QUOTE(padrino @ Oct 6 2005, 09:08 PM)
... Sono d'accordo con Tutti, perchè in un modo o nell'altro, viviamo Tutti la nostra soggettività in maniera positiva e non oggettivizzandola...
Ho letto, e sto seguendo, questa discussione con grande interesse.
A un livello, sono d'accordo con molto di quello che ho letto, e anche col suo contrario... Dipende, come sempre, dal punto di vista, dalla cornice in cui si inseriscono le cose.

Vorrei aggiungere i miei due cent a questa dotta, filosofica chiacchierata.
Come sempre, anche nella questione "artistica" o "estetica" ci sono almeno due livelli all'opera contemporaneamente.
Da un lato, ci sono dei fattori che potremmo definire "oggettivi". Il nostro sistema percettivo è costruito in un modo tale che certe forme, proporzioni, simboli ecc. sono di fatto inscritti in esso e vengono riconosciuti a livelli neurologici, stimolando una reazione fisiologica-ormonale-psicomotoria immediata ed inconscia. Possiamo, credo, dire che queste siano le basi "profonde" del linguaggio comunicativo, non importa in quale "canale" avvenga la comunicazione.
MA...
I significati che attribuiamo a questi stimoli,
una parte dei canoni estetici che applichiamo per valutare, persino tutta una serie di espressioni simboliche e, forse più importante di tutto il resto, le associazioni che facciamo di fronte a ogni singolo stimolo sono soggettivi e/o culturali.

Questi sono, a parer mio, gli elementi "culturali" della comunicazione.
Quando ascoltiamo una musica, o guardiamo una scultura, un quadro o una fotografia, mettiamo in movimento entrambe queste forze.
Giusto per restare in tema musicale, quando Mozart fece cantare una donna in tonalità maggiore compì una rivoluzione e diede scandalo, perché culturalmente questa associazione era considerata riprovevole. Ma perché? Perché il suono della tonalità maggiore, neurologicamente, produce un certo tipo di effetto, che, culturalmente, era associato al maschile. Una donna "non poteva" cantare in quel modo dichiarandosi così "alla pari" di un uomo!

Ora, dal mio punto di vista, si può padroneggiare (consciamente, o, più spesso, inconsciamente) il linguaggio "profondo", e in una certa misura quello "culturale" (nella parte relativa alla cultura condivisa, ammesso che questa esista ancora

), ma la parte soggettiva continuerà sempre ad orientare i gusti e le "risposte" delle persone.
Accettare il punto di vista di qualcun altro, e
condividerlo almeno temporaneamente, ci offre la possibilità di gettare uno sguardo sul nostro "cortile" da una finestra
diversa, dalla quale forse si vedono cose che dalla nostra non si vedono, e comunque si gode di una diversa prospettiva. Questo è estremamente arricchente, ma dipende da noi, non da chi ci offre la sua finestra per guardare.
In fondo è questo che facciamo, tutti noi: offriamo un'occasione per guardare il mondo da una finestra diversa dalla propria. No?

Se poi ciò che facciamo per esprimerci con questi linguaggi non-verbali sia o non sia arte, non ne ho idea. Bisognerebbe prima definire cosa sia l'arte.

Personalmente, preferisco pensare che siamo, ognuno a modo proprio, tutti
artigiani.

Chissà se sono andato OT...