Dilettante. Amatore, professionista
Nella percezione comune questi tre termini fanno parte di una scala di valori:
Dilettante è quasi sinonimo di principiante, di fotografo che si diverte a scattare fotografie pur senza avere una conoscenza approfondita del mezzo, della tecnica e del linguaggio. Solo un gradino in più dello schiaccia bottone (termine dispregiativo corrispondente all’imbratta tele della pittura) e del fotografo della domenica, di quello cioè che scatta qualche foto in maniera sporadica, magari col telefonino.
Amatore è molto più in alto e sembra riferirsi ad un dilettante evoluto, conoscitore del mezzo e produttore di buoni lavori.
Professionista è il livello più alto di questa scala e denota una persona altamente esperta e capace, produttore di opere di notevole qualità.
Ma è proprio così?
Ecco le mie riflessioni:
Dilettante deriva da diletto e sta ad indicare una persona che non scatta per altri fini che il proprio divertimento e godimento estetico. Una persona che pratica la fotografia in maniera pura e senza fini pecuniari o di altro genere. Mi sembra quindi già su di un gradino molto alto.
Amatore deriva da amare ed è quindi colui che prova amore per la fotografia, ne è attratto, affascinato. Quando si è innamorati il pensiero è costantemente rivolto alla persona amata. L’amatore fotografo fa quindi della fotografia una ragione profonda di vita e di pensiero. È con la fotocamera che riesce a provare profonde emozioni ed alla fotografia rivolge grande attenzione. È quindi assiduo lettore di libri e di riviste. Ha magari un sito web e si tiene aggiornato. Ha presumibilmente ottime conoscenze tecniche e linguistiche, conosce la storia della fotografia e la produzione dei grandi fotografi. Spesso è iscritto ad un circolo e partecipa a concorsi. È fornito di una buona attrezzatura.
Professionista deriva da professione ed è semplicemente colui che si procura da vivere attraverso la fotografia. Titolare di un negozio di attrezzature fotografiche o no, si occupa di matrimoni e di altri incarichi. Dipende quindi in una certa misura dalle richieste del committente e deve assecondarne i gusti; questo limita, in misura diversa, la sua libertà espressiva. Si presume che, dovendo dedicare all’attività fotografica tutto il suo tempo, abbia accumulato una grande esperienza operativa. Possessore di attrezzature professionali, dovrebbe produrre foto di qualità elevata.
Il discorso è che la tecnica è alla base ed al servizio dell’efficace espressione delle idee. E queste cose non sempre sono il diretto risultato di una grande e prolungata attività pratica.
Inoltre, frequentemente la routine uccide l’entusiasmo. Ho conosciuto delle pregevoli eccezioni di professionisti che dedicano il loro tempo libero a fotografare (al pari di un pilota dell’Alitalia da me conosciuto, che nel tempo libero volava in mongolfiera).
Fotografi con lauree cha hanno abbandonato un lavoro sicuro per dedicarsi alla loro passione e ricavarne di che vivere e fotografi che, fatta l’esperienza delle difficoltà di tipo economico, organizzativo e psicologico della professione, sono tornati al loro vecchio lavoro.
Ma ho conosciuto anche dilettanti ed amatori con competenze nettamente superiori a quelle di un professionista comune e produttori di immagini di altissimo livello.
In conclusione, essendo la fotografia un mezzo per comunicare concetti, idee, emozioni, fatti e situazioni, quello che conta non è l’abito o l’etichetta; quello che conta è la passione, la dedizione e, soprattutto, la sensibilità e la cultura che si hanno.
Esiste poi una quarta categoria, quella dei fotografi interessati all’attrezzatura. Quelli che, quando vedono una bella immagine, chiedono subito i dati exif, la fotocamera e l’obiettivo utilizzati. Quelli che sono informatissimi sulle nuove produzioni di fotocamere e che cambiano continuamente macchina, non appena ne esce una nuova, considerando quella che hanno non più all’altezza. Sanno tutto sulla resa differente di obiettivi simili, del rumore prodotto dai diversi sensori e parlano di bokeh, di aliasing ed altri termini inglesi che fanno tanto “chic”. Fotografano poco o più che altro per mostrare la resa della loro attrezzatura, o sono, all’opposto, fotorroici, poco autocritici e magari si offendono se qualcuno osa criticare le loro opere. Come definirli? Tecnofili? Fotofeticisti?
Concludo con un pensiero di Robert Adams: “Il mio scopo è di far intravvedere il potere dei nostri occhi, non le potenzialità di un’apparecchiatura fotografica“
Enrico Maddalena