si era potuto vedere (un esempio per tutti: Muybridge e le fasi del movimento animale).
Potremmo continuare con la conquista dell�ortocromatismo e quindi del pancromatismo ad opera di Vogel e cos� via. Ed ancora, parlando sempre del segno fotografico, � forse interessante ricordare le dispute fra flouisti e nettasti (il gruppo f/64 col tutto nitido) e la Cameron con il leggero fuori fuoco delle sue foto (dovuto all�attrezzatura o volontario per avvicinarsi di pi� alla pittura).
Sempre con l�occhio al �segno fotografico�, all�oggetto fotografia, allego una immagine fatta tanti anni fa a mio padre utilizzando la vecchia tecnica della gomma bicromatata (emulsione realizzata con gomma arabica, tempera marrone e bicromato di potassio, stesa con un pennello su carta, esposta e sviluppata in acqua calda) , associata ad una retinatura ottenuta tramite l�uso di un retino autocostruito (allora non c�era photoshop). Stavo vivendo un periodo in cui mi aveva preso la passione di sperimentare vecchie tecniche poich� credevo che avrei conosciuto meglio la fotografia se ne avessi ripercorso le tappe, non solo leggendo libri, ma riproducendo realmente alcune tecniche del passato.
Sarebbe bello che nella discussione si inserissero delle immagini, come mi pare qualcun altro gi� si era proposto di fare.
Io getto il sasso perch� questa discussione non si spenga. Continuiamo ad approfondire gli aspetti che abbiamo evidenziato ed anche quest�ultimo.
Le esperienze e le competenze tecniche e culturali di tutti coloro che sono intervenuti sono veramente un potente mezzo di arricchimento per tutti.
Buona domenica
Enrico
enrico
QUOTE(apeiron @ Mar 12 2006, 09:01 AM)
Non riesco ad aprire il tuo pdf Enrico. C'� qualcosa che non va.
*



Ciao Apeiron,
probabilmente � il mio programma di conversione in formato pdf che ha dei problemi. Aggiro l'ostacolo. Allego la foto in questione a questo messaggio e ne riporto la lettura. Ho tenuto dei corsi di lettura dell'immagine e, per dare ai corsisti qualcosa di concreto da riportarsi a casa di quanto fatto, ho preparato delle schede sugli incontri e sugli esempi di lettura. La foto di Freed mi sembra emblematica della foto di genere tematico perch�, attraverso l'inquadratura, vengono messi in relazione degli elementi che danno all'immagine un preciso significato che probabilmente non hanno nella realt�. E questo � emblematico del fatto che in un certo tipo di foto, il significato della cosa fotografata � altro dal significato della foto. Riporto di seguito la scheda di lettura completa (� una mia lettura, quindi pu� essere benissimo criticata).
Enrico

-----------------------------------------------------------------------------------------

IL COSA:
Identificazione concettuale di ci� che � rappresentato:

Due persone anziane, con cappotto e copricapo scuri, che camminano insieme. L'uomo appare curvo e la donna porta dei fiori. Una lapide con la foto di un giovane in divisa, un muretto di recinzione, un'auto parcheggiata, un alberello con poche foglie, a ridosso del muro.

IL COME:
Fattori tecnici:

Obiettivo normale. Nessuna elaborazione. Campo medio. Angolazione dall'alto e da sinistra rispetto alla linea d'azione relativa alle due persone. Inclinazione normale. Profondit� di campo ampia (il leggero fuori fuoco del primo piano, pu� considerarsi un'imperfezione tecnica, dovuta alla forzata ricerca di un compromesso fra una messa a fuoco ampia, quindi a diaframma chiuso, e posa breve per bloccare il movimento delle due figure. Tuttavia ci� non ne compromette la lettura e dona profondit� all'immagine). Illuminazione naturale, luce diffusa, B/N.

Criterio usato per la composizione:

Le due figure, la cui sagoma nera si staglia nettamente sul grigio chiaro della strada, sono poste nell'angolo superiore sinistro e la lettura inizia da loro. Tale posizione nel quadro, assieme alla direzione dello sguardo del vecchio ed all'atteggiamento, suggerisce un movimento diagonale verso l'angolo opposto. In primo piano, ha forte peso strutturale la lapide con la foto che spicca, invece, chiara su fondo scuro.
Il muretto di recinzione separa i due elementi fondamentali dell'immagine, pur senza dividerli poich� la sua tonalit� di grigio non � dissimile da quella dell'esterno che gli fa da sfondo. L'auto nell'angolo a destra e l'alberello sullo stesso lato, danno equilibrio alla composizione che altrimenti risulterebbe sbilanciata e completano, sia pur marginalmente, il racconto.

Modi narrativi:

Le due figure procedono insieme sottobraccio. Sono persone avanti negli anni, che appaiono chiaramente dirigersi verso l'ingresso del cimitero, ingresso che � fuori campo, ma che si intuisce, dal bordo della stradina, essere subito a destra dell'immagine.


Modi semiologici:

La foto del giovane in divisa, � posta in primo piano e sul bordo inferiore dell'immagine, s� da raggiungere un peso strutturale pari a quello delle due figure e da apparire quale meta di queste.

Definizione del significato della cosa in s�:

Due persone anziane che si dirigono verso un cimitero, per una visita ad un defunto (potrebbe non essere quello effigiato sulla lapide in primo piano).

Definizione del significato della cosa rappresentata:

Mediante il taglio e la composizione dell'immagine, l'autore ha messo in chiaro rapporto i due anziani con il giovane in divisa. Pur se la realt� probabilmente � diversa, l'intenzione del fotografo � stata quella di rappresentare �due genitori anziani, in visita alla tomba del figlio morto in guerra�.

Lettura dell'informazione materiale:

Una coppia di anziani, che si reca al cimitero, rappresentato attraverso la lapide ed i fiori (se mancassero questi due elementi, potrebbe essere la foto di due persone che rientrano a casa).


IL PERCHE':
Lettura dell'idea:

Significazione immediata:
�Una coppia di anziani genitori, si reca a far visita alla tomba del figlio morto in guerra�

Significazione mediata:
� La guerra stravolge l'ordine naturale delle cose, lasciando a lungo la sua dolorosa traccia�.

Classificazione dell'idea centrale: Tematica.
apeiron
ciao Enrico,
bellissima la foto di tuo padre. L'intera discussione e la questione che tu proponi di lettura dell'immagine aprono a numerosi, altri, sguardi.
Ho riletto tutto con attenzione..., eppure mi pare che manchi qualcosa. Bello e utile scoprire passione, cultura e competenza di quanti hanno partecipato. Eppure...!
Potrebbe essere il tema di una nuova discussione: perch� "quella" foto � bella? Si sono tentate infinite letture di una "grande" foto. Analisi sociologiche, geometrico-figurative, semantiche...Ma una "grande" foto, che pure sembra poter corrispondere a ciascuna di quelle analisi, sembra anche sfuggire ad ogni tentativo di completezza. Perch�? Cosa manca nelle pur acute, colte analisi?
Potr� mai una "lettura", per quanto eccelsa, contenere "l'ultima verit�" di una fotografia. Quella verit� che, come la fotografia stessa, pu� essere colta in un istante, in una semplice, folgorante parola?Cos� Mario Giacomelli:
"Ho scoperto da un p� di anni che la poesia � il linguaggio in cui sembra di poter fuggire dalle formule della banalit� quotidiane. Lo spazio non � pi� appiattito, le cose che vedevo sempre uguali, (...), ora sembrano modificate. (...).Sento che sto scavando in un deposito di energie che suscitano immagini dove la fotografia � come una traduzione, una ricerca dentro i territori del linguaggio. Queste ultime foto (...) vogliono sentire la nostra presenza (...), solo cos� si caricano di emozioni". ohmy.gif
Apeiron
Franco_
grazie.gif a tutti per aver iniziato questa bella discussione, alla quale auguro di durare ben pi� di quelle riguardati le solite questioni su rumore, megapixel e relative s..he mentali.

La fotografia � un potentissimo mezzo documentativo.
Forse non riflettiamo abbastanza su questo punto. Prima del suo avvento non vi erano altri sistemi, se non la pittura, per "fissare" un volto (spesso correggendone i difetti). Ma solo i volti dei potenti e dei ricchi godevano di questo privilegio, solo coloro che avevano le possiblit� economiche erano in grado di tramandare ai posteri la loro immagine.
Con la fotografia tutto questo � cambiato. Dopo il costoso dagherrotipo si affermarono i pi� accessibili ambrotipi e ferrotipi, che avevano la caratteristica di essere un unicum, cio� non riproducibili, ma che consentivano anche alle classi sociali meno abbienti di immortalare la propria immagine. La vera rivoluzione fu dovuta a Talbot (contemporaneo di Daguerre), che percorrendo una via diversa apr�, con i suoi calotipi, la strada alla produzione di pi� positivi della stessa immagine. Si era aperta la via della "democrazia visiva".
La fotografia consent� finalmente di creare dei documenti di identit� (che prima erano semplicemente descrittivi ...), di mostrare luoghi lontani o portare con se, magari all'altro capo del mondo, l'immagine della mamma, dei figli o della fidanzata.
Ecco, questo aggiungerei: la fotografia nacque essenzialmente per la documentazione, non solo per� delle persone ma anche dei luoghi e dei monumenti. Pi� tardi, con il miglioramento delle tecniche e la possibilit� di non dover pi� mantenere il soggetto immobile per molto tempo cominci� la fotografia che conosciamo oggi.

Prima di concludere il mio intervento vorrei ringraziare in particolare Enrico per l'allegato "Lettura immagine"; mi piacerebbe che questo divenisse oggetto di un altra discussione: una lettura a pi� voci della bellissima foto di Leonard Freed, una discussione dove, oltre ad esprimere le sensazioni che proviamo nell'osservarla, provassimo a dare la nostra chiave di lettura, spiegando (se possibile) quali sono secondo noi punti chiave dell'immagine.

Un saluto
enrico
Ciao Franco,
di schede ne ho diverse. Visto che ti interessano, ne pubblico altre due, relativa la prima ad una foto di Vitaliano Bassetti, di natura tematica; l'altra ad una foto di Fulvio Roiter, di natura narrativa. Nella foto tematica, la componente "autore" � nettamente prevalente sulla componente "soggetto", mentre la foto narrativa � da questo punto di vista un gradino pi� su della foto documentaria, anche se � prevalente la componente "soggetto". In poche parole, il fotografo ci racconta in un certo modo il soggetto che costituisce in ogni caso il centro dell'immagine.
Provo ad inserire una immagine direttamente (ho appena imparato a farlo) e la inserisco anche come collegamento, perch� rimanga se dovessi modificare il sito al quale la prima � collegata. Se la cosa interessa (non vorrei essere noioso), posso inserire qualche altra foto perch� possiate commentarla voi. E' semplicemente un discorso di lettura, cio� di interpretazione di ci� che voleva dirci l'autore. Il discorso del perch� una foto � bella, proposto da Apeiron, � molto stimolante e complesso. Non credo si possano dare delle regole. Oltre all'aspetto estetico e contenutistico, credo c'entri la psicologia umana, per cui la strada diviene davvero tortuosa, ma questo non vuol dire che non valga la pena percorrerla.
Enrico

user posted image

Vitaliano Bassetti

IL COSA:
Un adulto ed un bambino in uno scompartimento ferroviario (che si tratti di vagone ferroviario lo si nota soprattutto dal tipico finestrino). L'uomo in primo piano dorme, poggiato sulla spalliera del sedile, e ci� traspare non solo dagli occhi chiusi e dalla posizione del capo, ma anche dall'atteggiamento delle labbra e dei muscoli mimici. Il bambino in secondo piano � invece intento a guardare con attenzione fuori dal finestrino, il paesaggio esterno. Lo si capisce chiaramente dall'atteggiamento, dai gomiti poggiati sul bordo del finestrino e dalla posizione del capo, leggermente ruotato a sinistra ed inclinato.

IL COME
Le due figure sono al centro della foto. La figura del bambino, ripresa di spalle, si staglia nettamente, perch� scura, sullo sfondo chiaro del finestrino. Il volto dell'uomo, chiaro, risalta nel contesto scuro della parte inferiore del quadro. Sulle linee verticali del finestrino, le due teste formano una composizione diagonale. Le due figure sono state isolate volutamente dall'ambiente �scomparto ferroviario�, di cui sono stati lasciati solo gli elementi essenziali che permettono di riconoscerlo come tale. L'attenzione del lettore della foto � quindi di proposito fatta convergere sui due atteggiamenti. Il fondo che fa da contorno alle figure, � di tonalit� opposta alle stesse al fine di metterle bene in evidenza, ed � inoltre indistinto e quasi privo di dettagli per non disturbarle. Il contrasto di tonalit� delle due figure e l'inversione del rapporto chiaro-scuro fra le stesse e lo sfondo, non � casuale, ma ha un chiaro intento espressivo che si evidenzier� al livello successivo di lettura della foto.

IL PERCHE':
L'autore ha voluto mostrare quell'uomo e quel bambino in due atteggiamenti diversi ed opposti. Ci si accorge per� che questa significazione immediata, non esaurisce tutti i "come" di questa foto, per cui la lettura va effettuata ad un livello superiore. I due soggetti della foto in realt� rappresentano non due diversi individui, ma due diverse et� dell'uomo. La significazione mediata � perci� la seguente: l'uomo, quando � in giovane et�, manifesta interesse e curiosit� verso il mondo e la vita mentre, divenuto adulto, tale interesse viene ad attenuarsi fino a diventare indifferenza.
Si tratta di una foto tematica.


enrico
Ed ora la foto di carattere narrativo di Fulvio Roiter. L'osservazione in rosso mette in evidenza la differenza fra l'immagine e la cosa fotografata. Alcuni elementi sono propri dell'immagine (lo stare al centro del quadro � una collocazione del soggetto nell'immagine mentre nella realt� non � al centro di nulla. Lo sfuocato � un elemento proprio dell'immagine e non ha alcun senso nella realt� ecc):

user posted image

IL COSA:

Due ragazze negre, col capo avvolto da un fazzoletto e due cesti ovali ripieni di frutta sulla testa. Hanno vestiti leggeri, maniche corte o assenti. La ragazza a sinistra nell' immagine, porta qualcosa nelle mani e sembra guardarla con attenzione.

IL COME:

Le due ragazze sono riprese da vicino (mezza figura e primo piano) e con angolazione da sinistra e dall'alto (per evidenziare i cesti ed il loro contenuto). Lo sfondo � sfuocato. Le ragazze sono riprese di profilo ed una dietro l'altra nel quadro (� l'angolazione di ripresa che le fa apparire l'una dietro l'altra, mentre nella realt� stanno probabilmente procedendo affiancate). Ci� che risalta, chiari sulla tonalit� scura delle figure e dello sfondo, sono i due cesti con la frutta, oltre al vestito della prima ragazza, che fa da contrappeso ai primi. La somiglianza di forma ed atteggiamento delle due figure, crea una ripetizione ed un piacevole ritmo compositivo.

IL PERCHE':

L'autore ha evidentemente voluto mostrare l'usanza, in quella regione, di portare i cesti in equilibrio sul capo, senza l'ausilio delle mani.
L'immagine ha quindi un carattere narrativo.
_Led_
QUOTE(enrico @ Mar 13 2006, 10:52 PM)
...Nella foto tematica, la componente "autore" � nettamente prevalente sulla componente "soggetto", mentre la foto narrativa � da questo punto di vista un gradino pi� su della foto documentaria, anche se � prevalente la componente "soggetto". ...

...I due soggetti della foto in realt� rappresentano non due diversi individui, ma due diverse et� dell'uomo. La significazione mediata � perci� la seguente: l'uomo, quando � in giovane et�, manifesta interesse e curiosit� verso il mondo e la vita mentre, divenuto adulto, tale interesse viene ad attenuarsi fino a diventare indifferenza.
Si tratta di una foto tematica.
*




QUOTE(enrico @ Mar 13 2006, 11:00 PM)
Ed ora la foto di carattere narrativo di Fulvio Roiter.
...
L'autore ha evidentemente voluto mostrare l'usanza, in quella regione, di portare i cesti in equilibrio sul capo, senza l'ausilio delle mani.
L'immagine ha quindi un carattere narrativo.
*




Enrico, grazie per le belle schede che ho letto con molto interesse.

Mi chiedo per� se Bassetti sia salito su "quel" treno per fare "quella" foto.

Io ho l'impressione che, stiracchiando un po' gli stessi mezzi analitici che tu hai usato per la foto di Roiter, si potrebbe dimostrare tranquillamente che anche la foto di Bassetti ha carattere narrativo e viceversa.

Bassetti sarebbe d'accordo con la tua analisi ?
_Led_
QUOTE(gianni534 @ Mar 11 2006, 03:32 AM)
...(se capiter� approfondir� in seguito questa parte nel senso che occorrer� chiederci se siano solo strumenti o stiano diventando prolungamenti dei nostri sensi) ...
PS: mi riservo un attimo di tempo perch� volevo sviluppare i concetti di tecnica e tecnologia che a mio avviso sono fondamentali nel rapporto persona-immagine...
*



Sono d'accordo con te...si tratta di un aspetto sottovalutato dai pi� ma da discutere ampiamente: ti attendo al varco wink.gif
apeiron
Mi piace "il cosa" e "il come". Meno "il perch�". Scusa Enrico se mi permetto. Ma so che � solo un dialogo tra amici.
"Il cosa" e "il come" aiutano ad orientarsi, forniscono le coordinate di supporto... "Il perch�" lo trovo invece un p� forzato, artificiale, forse invasivo.
Perch� la fotografia dovrebbe aver bisogno del "perch�"? E' chiaro che si tratta di una possibilit�, spesso acuta e convincente, in grado di soddisfare un bisogno un p� intellettuale di analizzare per scomposizione un'opera.
Ma la fotografia si spiega da s�. Non ha i caratteri dell'opera pittorica o architettonica..., per le quali indagini di varia natura possono fornire ilcontesto nel quale l'opera � maturata, arrivando perfino a spiegare le scelte dell'autore.
La fotografia non chiede nulla e giunge a noi senza mediazioni. E' la sua "immediatezza" che vuole distanza dal "perch�". Una fotografia si pu� glorificare o scartare in un istante.
Non � una delle forme di espressione pi� libere? La sento vicina alla poesia. Forse � anche per questo che l'amiamo in tanti.
apeiron
P.S. Fatevi sentire poeti del forum
enrico
QUOTE(Led566 @ Mar 14 2006, 02:51 PM)
Enrico, grazie per le belle schede che ho letto con molto interesse.

Mi chiedo per� se Bassetti sia salito su "quel" treno per fare "quella" foto.

Io ho l'impressione che, stiracchiando un po' gli stessi mezzi analitici che tu hai usato per la foto di Roiter, si potrebbe dimostrare tranquillamente che anche la foto di Bassetti ha carattere narrativo e viceversa.

Bassetti sarebbe d'accordo con la tua analisi ?
*



Ciao Led566,
nella lettura della foto seguo il metodo della lettura strutturale di Nazzareno Taddei perch�, fra tutti quelli che ho conosciuto, mi sembra quello con le fondamenta pi� solide. Molti anni fa ho seguito un corso di pi� giorni tenuto da un allievo del Taddei, un certo Prof. Maccarini, persona davvero in gamba di cui ho purtroppo perso le tracce. Anche a lui ponemmo la domanda che hai posto. Il Taddei aveva fatto delle verifiche, leggendo delle foto e sottoponendone poi la lettura agli autori. Risultato: tutti gli autori si ritrovavano in quelle letture. Non so se conosci il metodo del Taddei. Mi stava venendo un mezzo pensiero di farne una specie di experience, ma non so proprio se sia il caso, visto che nel forum c'� tanta gente estremamente esperta di queste cose e non ho la presunzione di salire in cattedra.
Il metodo della lettura strutturale si basa su tre passaggi successivi:
1 - nell'esaminare il "cosa", cio� il soggetto che ha catturato l'attenzione e l'interesse del fotografo. Di esaminarlo come oggetto, cio� come ci� che era davanti alla macchina al momento dello scatto ma che ha una sua esistenza ed un suo significato, indipendentemente dall'occasionale presenza del fotografo.
2 Il secondo momento, il pi� importante, � quello di esaminare il "come", vale a dire tutte le scelte (tecniche ed espressive) che ha fatto il fotografo per costruirci su l'immagine fotografica. E questo � il punto fondamentale, la chiave per capire
3 - cosa vi ha visto il fotografo e cosa ci ha voluto dire ("il perch�").
Ho tenuto alcuni corsi di lettura anche ad insegnanti, ed una volta uno di questi mi disse che era un po' una presunzione pensare di poter entrare nella testa del fotografo. Ricordo che gli risposi che anche quando si legge ad esempio un brano della Divina Commedia, non � che si pu� essere proprio sicuri di aver centrato il pensiero di Dante, considerata anche la mole di studiosi che hanno cercato di interpretrarlo, specie in alcuni passi. Eppure a leggere i testi scritti siamo stati educati ed abituati fin dalla prima elementare, mentre non � proprio cos� per i testi visivi, in particolar modo per quelli fotografici.
Leggere una fotografia riuscendo a capire ci� che l'autore ha voluto dirci, non � cosa facile. La difficolt� pu� a volte essere colpa del lettore che non � particolarmente bravo nella lettura, o pu� essere dell'autore che potrebbe non essere particolarmente bravo nella scrittura (fotografica).
Durante questi corsi, mi sono reso conto che per la maggior parte della gente, la fotografia � ancora vista come uno strumento meccanico di riproduzione della realt� e non come un linguaggio, un mezzo di comunicazione di idee e di sensazioni, di emozioni.
Grazie per aver risposto. Oltre ad aver posto dei quesiti interessanti, hai permesso a questo tread di proseguire. Una discussione si ferma quando non ci sono pi� interventi.
Buona serata
Enrico
enrico
[quote=apeiron,Mar 14 2006, 05:49 PM]
Mi piace "il cosa" e "il come". Meno "il perch�". Scusa Enrico se mi permetto. Ma so che � solo un dialogo tra amici.

Ciao Apeiron,
per carit�, di che devi scusarti? Si cresce proprio scambiandosi idee e facendosi critiche, cercando di capire insieme questo mondo cos� complesso ed affascinante che � la fotografia. Grazie anzi a te per aver avviato questa discussione!
Enrico
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