Bene bene... Thread sempre più interessante!
Prima di cominciare, ringrazio anche Cabibbo per il suo intervento e la sua segnalazione, che, alla luce dell'ultimo chiarimento, condivido in buona parte nell'approccio, che sembra principalmente incentrato (come si evinceva anche dal titolo del libro) sulla Psicologia della Gestalt, o Psicologia della Forma, che appunto si occupa (pragmaticamente) della percezione e dei suoi aspetti. Io stesso avevo in passato invitato ad approfondire la conoscenza di questi aspetti...
Ora, negli ultimi post sono venuti allo scoperto alcuni temi molto interessanti, anche se personalmente li considero in un certo senso
complementari a quello della composizione in sé.
Wal mi ha chiesto di parlare di
Istinto, Identità e Composizione... Robetta da poco, leggera leggera. In un paio di centinaia di pagine dovremmo potercela cavare, facendo una sintesi...
Comunque, vediamo un po' cosa posso dire che includa questo tema in quello più generale del thread...
Probabilmente devo iniziare con una premessa. E questa premessa, altrettanto probabilmente, NON è quella che ci si potrebbe aspettare da uno psicologo...
Io non credo nelle psicologie interpretative. Quello che dicono zio Sigmund, Jung, Adler e tutti gli psicodinamici, così come tutti coloro che fanno capo a una "scuola di pensiero" psicologica che cerchi di
spiegare i comportamenti e sentimenti umani (sì, anche Skinner e i Comportamentisti), è, appunto,
soltanto un modo di spiegare, una
metafora, una
interpretazione, di un processo di cui
non sappiamo una beatissima fava. O meglio, sappiamo
alcune cose, soprattutto in termini di
processo, ma sono tutte
verità parziali, sguardi fugaci su processi di estrema complessità, che
semplifichiamo per amor di comunicazione, per renderli "gestibili", per comodità...
salvo poi dimenticarci di aver fatto la semplificazione e dichiarare "questa è la verità!".Soltanto di recente, con l'avvento delle
neuroscienze e dei moderni sistemi di
brain imaging, si é cominciato a capire di più di questi processi... ma ancora a un livello molto grezzo. Dire che nel linguaggio è coinvolta l'area di Broca, e che essa ha certe funzioni, senza sapere esattamente come queste funzioni vengano svolte, è come dire che sappiamo che i pesci abitano il mare, ma senza sapere cosa ci facciano e come. Il livello di dettaglio delle nostre conoscenze sulle aree complesse del cervello, soprattutto (ma non solo) quello neocorticale, è ridicolmente basso, checché ci raccontino gli scienziati che lo studiano.
Detto questo, veniamo al primo tema: l'Istinto...
L'istinto, come giustamente detto da Wal, possiamo definirlo come
un insieme di "conoscenze innate" indipendenti dall'apprendimento e dalla cultura, che "governa" una certa gamma di azioni e risposte comportamentali. Ed è esattamente di questo che parlo io stesso quando dico che le regole di composizione, o la risposta a determinate forme, sono inscritte nella nostra neurologia... Ma questo non ha nulla a che vedere con le emozioni, che invece sembrano essere tanto valutate, anche in questo ambiente della fotografia. Un pulcino appena uscito dall'uovo, a cui venga mostrata (in cielo) la sagoma di un falco, fugge e si nasconde... ma non perché abbia provato l'emozione "paura". Questa è una
antropomorfizzazione, una
proiezione di un'emozione (o sentimento) "umano" su un animale. Il pulcino si nasconde
perché la sua neurologia gli dice di farlo. Punto. Come ben sanno i comportamentisti, si può addestrare un pulcino a una diversa risposta, che contraddica il suo "istinto". E questo è ciò che, sistematicamente, facciamo noi umani con noi stessi: ci addestriamo a "riconoscere", ad identificarci con, una serie di "risposte" che NON sono istintive, ma che diventano
automatiche. La maggior parte dei comportamenti che chiamiamo
istintivi dovremmo in realtà chiamarli
automatici... cioé
appresi e ripetuti fino al punto da essere eseguiti automaticamente, senza pensarci, come se fossero istintivi.
Vi chiederete cosa piffero c'entri tutto questo con la composizione, o con questo thread...
C'entra eccome, e ci arriviamo fra poco.
Intanto, affrontiamo il tema dell'
Identità... Cioé il
"Chi sono io?". E con questo tocchiamo un altro punto dolentissimo...
Per la stragrande maggioranza delle persone, c'è (dal mio punto di vista) in atto un
equivoco che fa più danni di quasi qualsiasi altra cosa, e cioé
si confonde l'Identità con l'Immagine di sé. Mi spiego: Identità è "ciò che siamo", e cioé
la somma di tutti i nostri potenziali, il nostro Essere. L'Immagine di sé é
quella rappresentazione di noi stessi in cui ci identifichiamo, nella quale ci riconosciamo, e che è spesso definita attraverso una serie di
comportamenti... che NON sono ciò che siamo, ma il modo in cui
esprimiamo ciò che siamo. E poiché ci riconosciamo solo in una parte minima dei nostri potenziali, ecco che tendiamo a considerare "valide" solo le espressioni di quella parte. Salvo poi, quando ci capita di agire comportamenti al di fuori di quella parte (e nei quali non ci riconosciamo), dire "Ero fuori di me!"

Perché questo è importante? Perché
nel momento in cui ci identifichiamo in una immagine di noi stessi, selezioniamo una serie di comportamenti che la esprimano e ci
"alleniamo" inconsapevolmente ad agirli
fino a che ci diventano così familiari ed automatici da essere definiti "istintivi"... e a quel punto li
subiamo anziché agirli. Se invece siamo aperti a una definizione "mobile", in evoluzione, della nostra identità ecco che ci apriamo anche a nuovi comportamenti e scelte, che
agiamo attivamente anziché subirle passivamente. La differenza è fondamentale. Infatti
è nel secondo caso che ci apriamo maggiormante all'apprendimento, al "come si fa", mentre nel primo "le cose accadono" e siamo "vittime" dell'emozione. Per inciso, questa "fame" di emozioni senza controllo viene proprio dalla "distanza" che ci separa dalla totalità della nostra Identità, e che ci siamo costruiti noi stessi. E noi usiamo queste emozioni per "sentirci vivi", perché dentro di noi "sappiamo" (anche se inconsciamente) che una grossa parte di noi è, se non morta, certamente bloccata, imprigionata, limitata... Lo sappiamo per forza: l'abbiamo rinchiusa NOI, nella prigione della nostra Immagine di sé.
Confondiamo il "provare emozioni" con l'essere vivi e il "riuscire a trasmettere le nostre emozioni" con il "comunicare"... ma non vogliamo imparare il linguaggio di questa comunicazione.E qui faccio una dichiarazione che immagino impopolare.
C'è una enorme distanza fra il provare un'emozione (processo interno) e l'esprimerla e comunicarla efficacemente (processo esterno).
Per spiegarmi farò una citazione.
Anni fa, su una rivista fotografica ancora in commercio, scriveva un tizio sotto lo pseudonimo di Chenz. Ancora ricordo a memoria linizio di uno dei suoi articoli: "Siete 'il'
fotoamatore evoluto medio. E siete nello studio medio del fotoamatore medio: 18m x 12 x 6, nel quale 8 banchi ottici Balcar illuminano la modella media: 18 anni, bionda, statuaria, completamente nuda e totalmente priva di inibizioni nei confronti del fotografo. Avvicinate l'occhio al mirino della vostra macchina fotografica... ed ecco che davanti a voi non avete più la modella, ma un cartoncino grigio medio Kodak 18% e una griglia di composizione. Perché se non è così, la foto non vi viene!".
Per dirla con altre parole:
se quel cantante così ricco di pathos e che tanto vi emoziona provasse veramente le emozioni che descrive e trasmette mentre canta, NON POTREBBE CANTARE. Non ci riuscirebbe: le emozioni lo travolgerebbero e glie lo impedirebbero, "spezzandogli" la voce e strozzandogli la gola.
Quindi, una cosa è
provare l'emozione o il sentimento. E tutta un'altra è
trasformare questo in una comunicazione efficace. Per arrivare a questo risultato occorre conoscere e sperimentare tutto un "come si fa",
un linguaggio con i suoi segni, le sue "parole", la sua sintassi e grammatica, e i suoi aspetti non-verbali.
E' di questo che si tratta in questo thread. Del "come si fa" e delle sue radici fisiologiche e culturali.
Certamente NON delle emozioni in sé, o del sesso degli angeli, né di filosofia. Ma, pragmaticamente, di segni, parole, grammatica e sintassi, ed elementi non-verbali del LINGUAGGIO fotografico, e cioé di COMPOSIZIONE, e , a volte, di come funziona.
Insomma, dell'equivalente fotografico di una nobile arte letteraria: la retorica.
Davide