QUOTE(StefanoBonfa @ Feb 23 2007, 07:02 PM)

In pratica qualsiasi filtro ottico non ha un taglio netto e comincia a tagliare un po' prima, ma parliamo sempre di dettagli fini.
Qualunque filtro realizzabile in realt� e non puramente teorico (ottico, elettrico, software, meccanico) per le leggi della fisica non ha un taglio netto ma comincia a tagliare un po' prima.
Avviene in tutti i campi della tecnologia, � una legge matematica spiegabile con un bel po' di teoremi e non facilmente riassumibile (dopotutto ci sono interi corsi universitari che trattano l'argomento: chi avesse voglia, si procuri un testo di Analisi Matematica 3 di un qualunque corso di ingegneria, che tratta approfonditamente i temi del campionamento e delle trasformate di Laplace).
Detto molto in breve e facendo inorridire i matematici, un filtro passabasso fisicamente realizzabile ha un andamento (diagramma di Bode) che mostra un guadagno (amplificazione) unitario fino a certe frequenze, ovvero lascia inalterato il segnale. Poi comincia a flettere perdendo guadagno (attenua il segnale) poco prima della frequenza per la quale � stato progettato: in particolare si identifica come "frequenza di taglio" quella frequenza a cui il segnale viene attenuato di 3 dB, ovvero dimezzato. E' anche la frequenza a cui si trova il "polo" del filtro, ovvero la soluzione del polinomio che si trova al denominatore della trasformata di Laplace della funzione di trasferimento del filtro. In realt� perde gi� qualcosa prima di questa frequenza, appunto: il famoso taglio non netto citato sopra. E poi, per frequenze successive, attenua progressivamente sempre di pi� (con una pendenza, sul diagramma di Bode, che dipende da quanti poli ha il filtro).
L'effetto deleterio del filtro nella zona di taglio si mostra non solo con un'attenuazione non netta, ma anche con una DISTORSIONE della fase del segnale: ogni polo di un filtro introduce una perdita di fase di 90 gradi. Tale perdita � esattamente 45 gradi alla frequenza del polo, ma � gi� avvertibile come effetto alle stesse frequenze in cui si comincia a perdere in guadagno (e fra l'altro, come per il guadagno, � un comportamento asintotico: il suo effetto svanisce completamente solo a frequenze nulle; lo si pu� tuttavia ritenere ininfluente ai fini pratici per frequenze che si avvicinano di molto alla frequenza di taglio).
In parole povere, un filtro oltre a non tagliare netto da una frequenza in poi, distorce il segnale nei dintorni di quella frequenza.
Perch� allora si filtra? Per evitare moir� ed effetti di aliasing. Visivamente sapete benissimo di cosa si tratta. Ma anche in questo caso la matematica ci spiega perfettamente il fenomeno.
Esiste infatti un altro teorema detto "di Nyquist", che spiega (anche qui facendola MOLTO semplice) che campionare in digitale un segnale di QUALUNQUE tipo DEVE essere fatto solo dopo un filtraggio... e con una particolare scelta del campionamento.
Immaginiamo come paragone un segnale audio, un brano musicale. Le frequenze udibili vanno fino a 20 Khz per un orecchio allenato. Per campionarlo digitalmente (ad esempio per registrarlo su un CD), dobbiamo filtrarlo in modo da conservare tutte queste frequenze E NON ALTRE SUPERIORI. Perch�, visto che tanto le frequenze superiori non sono udibili? Esse non sono udibili nel mondo dell'ANALOGICO, ma campionando un segnale acustico a 20 Khz e senza filtraggio otterremmo una porcheria inascoltabile, piena di rumori di fondo. Infatti non � un caso che i segnali audio vengano filtrati a una frequenza poco superiore ai 20 Khz, e campionati a esattamente il doppio: a 44.1 Khz. Si filtra a poco pi� di 20 Khz (a 22, insomma) per tenere conto del fatto che un filtro non pu� tagliare in maniera netta, ma attenua e distorce gi� a frequenze leggermente inferiori. E si campiona al doppio, perch� come dimostrato dal teorema di Nyquist ogni volta che si campiona si producono delle repliche speculari e ripetute periodicamente in frequenza dello spettro del segnale originale (attenuate in intensit�).
Filtrando in maniera da ottenere inalterato solo il segnale originale, e campionandolo ad ALMENO il doppio della sua frequenza massima, si garantisce per il teorema sopra citato che le repliche dello spettro siano posizionate a frequenze talmente distanti da quelle originali da non essere pi� udibili e da non "sporcare" il segnale che invece interessa.
La stessa identica cosa (bellezze della matematica e della fisica!) avviene per i segnali ottici e per il campionamento dei sensori delle nostre amate fotocamere...
Ed � per questo che non andrei a toccare un filtro originale Nikon accuratamente pensato e calcolato in fase di progetto come perfetto compromesso di TUTTI i parametri in gioco...
E dopo aver fatto venire un po' di mal di testa a tutti, vi auguro buona notte!
QUOTE(Lucabeer @ Feb 23 2007, 11:34 PM)

Ed � per questo che non andrei a toccare un filtro originale Nikon accuratamente pensato e calcolato in fase di progetto come perfetto compromesso di TUTTI i parametri in gioco...
Aggiungo solo una cosa: apparentemente potrebbe sembrare uno spreco un sensore che potrebbe "leggere" un certo numero di dettagli quando in realt� il filtro che gli sta davanti ne taglia la met� (perch� � quello che fa!!!!), ma � l'unico modo per evitare disturbi e artefatti.
In realt� i filtri ottici di questo tipo lasciano un minimo di effetto moir�, non sono un filtraggio alla met� esatta della frequenza di campionamento... altrimenti s� che ci si lamenterebbe della morbidezza! Ecco perch� parlo di
compromesso (fra "rispetto del teorema di Nyquist" e tolleranza di un certo livello di moir� e artefatti da parte dei progettisti Nikon).