Mamma mia!
Questa discussione sta assumendo dimensioni cosmiche.
E non posso esimermi dal farmi coinvolgere.
In molti hanno dato una definizione dell’arte, dell’artista, del genio.
Io credo che l’artista sia un
evocatore indipendentemente dalla sua volontà che può concepire la sua opera esclusivamente come un piacere personale.
L’opera d’arte è quella che è in grado di toccare una corda del nostro cuore.
E uso il termine “cuore” nell’accezione ebraica, ovvero come sede di affettività e razionalità insieme. Questo vibrare del cuore crea una risonanza, che non sempre a a che fare con il
piacere, anzi può provocare anche dolore, scoramento, preoccupazione. Come gioia, speranza, progettualità… e anche questi sentimenti non hanno a che vedere con il “piacere”.
Poi l'entità e la qualità della risonanza dipende dalla “cassa armonica” in cui vibra. E quindi la cultura, la comprensione del linguaggio, la contestualizzazione, ecc… qui ci stanno tutte (come molti del resto hanno sottolineato).
L’opera d’arte ha il potere di alimentare un rapporto che è innanzitutto personale, per poi diventare, in alcuni casi, collettivo.
In questo senso il concetto di “bello” va al di là della dimensione emotiva, ma si radica in una relazione, profonda, della persona con sè stessa, o della persona con gli altri. In altri termini il “bello” si scopre attraverso una
relazione impegnativa.
“Mi piace… non mi piace…” sono espressioni legate il più delle volte a relazioni deboli, il più delle volte iniziali. Può capitare anche tra persona e persona. Ma che superficialità di rapporto in queste occasioni!
QUOTE
Siamo sempre e solo nell'ambito del gusto, ma in un caso c'è un rapporto cosciente tra il soggetto e l'oggetto, nell'altro no, o quanto meno un rapporto 'negato'.
Condivido in pieno quello che dice Nico.
Però sento di aggiungere ancora una considerazione.
Credo che non sia da sottovalutare la dimensione del “mistero” che il bello ha in sé. E una dimensione che ci impedisce di razionalizzare perfettamente i motivi della risonanza dell’animo che sperimentiamo. Spesso il linguaggio non è in grado di spiegare i sentimenti… anzi, ogni tentativo di spiegazioni non fa altro che sminuire il senso del mio sentire. E in questo senso comprendo e condivido la frequente incapacità di dare una spiegazione a ciò che mi suscita un opera d'arte.
Ogni opera d’arte è in sè misteriosa. E permettetemi… il termine “misterioso” va inteso proprio in senso biblico, ovvero non come un elemento in-conoscibile (accezione corrente del termine), ma come un elemento in continuo svelamento. Più mi rapporto con un opera d’arte più questo mistero, che sono io, si svela, e più sposta avanti il mio orizzonte.
Credo che sia così anche con le persone che amiamo. Evocano il “mistero” che è in noi, ma lo svelano costantemente. E forse (forse?) le più grandi opere d'arte sono le persone.
Chissà se mi ho spiegato…

a tutti per l'opportunità di riflessione e per l'aiuto a capire.
Walter