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Pagine: 1, 2, 3, 4
ConteMaxS
Bene, visto che il discorso mi sta appassionando straordinariamente, vorrei fare come Giorgio e chiedervi di leggere questa.

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Che brutta compressione però....
Cristiano Orlando
Vado citando un po' di persone smile.gif
Dunque concordo con twin quando dice che il linguaggio ha delle difficoltà per via delle differenze tra lingua d'uso e lingua corretta.
Ma andiamo ad analizzare l'esempio che ci pone dell'insetto.
Affermi che una foto sfocata non è una buona foto documentale... come fai ad affermarlo? Se la leggi solamente, non puoi affermare che non è documentale, anzi se non hai delle strutture di giudizio tu non puoi neanche sapere cos'è una foto documentale. (non dico che non lo sai eh?! ragiono per assurdo). Ora se io ammetto che non esistano delle strutture guardando una foto sfocata, come fai ad affermare che è sfocata e cosa ti fa dire che per essere una foto documentale deve essere a fuoco?
Il giudizio ha una accezione negativa è vero, ma per una stortura storica mentre sarebbe più corretto sentire il giudizio come una proposizione o matematicamente come una funzione. Se io dico che A è in una qualche relazione con B, io ne sto assumendo la validità assoluta, non bastano infatti mille dimostrazioni di questa relazione, ma ne basta una per inficiarne la validità. Per questo motivo e secondo questa logica il giurato o chi per lui giudica un imputato colpevole secondo le prove, ma basta un ragionevole dubbio per invalidarne il risultato. E' questo secondo il citato Popper il principio di falsificazione, non è matto che un giorno si è svegliato e invece che verifica ha detto falsificazione. Una cosa non si può verificare quante siano le verifiche, ma si può falsificare con un solo esempio.
Che le nostre affermazioni siano compatibili, io credo di sì poichè ritengo che non vi è modo di memorizzare una cosa se non giudicandolo, non è possibile a parer mio , e quì si diverge, leggere attentamente una cosa, se non analizzandola e non si può analizzare una cosa se non dandone una proposizione (giudizio) di volta in volta falsificabile.

[QUOTE]Quando la foto avrebbe finito di essere una “street” ed iniziato ad essere un ritratto, e la definizione di questo confine può essere oggettiva?
[/QUOTE] ci lasci col dubbio però, secondo te?
Come mai croppando ti hanno detto bel ritratto non croppando ti hanno detto bella street e chissà cos'altro se avessi croppato un po' meno?
Quale operazione stanno facendo, nel dire bella street o..?
Cosa gli fa dire che è una street?
E solo infine, cosa gli fa dire che è bella?
[QUOTE]la poesia ne ha fatto un tema d'uso con l'ermetismo

questo porta a non potere dare valori[/QUOTE]
quindi se io dico "m'è caduto l'orologio nella tazza" è la stessa cosa che se io dico (e magari) "La natura è un tempio..."
Da quando c'è l'ermetismo è impossibile dire cosa vuol dire la mia frase o la successiva?
E' impossibile dire quale frase voglia dire qualcosa e quale no?
Ed è possibile dire cos'è l'ermetismo?

[QUOTE]ma solo a potere effettuare delle ricerche nella dimensione del rivelato [/QUOTE]
e che ricerche posso fare se non mi è rivelato?
Posso dire che una foto è rivelata?
E perchè posso dirlo?

Sembro un pazzo che fa solo domande, ma credo sia importante stabilire cosa e come leggo la foto. Seogni frase risultassem impossibile, allora vorrebbe dire e c'è un grosso filone che lo pensa allora sarebbe meglio smettere di pensare e di parlare. Finora io ho trovato solo una cosa di cui non si PUO' parlare, di Dio.
Se Margior è uno studioso di filosofa, ha immedatamente capito a chi mi sto riferendo, e ne capisce anche le problematiche legate a questa assenza di parola, ossia il relativismo. Le parole di Ratzinger evidentemente sono meno stupide di quello che possono sembrare. wink.gif

[QUOTE]Al massimo ci possono essere dei codici condivisi di definizione[/QUOTE] e lo vedi che su molte cose siamo d'accordo?
Ma cos'è un codice condiviso di definizione e come lo si ottiene?come potrei applicare qualcosa che non conosco?
E in firerimento al manuale, perchè l'hai dovuto studiare? Perchè era importante l'oggettività dello studio o il metodo di lavoro? Io credo il secondo,in base alla frase che ho citato.

[QUOTE]Il “controtempo” in realtà non esiste, si tratta di figure musicali che per la loro divisione ritmica, “violano” quello che musicalmente è definito battere.
Il battere, in pratica lo posiamo sperimentare tutti...[Come faccio a mettere a riposo tutte le mie sovrastrutture/QUOTE]
perfetto! ti chiedo perchè dovresti farlo? Nel dire che quello è controtempo non stai esprimendo un giudizio (una affermazione, una proposizione...)di merito senza essere di valore? Chi applica tale tecnica, tu non dici che suona male, perchè è controtempo, dici che suona in controtempo (o simile), non gli dai un valore (positivo-negativo), ma gli dai un valore.
Cosa invece ti fa dire che uno suona male? In rapporto a cosa?
Se tu non avessi una sovrastruttura non avresti una opinione, quindi non potresti dire nulla in merito alla questione, io non posso ad esempio parlare di quello che stai parlando tu, ma so facilmente riconoscere se uno suona male e ancora più facilmente se mi piace o no. Perchè?

[QUOTE]il vero senso è il NON senso[/QUOTE]
se ci pensi un attimo però, secondo me è ovvio.
Se io dico che una cosa non ha senso è un non senso, io uso una negazione di qualcosa, ma se abbiamo prima detto che una falsificazione fa crollare il castello teorico, allora la negazione del senso è l'unica cosa che ha senso biggrin.gif e quindi io nego la negazione, ottenendo (almeno in Italiano) una affermazione.
[QUOTE]Io non parlerei di violazione o trasgressione[/QUOTE]
E perchè? credo che Ludo abbia centrato il problema [QUOTE]una struttura metrica diversa da quella alla quale siamo abituati[/QUOTE] ma come hai fatto a leggerla? come fai a dire che non è trasgressione se l'hai solo letta?

Mi scuso con tutti per la prolissità.
Cris
Gennaro Ciavarella
In uno dei tanti interventi, fatto non so da chi mi è scattato un memento e, alla fine ho ritrovato il percorso che vi segnalo con queste due piccole citazioni

Walter Benjamin, Piccola storia della Fotografia
Oppure si contempla l’immagine di Dauthendey, il fotografo, il padre del poeta, risalente all’epoca del matrimonio con la donna che egli un giorno, poco dopo la nascita del loro sesto figlio, trovò nella camera da letto della sua casa di Mosca con le vene dei polsi tagliati. La donna sta lì, accanto a lui, e lui ha l’aria di sostenerla; ma lo sguardo di lei lo oltrepassa, risucchiato da una lontananza colma di sciagure. Se si indugia abbastanza a lungo su una simile fotografia, si capisce come anche gli estremi si tocchino: una tecnica esattissima riesce a conferire ai suoi prodotti un valore magico che un dipinto per noi non possiede più. Nonostante l’abilità del fotografo, nonostante il calcolo nell’atteggiamento del suo modello, l’osservatore sente il bisogno irresistibile ricercare nell’immagine quella scintilla magari minima di caso, di hic et nunc, con cui la realtà ha folgorato il carattere dell’immagine, il bisogno di cercare il luogo invisibile in cui, nell’essere in un certo modo di quell’attimo lontano si annida ancora oggi il futuro, e con tanta eloquenza che noi, guardandoci indietro, siamo ancora in grado di scoprirlo.
La natura che parla alla macchina fotografica è infatti una natura diversa da quella che parla all’occhio; diversa specialmente per questo, che al posto di uno spazio elaborato consapevolmente dall’uomo, c’è uno spazio elaborato inconsciamente. … Solo attraverso la fotografia egli scopre questo inconscio ottico, come attraverso la psicoanalisi, l’inconscio istintivo. …

E più avanti, quasi profetico
La macchina fotografica diventa sempre più piccola e sempre più capace di afferrare immagini fuggevoli e segrete, il cui effetto di shock blocca nell’osservatore il meccanismo dell’associazione. A questo punto deve intervenire la didascalia, che include la fotografia nell’ambito della letterarizzazione di tutti i rapporti di vita, e senza la quale ogni costruzione fotografica è destinata a rimanere approssimativa. … Ma un fotografo che non sa leggere le proprie immagini non è forse meno di un analfabeta? La didascalia non diventerà per caso uno degli elementi essenziali dell’immagine fotografica?

Ancora Benjamin in Angelus Novus
… non possiamo rappresentarci in nessuna cosa una completa assenza di linguaggio. Un essere che fosse interamente senza rapporto con la lingua è un’idea; ma questa idea non si può rendere feconda neppure nell’ambito delle idee che definiscono, nella loro cerchia, quella di Dio. …

Non posso negare che, senza pensare alla fotografia questo discorso, sempre più interessante, mi ha portato alla mente una bellissima poesia di Borges da Luna de enfrente che spero di riuscire a postarvi

gennaro
ConteMaxS
Giorgio hai visto?
E' tutta colpa tua, la discussione si è fermata perchè tu non ti fai sentire.
Allora, che fai?

sergiopivetta
si è fermata?

forse è ora di tornare a fare qualche fotografia biggrin.gif

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sergio
margior
Ciao ConteMaxS (lo scrivo giusto...), mi piacerebbe molto fare come dici, e poi il caffé..."solo a Napoli 'o sanno fa'..."...
Non mi sembra che la discussione si sia fermata, anzi! blink.gif
A due pagine di post al giorno, bisogna prendere appunti...per andare avanti!


Lo spunto di PAS del crop, non solo è importante per segnalare la "fluidità tra generi" che dopo tutti i post di oggi darei per acquisita.
Ci segnala anche che esistono tutta una serie di problemi legati al che cosa è "fotografia". Nel caso specifico uno di questi problemi è appunto che sempre storicamente la fotografia ha avuto e ha tra le sue possibilità la "manipolazione successiva allo scatto".
Non credo debbano essere spese molte parole, ci intendiamo su questo, capiamo di cosa stiamo parlando e limitiamoci a tenerlo a mente. Posso essere rigoroso nell'inquadratura, posso non avere la possibilità di essere rigoroso perché intorno...fischiano pallottole, posso scattare già sapendo o già decidendo che dovrò fare postproduzione di qualunque tipo essa sia (crop, montaggio, ritocco...pensiamo allo still, o a elaborazioni e contaminazioni di ogni genere), etc.
Un altro problema statutario sul "cosa è" potrebbe essere: è un arte? E anche qui possiamo dire che molto fluidamente la fotografia è arte e arte applicata (Parentesi ludica: poi è anche...gioco, hobby!?! Quindi ancora arte! Siamo buoni con noi stessi!). Nel senso che può essere arte o arte applicata, ma direi molto spesso che fluidamente tanta fotografia scattata "come" arte applicata è arte e magari ci mette solo un po' a diventarlo! Un esempio assolutamente inventato, il primo che mi viene in mente: un fotografo di architettura raccoglie negli anni un formidabile portfolio, che per ampiezza di soggetti, per particolarità di stile, etc. viene raccolto e pubblicato in volume...le foto erano opere d'arte già prima, il book rende pubblica la cosa...

Problemi statutari sono anche quelli che si poneva Benjamin, lettura obbligata, e ringraziamento per le citazioni molto belle. E' ovviamente interessante e fondamentale il tema della "letterarrizzazione": foto/didascalia/testo. Ma vi prego non adesso. Magari io personalmente ci provo domani partendo dai life bellissimi che fioccano dalla community.

Spendo due parole sulla serie di considerazioni interessanti emerse nel dialogo tra Cristiano Orlando, Twinsouls e altri citati da Cristiano Orlando medesimo.

La prima cosa che mi sento di dire ma senza nessunissimo intento polemico con Cristiano è questa: l'esercizio filosofico (ma anche quello psicanalitico...mi par di capire!) "è" esercizio filosofico (psicanalitico), poi si ritorna nella realtà semplicemente...un poco (o un tanto) diversi. Non è che di colpo si mette in dubbio tutto (oddio potrebbe anche succedere!). Quindi una foto sfuocata è sfuocata e basta, nessuno qui l'ha mai messo in dubbio. In altri termini quando, dopo essere scesi negli abissi, risaliamo in superficie (ritorniamo a parlare di fotografia), ci riprendiamo la nostra "cultura", il bagaglio delle nostre conoscenze, la nostra cassetta degli attrezzi, che si è arricchita...di una nuotata negli abissi.
E, nonostante la nuotata, vedo ancora cosa è a fuoco e cosa no, sicuramente sono più consapevole di come usare questo mezzo espressivo onirico/spaziale nel giusto contesto.

Dico nel giusto contesto per dire che effettivamente differenze di peso delle componenti di una foto a seconda del genere ovviamente esistono, con tutte le eccezioni del caso.
Magari bisognerebbe dedicare una giornata a questo tema con esempi.

Riguardo al tema lettura/collocazione, lettura/comprensione, io direi come Twinsouls lettura/comprensione/collocazione.
Parentesi. Più che postare foto e dire "leggetela" (vero Giorgio!!!!!!) direi che siccome, nella realtà (sic!) è la foto che ci solletica/sollecita alla lettura, chi posta deve postare o linkare qualcosa che lo ha solleticato e leggere per primo. Poi seguono commenti.
Lettura, posso leggere e fermarmi lì perché la foto non mi dice nulla (e anche qui c'è un motivo), non ha rimandi, è decontestualizzata. Oppure passo alla comprensione di un qualcosa che la foto chiaramente esibisce. La collocazione è un'operazione più complessa che richiede un numero di conoscenze e informazioni superiori di tipo storico critico estetico sull'autore e sul contesto.

Infine una precisazione OT per Cristiano Orlando: sugli "ismi" la penso male, nel senso che non mi piacciono, siano assolutismi, relativismi o psicologismi. Quanto al pensiero, autorevole, di papa Ratzinger, non l'ho mai commentato ne mai lo commenterei in questa sede, anzi ho (con una parentesi) tentato di chiarire che non centrava nella discussione.

Un'ultima cosa, ma qui c'è un grande interesse per la musica!

Buona serata
Martino








@chie
Sinceramente, pur avendo una base di regole e tecniche di ripresa, magari antidiluviane, mi ritrovo quasi sempre a scattare seguendo il mio istinto, fatte salve le impostazioni elementari senza le quali la foto nemmeno verrebbe.
E quando una foto mi piace (accade di rado e non sempre piace anche ad altri) lo vedo da subito, scoprendo solo in un secondo momento, "leggendola" con attenzione, alcuni dettagli più o meno parlanti.
Guardandola a distanza di tempo continuerà a "parlarmi" ma credo che nessun altro potrà mai leggervi ciò che leggo io!!
Non credo di essere capace di immaginare la foto prima di scattarla, o forse non lo voglio!
Mi piace gustare quel sottile piacere della sorpresa, positiva o negativa, nel vedere gli scatti eseguiti a fine giornata ed allora, e solo allora, "leggere" i dettagli visti al momento dello scatto.
Probabilmente non faccio testo.
biggrin.gif
Giorgio Baruffi
QUOTE(ConteMaxS @ Nov 30 2005, 09:50 PM)
Giorgio hai visto?
E' tutta colpa tua, la discussione si è fermata perchè tu non ti fai sentire.
Allora, che fai?
*



hai ragione, in parte... biggrin.gif

ma il sonno colpisce anche i nikonisti, e ieri sera sono crollato, ora scappo in fabbrica, ma stasera continuo...

devo anche dire che, anche se auspicati, interventi come quelli che ho letto, così profondi, non me li aspettavo e ne sono strafelice, nel contempo però so di fare fatica ad arrivare a certi livelli, sono gnorante io! laugh.gif

buona giornata!
PAS
Riprendo contatto con il thread per segnalarvi un interessante fondo di Emanuele Costanzo sul numero di dicembre di Foto Cult.
Ha una serie di argomentazioni sostanzialmente in tema con quanto proposto da Giorgio ma con un ulteriore spunto:
Ne sintetizzo il messaggio:
<<la lettura (o estrapolando: la pratica) della fotografia come strumento privilegiato per conoscere se stessi>>
Se lo avete letto cosa ne pensate?
ConteMaxS
QUOTE(PAS @ Dec 1 2005, 10:27 PM)
Riprendo contatto con il thread per segnalarvi un interessante fondo di Emanuele Costanzo sul numero di dicembre di Foto Cult.
Ha una serie di argomentazioni sostanzialmente in tema con quanto proposto da Giorgio ma con un ulteriore spunto:
Ne sintetizzo il messaggio:
<<la lettura (o estrapolando: la pratica) della fotografia come strumento privilegiato per conoscere se stessi>>
Se lo avete letto cosa ne pensate?
*



Mmmmmmm, approfondisci, che la cosa mi stuzzica ma ho qualche difficoltà....
PAS
QUOTE(ConteMaxS @ Dec 1 2005, 10:52 PM)
Mmmmmmm, approfondisci, che la cosa mi stuzzica ma ho qualche difficoltà....


Il fondo si chiama appunto “Conosci te”
Te ne do una mia interpretazione:

La chiave di lettura che ciascuno di noi usa di fronte ad una fotografia ha una forte componente soggettiva e su questo si sono già scritti fiumi di parole (pardon di bits).

Bene perché allora non utilizzare questa soggettività come introspezione.

In parole povere leggiamo il nostro modo di leggere la fotografia per conoscere meglio noi stessi.
Mi fermo qui perché forse è meglio che tu ti legga tutto il fondo.


PAS
Esempio: (scusa ma io sono un pragmatico e mi piace semplificare con degli esempi)

provo a leggere la tua foto della manifestazione.

La mia lettura è stratificata su vari livelli; impatto estetico, analisi più razionale di tecnica fotografica, sensazioni che derivano dal tipo di soggetto …..ecc.

Il responso di ciascun livello di lettura mi dice qualcosa di me stesso delle mie preferenze, dei miei gusti, ma non solo, leggendo bene anche di aspetti più profondi e meno conosciuti del mio io.

Questa analisi introspettiva, resa dinamica, può anche evidenziare le evoluzioni e le maturazioni di questi aspetti e darmene maggiore consapevolezza.

Ho fatto abbastanza cas..o?
ConteMaxS
In pratica, potremmo dire che in qualche modo vai a leggere quelle cose che ti appartengono e che magari metti in tuo scatto?

Aspè, mi spiego.

Se nella lettura della mia foto, riesci a trovare parti sconosciute del tuo io, potrebbe anche essere che questi aspetti sconosciuti, tu stesso li metti in tuo scatto.

Quindi anche leggere la proprie fotografie.....
PAS
QUOTE(ConteMaxS @ Dec 1 2005, 11:37 PM)
In pratica, potremmo dire che in qualche modo vai a leggere quelle cose che ti appartengono e che magari metti in tuo scatto?

Aspè, mi spiego.

Se nella lettura della mia foto, riesci a trovare parti sconosciute del tuo io, potrebbe anche essere che questi aspetti sconosciuti, tu stesso li metti in tuo scatto.

Quindi anche leggere la proprie fotografie.....



Esatto!
Qualche thread più in là, ne ho aperto uno con titolo: perché ho fotografato così.

Il processo che ci porta a scegliere quel soggetto e fotografarlo a quel modo non è casuale.
Dipende sì da una maturazione di tecnica e di conoscenze del mestiere ma sotto c’è un DNA che fa da regia a tutto questo.
Idem nella lettura delle foto di altri.

Cercando queste radici potremmo probabilmente conoscere un po’ meglio noi stessi.
Più facile a dirsi che a farsi. Ma penso ci sia del vero.


ConteMaxS
E quindi LEGGERE la fotografia è un fatto ENORME.
Che non può esaursi facilemente.
PAS
Restando sempre nel campo degli esempi, in questo caso esempi a noi familiari:
Perché Morgan fotografa prevalentemente paesaggi e non interviene quasi mai a commentare still life. Viceversa per Ludofox.
Eppure conoscono entrambi la fotografia a livello professionale, i mezzi tecnologici sono sostanzialmente gli stessi, la cultura di base è affine.
E’ solo un fatto casuale?
Estrapolando l’ipotesi di E. Costanzo , no!
margior
Scusate io ho veramente sempre pochissimo tempo, ConteMaxS non mi menare...avrò più tempo domani...

Comunque leggendo gli interventi ultimi di @chie e PAS, un passo avanti molto grande lo vedo, nel senso che in generale noi quando ricerchiamo un mezzo espressivo per comunicare con efficacia siamo selettivi e sintetici Quello che chiamiamo stile, e che in alcuni casi emerge con chiarezza anche dall'insieme degli scatti di alcuni qui sul forum è un insieme di tratti selettivi.
Selettività che opera a diversi livelli (dalla scelta dei soggetti, alla scelta della tavolozza cromatica, etc.). La lettura di una foto parte sostanzialmente da qui ed è possibile proprio quando la foto stessa "si fa leggere" cioè detto molto sommariamente presenta questi aspetti.

Ora questo discorso ha veramente tante implicazioni in...ogni direzione! Dal modo in cui noi "viviamo" in mano il nostro apparecchio fotografico, come nota @chie, fino ad arrivare appunto al rapporto foto/testo.

Datemi tempo e sarò lieto di continuare questa discussione.

Ciao
Martino
Gennaro Ciavarella
vorrei porvi meglio gli argomenti insiti alle provocazioni (ebbene si) che vi avevo postato

prima provocazione
la citazione di popper: si pone la domanda, il relativismo può porsi e se si come nell'ambito della lettura di un arte?

seconda provocazione
prima citazione di benjamin: l'hic et nunc affermato da benjamin alla fine dice che sempre, e sottolineo, sempre, la foto prescinde dalla volontà del fotografo, da' indicazioni su altro. Se così fosse la lettura implica la comprensione dell'altro e sempre, al di là della cosidetta cifra stilistica, provocherebbe la quasi impossibilità di avere tipologie fotografiche (inteso nel senso più alto di stilemi riconducibili a forme come il romanico, il figurativo e ... fate voi)

terza provocazione
la seconda citazione di benjamin: la lettura è impossibile senza didascalia e qui si va ad inserire sul vero, falso e rappresentato in fotografia

credo, infine che dovremmo partire da punti certi

se si fissa l'assioma che la fotografia è arte quali sono i suoi caratteri fissi che la distinguono (e qui per me si ripropone l'hic et nunc)

insomma io sono confuso e voi?

gennaro
_Nico_
QUOTE(GiorgioBS @ Nov 25 2005, 07:38 AM)
Ma soprattutto, esiste la possibilità di codificare un metodo universale in grado di aiutarci a “leggere” una fotografia?


Arrivo FTM (fuori tempo massimo), e mi perdonerete se ripeterò quanto già è stato scritto da altri. Anch'io avrei risposto pacificamente "no", alla domanda di Giorgio, ma a essere corretti la risposta è probabilmente "sì". Peccato che non ci giovi: una lettura (quasi) universale concorderebbe su un fatto inoppugnabile, davanti a una foto: "questa è una foto". Lettura quasi universale, perché immagino già che qualche originalone affermerebbe il contrario persino davanti all'oggetto fotografia... smile.gif
Naturalmente concordare sul fatto che una foto è una foto ci gioverebbe a poco...

Quindi la risposta alla domanda di Giorgio è "no", mi metto nel coro. Non esiste una lettura universale d'alcunché per la semplice ragione che se fosse possibile avremmo una sola lingua. Il linguaggio è registrazione di differenze. Quando dico "albero" sto dicendo "questa cosa" e non le altre. Dico simultaneamente ma implicitamente "non cocomero", "non canguro", e così via... Naturalmente è l'esperienza che forgia la lingua, e qui nascono le ulteriori differenziazioni. Noi abbiamo un termine per dire "neve", gli esquimesi ne hanno più di dieci, se non ricordo male. E nell'Africa equatoriale certe tribù distinguono sino a cento tipi di verde diverso...

Il linguaggio visivo, tuttavia, è più esclusivo di quello verbale, e al contempo più ambiguo. Se dico "tavolo" li comprendo tutti, se disegno un tavolo sicuramente ne sto escludendo tantissimi, per esempio quelli rotondi (se l'ho disegnato quadrangolare), ovali, triangolari, e così via. Il linguaggio visivo è più ambiguo (il termine non è coretto, ma lo uso per comodità) perché differisce profondamente da quello verbale in un punto: questo si fonda su unità minime prive di significato, i fonemi. Il linguaggio verbale è posizionale e differenziale. I fonemi "ma" e "re" acquistano significato solo in rapporto alla loro posizione. Una cosa è "mare", altra "rema", anche se nella nostra lingua mostrano una connessione che trascende il significato logico -e qui le cose si complicano... smile.gif

Nel linguaggio visivo non esistono unità minime prive di significato: anche un semplice punto, l'unità minima del linguaggio visivo, è carica di per sé di significato. Inoltre non esiste una chiara differenza posizionale e differenziale che rende univoco il vocabolo. Mare e rema sono inequivocabili, mentre disporre prima un cerchio e quindi un quadrato, o viceversa non rende affatto inequivocabile il significato.
Quindi mi spiace contraddire Valerio, ma discorsi "chiari", cioè inequivocabili, non esistono nel linguaggio visivo...

QUOTE(PAS @ Nov 25 2005, 11:39 AM)
In altre e povere parole: un discorso confuso si presta a mille interpretazioni, un discorso chiaro, no


Sembra una questione marginale, ma è stata decisiva nell'evoluzione della civiltà, e ancora c'impronta. Avete fatto caso che le religioni che si fondano sulla parola "inequivocabile", trasformata in legge, sono tutte iconoclaste, cioè non ammettono l'uso di immagini per la sfera del sacro, e tendono ad allargare il divieto il più possibile?
Qui la Bibbia è chiarissima: Mosè torna con le tavole della legge e per prima cosa fa incinerire il vitello d'oro... Proprio perché le immagini sono portatrici d'un ventaglio di significati ben più ampio del linguaggio verbale. Sono meno controllabili.......

Non ti farai scultura e alcuna immagine né di quello che è su in cielo, né di quello che è quaggiù sulla terra, né di quello che è in acqua, sotto terra (Esodo, 20, 4)

Più chiaro di così... Ma siamo sommersi d'immagini... Già. Il punto è che il Cristianesimo ha duplice anima: ebraica e iconoclasta, greco-romana e "iconurgica", come dico io (cioè forgiatrice d'immagini...). E se si va a rivedere la storia dell'Occidente si scoprirà che certi conflitti secolari vedono come epicentro proprio il contenzioso sulle immagini. Non ultimo proprio l'ultimo scisma cristiano nel Cinquecento...

Scusate se mi sono dilungato. Su questo aspetto chiudo qui, al momento. Ci sono altri due fattori di massima da considerare. Il primo è già stato menzionato da Davide: la mappa e il territorio. La foto in quanto oggetto, è un territorio, diciamo così, ma in quanto rappresentazione di qualcos'altro da sé è una mappa. E anche questo influisce. Nel nostro forum tendiamo a privilegiare il territorio, cioè ci concentriamo sulla foto, ma la lettura più comune privilegia la mappa. In altre parole, nel caso d'una foto delle Maldive noi privilegiamo composizione, luce e così via, insomma proprio la foto, ma la lettura più comune e generale si concentrerà sulla mappa: "che belle le Maldive!".

Un altro aspetto che influirà sulla lettura molteplice della foto (e d'un qualsiasi manufatto artistico) è l'intenzionalità/inintenzionalità. Anche in questo caso noi tendiamo a privilegiare l'inintenzionalità, cioè a valutare la foto non per ciò che voleva comunicare il suo autore, ma per ciò che comunica a noi. Tendiamo a privilegiare il "cosa dice a me", piuttosto che il "cosa voleva dire l'autore" (cioè la sua intenzione...).

Infine il contesto. Essenziale. Torno sul lemma "mare". Esso acquista significato, come ogni parola, in rapporto al contesto. "Tempesta sul mare adriatico" crea un contesto in cui il lemma ha un significato inequivocabile. "Naufragar m'è dolce in questo mare" genera un contesto completamente diverso: il mare di cui si parla, anzi che si evoca, forse non è nemmeno liquido, sebbene la parola sia identica...

Bene, chiudo qui la sbrodolata... smile.gif
_Nico_
Dimenticavo di dire un cosa un po' OT: tecniche fotografiche sta divenendo il pensatoio del forum, e ciò mi fa molto piacere. Complimenti a tutti per il loro contributo!
PAS
Maurizio, ci contavo proprio che la “strega” ti desse tregua ed intervenissi nel thread.
Innanzitutto mi rimangio l’affermazione citata, determinata dalla mia evidente visione ingegneristica del mondo e che poi proseguendo nel cammino del thread ho più volte contraddetto.

Hai ributtato la palla al centro con alcuni spunti di riflessione che sono vere pietre miliari e soprattutto con una chiarezza espositiva esemplare.
Occorre metabolizzarli (almeno per me) e poi rifletterci su.

Ad un certo punto della discussione ho detto che la stessa sarebbe stata bene in evidenza, perché destinata a contributi che possono anche diluirsi nel tempo.
Il “pensatoio” ha bisogno anche di calma e tranquillità per dare buoni frutti.

Grazie ed a presto
Valerio
ConteMaxS
QUOTE(PAS @ Dec 2 2005, 02:13 PM)
Maurizio, ci contavo proprio che la “strega” ti desse tregua ed intervenissi nel thread.
Innanzitutto mi rimangio l’affermazione citata, determinata dalla mia evidente visione ingegneristica del mondo e che poi proseguendo nel cammino del thread ho più volte contraddetto.

Hai ributtato la palla al centro con alcuni spunti di riflessione che sono vere pietre miliari e soprattutto con una chiarezza espositiva esemplare.
Occorre metabolizzarli (almeno per me) e poi rifletterci su.

Ad un certo punto della discussione ho detto che la stessa sarebbe stata bene in evidenza, perché destinata a contributi che possono anche diluirsi nel tempo.
Il “pensatoio” ha bisogno anche di calma e tranquillità per dare buoni frutti.

Grazie ed a presto
Valerio
*




Valè, vacci piano, che poi questo si fruscia un poco troppo......

COMUNQUE, ti sei fatto vivo CARO Nico detto Maurizio!!!!
Un altro avvocato delle cause perse, va, viene......
_Led_
QUOTE(PAS @ Dec 2 2005, 02:13 PM)
...
Ad un certo punto della discussione ho detto che la stessa sarebbe stata bene in evidenza, perché destinata a contributi che possono anche diluirsi nel tempo.
Il “pensatoio” ha bisogno anche di calma e tranquillità per dare buoni frutti.

Grazie ed a presto
Valerio
*



Sono d'accordo, un 3D bellissimo, lo leggo e lo rileggo e trovo sempre spunti interessantissimi. Grazie a tutti, io proverò a dare qualche contributo solo se in grado di aggiungere qualcosa al già tanto presente.
margior
QUOTE
Nico_ Inviato il Dec 2 2005, 11:45 AM

Il linguaggio visivo, tuttavia, è più esclusivo di quello verbale, e al contempo più ambiguo. Se dico "tavolo" li comprendo tutti, se disegno un tavolo sicuramente ne sto escludendo tantissimi, per esempio quelli rotondi (se l'ho disegnato quadrangolare), ovali, triangolari, e così via. Il linguaggio visivo è più ambiguo (il termine non è coretto, ma lo uso per comodità) perché differisce profondamente da quello verbale in un punto: questo si fonda su unità minime prive di significato, i fonemi. Il linguaggio verbale è posizionale e differenziale. I fonemi "ma" e "re" acquistano significato solo in rapporto alla loro posizione. Una cosa è "mare", altra "rema", anche se nella nostra lingua mostrano una connessione che trascende il significato logico -e qui le cose si complicano... 
Nel linguaggio visivo non esistono unità minime prive di significato: anche un semplice punto, l'unità minima del linguaggio visivo, è carica di per sé di significato. Inoltre non esiste una chiara differenza posizionale e differenziale che rende univoco il vocabolo. Mare e rema sono inequivocabili, mentre disporre prima un cerchio e quindi un quadrato, o viceversa non rende affatto inequivocabile il significato.


Correggimi se sbaglio, Nico, ma leggo tra le righe di questa tua analisi che hai ovviamente limitato al “linguaggio visivo” l’esplicitazione del limite della semiologia nell’accostarsi al fenomeno artistico in generale.
Ovvero la semiologia riesce a restituirci sorprendenti analisi di singole opere o contesti, analisi tuttavia non trasferibili alla generalità del “fare” dell’arte.
Correggimi ancora se sbaglio, e lo dico perché sono convinto che tu per formazione abbia ben maggiore competenza in questo orientamento di studi, ma trovo invece un grande pregio dell’approccio semiologico, proprio nella capacità di analisi di singoli contesti. In fondo, quando diciamo, convenzionalmente (e in alcuni casi secondo uno stereotipo) ad esempio “il linguaggio della prospettiva rinascimentale”, “il linguaggio del cinema noir” facciamo un chiaro riferimento ad un orientamento che tende ad individuare sistemi di segni e codici, condivisi e/o condivisibili da emittente e destinatario. C’è in tutto questo un grande pregio chiarificatore, didattico e se vogliamo molto contemporaneo, proprio perché tocca anche un tema al centro della riflessione sull’arte contemporanea, cioè la comunicazione.

Tuttavia per semplificare molto e misurare la distanza tra manifestazioni artistiche e linguistica in generale potremmo dire che le prassi creative dell’arte sono anarchiche, si reinventano, pur manifestando ovviamente logiche interne proprio perché “vogliono” comunicare, mentre la lingua, salvo casi particolari come ad esempio le onomatopee, si dà con relazione arbitraria, da apprendere, tra oggetto percepito e concetto, tra il suono “libro” e il concetto “libro”.

A proposito dell’interesse che per noi possono avere proprio le prassi creative, vorrei segnalare quanto sono importanti le occasioni in cui si ha la possibilità di entrare nell’officina creative di un autore, in qualunque ambito esso operi.
Una “semplicissima” esposizione “bibliografica” dedicata a Italo Calvino alla biblioteca Sormani di Milano, permette attraverso la semplice consultazione di lettere (ebbene sì, non e-mail!) di scorgere quanta progettualità ci possa (o meno) essere dietro ad un’opera e di cogliere, nel contempo, a distanza di anni (in questo caso anni, in altri secoli) quale scarto si crei tra intenzione e opera stessa. Qui c’è in sostanza lo scarto tra autore e opera conclusa.

Ritorno poi su un tema che traspare qua e là in questa ampia discussione, cioè l’istinto. “Scatto d’istinto”: bisognerebbe chiedersi che cosa è! E’ un qualcosa che si forma! E’ un qualcosa che potremmo anche chiamare con il nome di esperienza! Come lo strumento musicale è “strumento”, così è per la macchina fotografica, tuttavia possono diventare parte di noi. Il riuscire a vederci mentre fotografiamo con facilità come se fossimo fuori da noi stessi e contemporaneamente vedere “fotograficamente” quello che stiamo fotografando (!) è indubbiamente un punto d’arrivo, come lo è per un musicista mentre suona (e fonte di grande piacere interiore).
Poi per carità, il talento esista, tutti lo vediamo, si manifesta con capacità diverse, o di tipo tecnico superiore, o di tipo espressivo superiore, o tutte e due le cose insieme. E come esiste in musica, etc. esisterà anche in fotografia!
ConteMaxS
Allora rileggendo un po' tutto sono arrivato ad una mia conclusione.
Questo vale per me ovviamente.

Consentitemi un "linguaggio molto schematico", correrei il rischio di dire sempre le stesse cose.

Dunque:

La Fotografia è espressione artistica;
l' espressione artistica prevede un linguaggio non per forza codificato;
linguaggio attraverso il quale l' utore esprime, comunica, qualcosa di sè della sua esperienza;
esperienza arricchita anche dalla conoscenza dell' altro e dai saperi (letteratura, scienza, ecc...);
la macchina fotografica è il mezzo tecnico/tecnologico attraverso il quale l' autore può realizzare la sua opera (la penna, la macchina da screivere...il PC per il Poeta).

Ora, quello che ho capito io, ribadisco IO, è che per capire cosa l' artista sta dicendo, devo necessariamente mettere in discussione ma non rimuovere il mio punto vista, il mio linguaggio.

Non è facile.

Aiutatemi a corregere qualcosa, ad aggiustare il tiro.
_Nico_
QUOTE(margior @ Dec 4 2005, 01:40 AM)
Correggimi se sbaglio, Nico, ma leggo tra le righe di questa tua analisi che hai ovviamente limitato al “linguaggio visivo” l’esplicitazione del limite della semiologia nell’accostarsi al fenomeno artistico in generale.
Ovvero la semiologia riesce a restituirci sorprendenti analisi di singole opere o contesti, analisi tuttavia non trasferibili alla generalità del “fare” dell’arte.

Hai letto bene tra le righe, ma forse con eccessiva minuzia... smile.gif
Effettivamente la semiologia, cioè la disciplina che studia i segni (dal greco sema=segno), lavora con efficacia su sistemi convenzionalizzati: in tutti quei casi, semplificando parecchio, in cui il segno > + < viene interpretato come > più <.
Concordo con te che lavori efficacemente su quei settori del 'fare artistico' in cui si può rintracciare un qualche sistema convenzionale di segni, ma è anche vero che esistono discipline che già vi lavorano, come a esempio l'iconografia (raffigurazione di "donna con ruota dentata" nel contesto "chiesa" significa "santa Caterina") o l'iconologia, che ricerca il significato non palese d'un'immagine.
Per farti ancora un esempio pratico, ho superato l'esame di semiologia dell'arte con un'analisi iconologica d'un quadro...

QUOTE(margior @ Dec 4 2005, 01:40 AM)
... trovo invece un grande pregio dell’approccio semiologico, proprio nella capacità di analisi di singoli contesti. [...] C’è in tutto questo un grande pregio chiarificatore, didattico e se vogliamo molto contemporaneo, proprio perché tocca anche un tema al centro della riflessione sull’arte contemporanea, cioè la comunicazione.

Uno dei problemi centrali dell'arte contemporanea, che tocca anche la fotografia, è secondo me la riduzione di comunicazione... Nel senso che la comunicazione implica di necessità un mettere in comune, cioè creare una condivisione di segni e dunque di significati. L'individualismo e di conseguenza la ricerca ossessiva dell'originalità puntano però in direzione opposta. Il Novecento si apre col programma d’una lingua plastica di rifondazione del mondo, e si chiude con un mondo di lingue senza programma.
Gennaro Ciavarella
QUOTE(_Nico_ @ Dec 4 2005, 12:21 PM)
...Il Novecento si apre col programma d’una lingua plastica di rifondazione del mondo, e si chiude con un mondo di lingue senza programma.
*


grande Nico

la babele dei linguaggi espressivi

questo mi ha richiamato questo: processi stocastici

... Un processo stocastico è una famiglia di variabili casuali che dipendono da un parametro t...

possiamo dire che la lettura è un insieme di processi stocastici multiparametrici ...?

ritornando a noi, la difficoltà esiste ed è innegabile e i meccanismi culturali su cui di fatto vive la fotografia sono inevitabilmente gli stessi



ma ora voglio fare un passo nel passato di questa discussione

ieri ripensando a questa discussione mi sono rivenuti in mente i condizionamenti che noi fotografi ci riportiamo dietro e che costringono le nostre foto in determinati ambiti

scrivendo il mio primo life (su un mio viaggio recente ed all'interno del viaggio stesso) mi sono accorto che le foto non riguardavano tutti gli aspetti incontrati ma solo una parte e che tale parte era l'espressione del mio portato linguistico

insomma era quello che interessava me e che io ritenevo "da fotografare"

altri aspetti mancavano nonostante io li avessi ritenuti importanti

per esempio mancava la miseria, le assurdità, le malattie, le baracche, eppure i miei occhi avevo visto tutto quanto e la mia memoria ne è segnata

evidentemente anche questo si legge in una foto

in questo caso io leggo il mio condizionamento costruito sulle indicazioni avute da qualche redattore di riviste di viaggio per cui, quando ero giovane, avevo costruito degli itinerari

anche le foto di giorgiobs e di pas hanno un non espresso che si costruisce su come non sono state costruite

insomma anche il tolto e l'evitato fa parte della costruzione delle foto

gennaro
Michele Festa
Potrei sintetizzare il succo dei vostri ultimi interventi, che più la fotografia risulta essere un insieme di segni universalmente codificati e convenzionalmente interpretati, maggiore sarebbe la uniformità di giudizio. Peccato però che la mente umana non è un teorema matematico che applicato darebbe un risultato univoco, pochè da qui si crea il ricorso dell'argomento inerente l'influenza che esercita l'essenza insita in ognuno di noi, che inevitabilmente cambia il nostro metro di giudizio, lo inquina e lo rende totalmente difforme da quello di altri, rendendo vano il nostro sforzo di rendere scientifico il sistema valutativo stesso dell'immagine, il nostro io inevitabilmente si fonde con l'interpetazione dell'immagine stessa, dandole magari un significato che noi vorremmo che avesse, enfatizando questo o quell'altro aspetto del segno iconografico, perchè tale esaltazione risveglia in noi emozioni che ci danno piacere, per cui il nostro cervello tende ad enfatizzare tale piacere, dando la precedenza a caratteri iconografici, che magari alla vista di un altro osservatore , sono del tutto influenti, perchè le sue emozioni sono diverse ed il suo cervello a sua volta fa una sorta di igiene visiva di quegli elementi che non stimolano sufficientemente le emozioni, che come impronte digitali sono uniche ed irripetibili.

Michele
margior
QUOTE
ConteMaxS Inviato il Oggi, 10:37 AM

La Fotografia è espressione artistica;
l' espressione artistica prevede un linguaggio non per forza codificato;
linguaggio attraverso il quale l' utore esprime, comunica, qualcosa di sè della sua esperienza;
esperienza arricchita anche dalla conoscenza dell' altro e dai saperi (letteratura, scienza, ecc...);
la macchina fotografica è il mezzo tecnico/tecnologico attraverso il quale l' autore può realizzare la sua opera (la penna, la macchina da screivere...il PC per il Poeta).

Ora, quello che ho capito io, ribadisco IO, è che per capire cosa l' artista sta dicendo, devo necessariamente mettere in discussione ma non rimuovere il mio punto vista, il mio linguaggio.

Non è facile.


ConteMaxS, ma tu vuoi tutto bello e pronto, una ricetta sicura! Non è facile! biggrin.gif

A parte gli scherzi: non è che bisogna sempre "capire", tante volte ci si abbandona al piacere estetico, etc. E non solo, ma "capire" che cosa? dal momento che un'opera vive una sua vita autonoma rispetto alle stesse intenzioni di chi l'ha messa al mondo! La filologia ci ha raccontato tutto dei libri posati sullo scrittoio di Petrarca mentre scriveva le sue Rime Sparse, di quali sfide linguistiche e letterarie si cibava quest'uomo, ma il significato dei suoi versi, proiettato oltretutto nel 2006, per noi è anche molto, molto altro! Oltretutto può succedere di tutto, Petrarca si "nutriva", ad esempio, di Virgilio, attraverso calchi in volgare di versi dell'Eneide e di altre opere, e un Leopardi, guarda caso, si è a sua volta nutrito di un Petrarca che si era nutrito di Virgilio! Magari (ma molto magari) inconsapevolmente.

Sul "devo necessariamente mettere in discussione, ma non rimuovere...il mio linguaggio...", attenzione! Chi ha mai detto questo? Rimuovere credo sia un termine neanche mai echeggiato, non introduciamolo! Mettere in discussione mi sembra anche scorretto! Al massimo possiamo dire "mettere tra parentesi". A posto del "devo necessariamente", forse sarebbe più prudente dire "può essere che...". Insomma, dipende da cosa si ha di fronte e soprattutto da che cosa è che intendi per "mio linguaggio"!!!!

Di fronte ad una delle opere di Mondrian di rigoroso astrattismo, sicuramente se il "tuo linguaggio" è quello della "prospettiva", allora devi "metterlo tra parentesi" ma ti è comunque fondamentale (davvero!) per capire quale è l'urgenza comunicativa di Mondrian.
Capisci però bene quanto sia "irreale" e "innaturale" questo esempio.

Insomma, per fortuna non siamo fatti così, o meglio quella che dovresti inserire più correttamente nella descrizione del tuo processo è più una tematica dell'abitudine, che un atto che "dobbiamo sempre compiere".

Ora tu mi menerai...ma devo andare a pranzo!
Grazie anche a Nico!
Spero di essere qui presto, ma sarà dura!
Gennaro Ciavarella
vorrei aggiungere per il filone linguaggi

ci sono alcune opere artistiche che riescono a sconfiggere la babele e che "emozionano"

l'esempio che mi viene in mente è guernica di picasso

io trovo che una persona che si ponga senza preconcetti davanti quest'opera legge tutta la tragedia e la disperazione del gesto, sente le urla e sente il dolore

ma questo pare a me qui ed ora

cosa ne pensate?

gennaro
ConteMaxS
QUOTE(margior @ Dec 4 2005, 01:45 PM)
ConteMaxS, ma tu vuoi tutto bello e pronto, una ricetta sicura! Non è facile! biggrin.gif


Insomma, per fortuna non siamo fatti così, o meglio quella che dovresti inserire più correttamente nella descrizione del tuo processo è più una tematica dell'abitudine, che un atto che "dobbiamo sempre compiere".

Ora tu mi menerai...ma devo andare a pranzo!
Grazie anche a Nico!
Spero di essere qui presto, ma sarà dura!
*



Ecco, ecco, questo mi mancava, ecco cosa stonava nel mio discorso.
Vedi, mentre scrivevo (suonavo?!) le cose di cui sopra, avvertivo la mancanza di un passaggiuo, io stesso mi accorgevo di essere rigido.
Faccio un piccolo parallelismo.
Quando studiavo musica, c'è stato un periodo in cui, condizionato molto dagli amici e dalla moda del momento, cominciai ad approfondire esclusivamente l' aspetto tecnico dello strumento.
Mi resi conto così, ad un certo punto, io che sono un' istintivo, che difficilmente mi conformo (o almeno mi illudo che sia così) cominciai a soffrirne, il mio modo di suonare non era più spontaneo e chi suonava con me se ne accorgeva.
Non a caso alla domanda "che musica preferisci?" ho sempre risposto "Bo", in tutte le mie cose cerco sempre di non limitarmi, cerco di spaziare.
Allo stesso tempo, quando mi apro a nuovi saperi, proprio in risposta alla mia istintività, ho bisogno di mettere anche un po' di ordine, cercando, con metodologia, di catalogare le cose.
Poi ritorno sui miei passi.
Tant' è che quache post più dietro, io stesso ho ribadito il tuo concetto rispndendo a Davide riguardo alle divisioni ritmiche nella musica Indiana.
Quindi, grazie per l' enorme quantità di conoscenze che state condivdendo con me e grazie a margior per avermi aiutato a riaggiustare il tiro.


.....e che hai mangiato poi?
Cotoletta alla Milanese?
Io polpi affogati (olio di oliva del Salento, pomodori Campani, olive nere (np), una punta di peperoncino e prezzemolo) e col sugo ci ho condito gli spaghetti.
Falanghina dei Campi Flegrei (e chi ci crede....) per accompagnare.
sergiopivetta
-antipasto di 4-5 fette di salame e qualche pezzo di formaggio stagionato.
-un paio di minestroni seguiti, qualche volta, da un risotto con asparagi o funghi o... .
-polenta e skiz, e costicine.
-un litro di vino clinto
-grappa "da troi" per finire

questo quello che mi mangio quasi tutte le domeniche sera. Sto una settimana a stecca e mi sfogo la domenica sera, anche perchè la domenica è la giornata in cui posso fare una corsa di parecchi Km (perchè c'è tempo e luce per stare sullle gambe per ore) e, la sera, il giusto premio per le sane fatiche.

Al mio stomaco il faticoso compito di scomporre il tutto perchè possa essere archiviato dove serve.
Ma la fatica è poca, è abituato e allenato a farlo.

Quello cui io non sono per nulla allenato a fare è digerire gli splendidi vostri interventi in questo 3d.
Davvero ricchi, profondi, interessanti, coinvolgenti.

Ma, calma, un pò per volta, datemi il tempo di digerirli, scomporli, capirli per poterne archiviare gli insegnamenti.
Con le foto forse me la cavo, ma con i vostri concetti ci devo andare molto più piano biggrin.gif

Pollice.gif

sergio
ConteMaxS
E...essì, questa pure è poesia.
Che dire?
margior
ConteMaxS, cerco di completare la risposta...

Non è che noi di fronte ad un quadro, una foto, etc. dobbiamo fare alcunché di complicato.

Il mio intervento, molti post fa, relativo ad una possibile concettualizzazione del contrasto in una foto come "sommamente chiaro e scuro"...etc. aveva come obiettivo quale interesse (e quali implicazioni, ma questo è un altro discorso) possa avere uno "slittamento" sul piano percettivo di tanti concetti che "diamo per scontati": per fare esempi cretini, il tempo è quello del mio orologio, lo spazio è quello dove viaggiano le astronavi, etc.

In un post qui vicino di Sergio Pivetta (a proposito, proprio tu!, farai fatica ad archiviare la teoria, ma nella prassi mi sembri...moooolto avanti!), se non sbaglio sul ritratto, ad un certo punto viene fuori qualcosa di molto bello su Leonardo e la luce che ora non ricordo bene: ecco Leonardo è stato anche un grandissimo fenomenologo, cioè era sommamente interessato ai fenomeni della percezione, come "vediamo" le cose, come sono costruite dalla luce, come "costruiamo" lo spazio, tutte cose che rimangono valide...anche dopo la relatività di Einstein! Solo che facciamo una certa fatica a riappropriarcene...


QUOTE
_Nico_ Inviato il Oggi, 11:21 AM

Uno dei problemi centrali dell'arte contemporanea, che tocca anche la fotografia, è secondo me la riduzione di comunicazione... Nel senso che la comunicazione implica di necessità un mettere in comune, cioè creare una condivisione di segni e dunque di significati. L'individualismo e di conseguenza la ricerca ossessiva dell'originalità puntano però in direzione opposta. Il Novecento si apre col programma d’una lingua plastica di rifondazione del mondo, e si chiude con un mondo di lingue senza programma.


Ecco, hai posto quell'accento sulla necessità di mettere in comune, che ha tante implicazioni "positive" e "progressive", mentre dai un giudizio sul Novecento che non riesco appieno a valutare, se molto realistico e disincantato o con una punta negativa e pessimistica.

Buona serata

A cena sono fuori...quindi non so cosa mi aspetta!


ConteMaxS
QUOTE(margior @ Dec 4 2005, 08:55 PM)
ConteMaxS, cerco di completare la risposta...

Non è che noi di fronte ad un quadro, una foto, etc. dobbiamo fare alcunché di complicato.

[.......]

Buona serata

A cena sono fuori...quindi non so cosa mi aspetta!
*



Chiaro, chiarissimo.
Pensa che ho deciso di approfondire il discorso con delle letture, la prima me l' ha consigliata mia moglie.
Speriamo solo di riuscirci e se vi interessa vi dirò.
Ma quando dici:

QUOTE
(a proposito, proprio tu!, farai fatica ad archiviare la teoria, ma nella prassi mi sembri...moooolto avanti!)


ti riferisci a me?
Se è così grazie...anzi, è un bene o un male che nella prassi sono avavnti?

Buona serata anche a te.
Se mangi la Pizza ti consiglio un bel ripieno (o' cazone..calzone) al forno alla Napoletana: ricotta, salame, mozzarella e pepe (per il ripieno). Un po' di pomodoro, non nel ripieno ma sulla pizza stessa. Troppo campanilismo?
Buon appetito.
Giorgio Baruffi
questo 3D, per me, farà la fine del libro di Pieroni, lo adoro, continuo a leggerlo, ma non sono sicuro di capirlo! laugh.gif laugh.gif
Cristiano Orlando
Quanto mi rode non riuscire a seguire il thread come vorrei.
Maurizio ancora una volta ci si trova su posizioni vicine anche se non coincidenti (o almeno così mi sembra).
QUOTE
Quando dico "albero" sto dicendo "questa cosa" e non le altre. Dico simultaneamente ma implicitamente "non cocomero", "non canguro"


Domanda... e se dico essere?... quale "non" sto sottolineando? Non sottolineo una cosa, ma una molteplicità di cose in una molteplicità di accezioni. Ad esempio la frase "L'Essere è" è per noi perfettamente comprensibile, ma logicamente di una problematicità spaventosa per tantissimi motivi comprensibilicon minimo sforzo. Uno per tutti
se io scrivo "l'essere è" e "L'Essere è" ho una serie di implicazioni spazio-temporali-linguistiche-semantiche etc etc impressionante.
A maggior sostegno quindi di quanto dicevi tu che non esiste una sola lettura possibile.
Altrettanto vale per gli eschimesi, anche in Finlandia esistono una decina di "nevi" diverse proprio per una necessità di comunicazione e quindi con quella parola precisa si dicono un sacco di non. Ma io non comprendo solo in rapporto a un non, ossia...la negazione della frase l'essere è sarebbe "l'essere non è" e si aprirebbe una discussione mastodontica oppure anche la negazione logica "il non essere non è" ne apre infinite. Quindi? Tanto vale non parlarne?
Può essere una soluzione, ma noi abbiamo scelto di parlarne, anzi abbiamo scelto di costruire una scienza (per meglio dire più scienze) su questo: La linguistica, la filosofia del linguaggio, la semiologia, persino la biologia se ne occupa.
E su che cosa le fondiamo se i significati sono pura ambiguità? In effetti noi con la parola albero non identifchiamo affatto "una" cosa, ma una serie di cose di cui albero è la generalizzazione e a che ci serve la generalizzazione? La lingua quindi non è affatto chiara, non diversamente dal linguaggio visivo.
Il dubbio che mi si pone è se la lingua e i linguaggi possono essere studiati in maniera scientifica (pseudo-scientifica, paradigmatica etc etc) la fotografia come linguaggio visivo può esserlo?
Se sì, da cosa dipendono le differenti interpretazioni, che differiscono sia in senso orizzontale tra pari "livello" sia in senso vertcale tra "diversi livelli"?
Pensare al linguaggio come registrazione di differenze, non la trovo (personalmente) una definizione affatto soddisfacente sia per il significato ambiguo di registrazione, sia perchè non credo che il linguaggio possa essere semplicemente registrato, sia per la limitatezza del termine registrare che si applica a ciò che conosciamo, sia per la genericità del termine differenze etc etc.
Credo per tanto che possa esistere non un significato univoco, ma una analisi comune su diversi livelli dei linguaggi, fotografia compresa.
Quindi alla domanda di Giorgio io risponderei "sì e no" mettiamoci d'accordo sui termini.
Cris
ConteMaxS
QUOTE(Cristiano Orlando @ Dec 5 2005, 10:56 AM)
Quindi alla domanda di Giorgio io risponderei "sì e no" mettiamoci d'accordo sui termini.
Cris
*



E stiamo punto e a capo.

P.s. Guagliò, se tu mangi quanto parli, mi sa che i sacrifici che fa tuo padre non bastano proprio.
Cristiano Orlando
QUOTE
Guagliò, se tu mangi quanto parli, mi sa che i sacrifici che fa tuo padre non bastano proprio


laugh.gif laugh.gif laugh.gif laugh.gif laugh.gif laugh.gif
E fammi sfogare quì! E' l'unico esterno a casa in cui parlo tranquillamente! biggrin.gif
Giorgio Baruffi
ecco, Cristiano (complimenti!!!) ha colto esattamente, e con parole migliori delle mie, il punto che mi ha fatto aprire il topic, e sul quale ancora siamo, almeno io, sul "ni" (ecco perchè continuo a rileggere quel libro)...

Credo per tanto che possa esistere non un significato univoco, ma una analisi comune su diversi livelli dei linguaggi, fotografia compresa.

e se provassimo a "codificarcela" noi questa analisi comune?
_Nico_
QUOTE(Cristiano Orlando @ Dec 5 2005, 10:56 AM)
Pensare al linguaggio come registrazione di differenze, non la trovo (personalmente) una definizione affatto soddisfacente sia per il significato ambiguo di registrazione, sia perchè non credo che il linguaggio possa essere semplicemente registrato, sia per la limitatezza del termine registrare che si applica a ciò che conosciamo, sia per la genericità del termine differenze etc etc.
Credo ci sia un equivoco, Cristiano... smile.gif
Non è il linguaggio che viene registrato, è il linguaggio che registra le differenze. smile.gif

Sulla genericità dei termini, che lamenti, non dirò nulla: non è questa la sede per dibattere in dettaglio la natura del linguaggio. Ma si tratta di termini sufficienti per descrivere quanto necessario. In merito all'esempio del termine essere, Amleto sarebbe in grado di indicarti l'altro polo smile.gif (ma anche secoli di riflessione ontologica a partire dalla scuola eleatica...).

QUOTE(Cristiano Orlando @ Dec 5 2005, 10:56 AM)
Ma io non comprendo solo in rapporto a un non, ossia...
Cristiano, l'esclusività del linguaggio è implicita. Ho scritto poco fa "Cristiano". Ho scritto implicitamente "non Armando" ecc., cioè "questo e non altro".

QUOTE(Cristiano Orlando @ Dec 5 2005, 10:56 AM)
In effetti noi con la parola albero non identifchiamo affatto "una" cosa, ma una serie di cose di cui albero è la generalizzazione e a che ci serve la generalizzazione? La lingua quindi non è affatto chiara, non diversamente dal linguaggio visivo.
Mi ricordi il filosofo che insisteva di vedere il "cavallo", ma non la "cavallinità". smile.gif
Più che di generalizzazioni, parlerei di "schemi categoriali". Eh, accidenti, quanto ci servono gli "schemi categoriali"... Operano sin dalla percezione, e in fondo non sono altro che il processo tramite cui costruiamo la "struttura che connette" (di cui il linguaggio è uno strumento, il principale), che ci consente di ricondurre a un fattore comune la molteplicità dei fenomeni.

QUOTE(Cristiano Orlando @ Dec 5 2005, 10:56 AM)
Credo per tanto che possa esistere non un significato univoco, ma una analisi comune su diversi livelli dei linguaggi, fotografia compresa.
Mi piacerebbe, davvero... Se ci arrivaste, datene notizia: la comunità scientifica vi sarà grata.
ConteMaxS
Maronna, a me.....me gira 'a capa!!!!!
Giorgio Baruffi
QUOTE(ConteMaxS @ Dec 5 2005, 09:28 PM)
Maronna, a me.....me gira 'a capa!!!!!
*



laugh.gif laugh.gif laugh.gif laugh.gif

sei sempre troppo forte!!!

certo che la conclusione di Maurizio fa pensare, mi devo rileggere ancora tutta la discussione (la cosa mi piace però!) wink.gif
Gennaro Ciavarella
e allora ?

grande nico tongue.gif

tornando alle mie ambiguità
1. in fotografia c'è un solo linguaggio ?
2. sono corretti i discorsi di benjamin ?

dico quel che penso

la fotografia è un modo effettuato attraverso dei mezzi di esprimere qualcosa

l'espressione di qualcosa è il linguaggio?

e se il mio linguaggio non viene inteso, che senso ha?

insomma, ritorniamo al caso posto da giorgio e da pas con le foto ?

gennaro
davidebaroni
QUOTE(gciavarella @ Dec 6 2005, 06:08 PM)
tornando alle mie ambiguità
1. in fotografia c'è un solo linguaggio ?
2. sono corretti i discorsi di benjamin ?
*



Caro Gennaro, non so se i discorsi di Banjamin siano o no corretti. Credo che, come tutti i discorsi, siano corretti in una certa misura, e da un certo punto di vista. tongue.gif

QUOTE(gciavarella @ Dec 6 2005, 06:08 PM)
dico quel che penso

la fotografia è un modo effettuato attraverso dei mezzi di esprimere qualcosa
*



E fino qui siamo d'accordo. Potremmo altrettanto facilmente affermare che "parlare è un modo, effettuato attraverso dei mezzi (fonazione, parole, frasi, metafore, toni di voce, timbri diversi, modulazioni, ritmi, pause, gestualità ecc.), di esprimere qualcosa".

QUOTE(gciavarella @ Dec 6 2005, 06:08 PM)
l'espressione di qualcosa è il linguaggio?
*



A mio modestissimo parere, no. smile.gif
Il linguaggio, o meglio i molti linguaggi che contemporaneamente usiamo (vedi paragrafo precedente), sono i mezzi che usiamo per esprimere qualcosa. biggrin.gif
In altre parole, la comunicazione è il tentativo, effettuato per mezzo dei vari linguaggi disponibili, di esprimere qualcosa.

QUOTE(gciavarella @ Dec 6 2005, 06:08 PM)
e se il mio linguaggio non viene inteso, che senso ha?
*



Questo è il problema di TUTTI i linguaggi. smile.gif
Prima di tutto bisognerebbe occuparsi di avere un linguaggio condiviso. Ma la storia della comunicazione dimostra che non si può arrivare ad un linguaggio COMPLETAMENTE condiviso. Il livello di specificazione di ogni singolo elemento di quel linguaggio necessario a questo sarebbe tale da impedire ogni comunicazione nella pratica...
Si può forse ovviare parzialmente alla cosa accordandosi su cornici, approcci, regole e significati condivisi all'interno di una meta-cornice comune... ma di nuovo, il livello di condivisione raggiungibile nella pratica non permette la certezza che il linguaggio venga inteso. biggrin.gif
Se non ci fosse senso nella comunicazione, a meno che il linguaggio non venga inteso con certezza, saremmo tutti muti, ciechi e sordi. rolleyes.gif laugh.gif Il linguaggio è solo un sistema di simboli. Per inciso, anche nel linguaggio VERBALE, le parole in sè contribuiscono alla formazione del significato solo per il 7% circa. Tono, modulazione, timbro ecc., cioé il linguaggio para-verbale, contribuiscono per il 38%. Il restante 55% è comunque appannaggio del linguaggio del corpo. Ma anche questi dati sono forse semplicistici, perché occorrerebbe tener conto delle congruenze/incongruenze fra i vari messaggi, cosa a cui mr. Birdwhistle non aveva pensato quando iniziò queste ricerche... biggrin.gif

QUOTE(gciavarella @ Dec 6 2005, 06:08 PM)
insomma, ritorniamo al caso posto da giorgio e da pas con le foto ?

gennaro
*



Certo, se vuoi... Ma sospetto che il più sia ormai stato detto, e che per spingerci oltre veramente dovremmo superare i limiti imposti dal linguaggio verbale. smile.gif

Che è l'unico disponibile qui. smile.gif
ConteMaxS
QUOTE(twinsouls @ Dec 6 2005, 09:55 PM)
Che è l'unico disponibile qui. smile.gif
*



Dove?
davidebaroni
QUOTE(ConteMaxS @ Dec 6 2005, 09:45 PM)
Dove?
*



...sul Forum... tongue.gif

Vedi come basta poco? Non ho specificato un contesto, ed ecco che la comunicazione è diventata insopportabilmente ambigua... rolleyes.gif laugh.gif
ConteMaxS
QUOTE(twinsouls @ Dec 6 2005, 10:52 PM)
...sul Forum... tongue.gif

Vedi come basta poco? Non ho specificato un contesto, ed ecco che la comunicazione è diventata insopportabilmente ambigua... rolleyes.gif  laugh.gif
*



Ahhhh, io pensavo nella faccina!

Invece, senti quà, cioè senti a me.

Questa discussione mi ha risvegliato una gran voglia di riprendere a suonare e studiare.
Proprio due minuti fa ho ritrovato questo metodo:

Conversation in Clave
by Horacio "El Negro" Hernandez
The Ultimate Technical Study of Four-Way
Indipendence in Afro-Cuban Rhythms

Bello no?
Conversare in Clave....
ConteMaxS
E questa è la divisione di base.
davidebaroni
QUOTE(ConteMaxS @ Dec 6 2005, 10:00 PM)
Questa discussione mi ha risvegliato una gran voglia di riprendere a suonare e studiare.
Proprio due minuti fa ho ritrovato questo metodo:

Conversation in Clave
by Horacio "El Negro" Hernandez
The Ultimate Technical Study of  Four-Way
Indipendence in Afro-Cuban Rhythms

Bello no?
Conversare in Clave....
*




QUOTE(ConteMaxS @ Dec 6 2005, 10:25 PM)
E questa è la divisione di base.
*



Guarda, ConteMaxS, se tutta questa discussione non fosse servita ad altro che a stimolare il tuo desiderio di suonare e studiare, sarebbe valsa la pena di farla. smile.gif
E penso che molti altri, io per primo, siano stati in qualche modo "stimolati" a (ri)scoprire altre forme espressive e considerarle come linguaggi, e forse a rivedere il proprio rapporto con il linguaggio quotidiano. smile.gif

Conversare in clave, eh? Dovrò passare una giornata solo per capire la notazione musicale della divisione di base (non sono un musicista, ribadisco), ma stai stimolando anche me.

Dov'è la mia chitarra? laugh.gif
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