Giorgio Baruffi
Nov 25 2005, 06:38 AM
premessa: qualche fotografia che possa servire da "case study" ci può stare, anzi, ci dovrà essere, mi piacerebbe però sviluppare bene ajche la teoria, una nostra teoria.
Fotografie...
…già, ne vediamo ogni giorno, ovunque, giornali, riviste, cartelloni pubblicitari ed internet, nei forum dedicati ad esse come il nostro soprattutto…
Ma come le guardiamo?
Come le “leggiamo”?
Seguiamo una logica oppure ci lasciamo trascinare dall’istinto?
Ma soprattutto, esiste la possibilità di codificare un metodo universale in grado di aiutarci a “leggere” una fotografia?
Vi immagino li seduti davanti al vostro monitor:
“Eh ma quante domande, e siamo solo all’inizio del post, chissà dove vuole arrivare questo qui?”
ecco, appunto, dove vorrei arrivare? (azz… un’altra domanda!)
la risposta è semplice, perlomeno è semplice, per me, specificare dove mi piacerebbe arrivare, poi arrivarci sarà compito di tutti noi, assieme, ognuno con le proprie esperienze e con le proprie convinzioni, dettate dalla diversa cultura che possediamo, da come viviamo la fotografia ma anche la vita quotidiana (che influisce, sempre secondo me, notevolmente anche davanti ad una fotografia) …
ah, la risposta, vero, avete ragione: leggere la fotografia con consapevolezza, con metodo, con modalità “codificate” ma che possono, sempre consapevolmente, essere stravolte o ignorate di volta in volta.
Riporto un brano di un libro che amo molto, forse è più chiaro di quanto lo sono stato io fino ad ora (beh, fa il professore di storia della fotografia alla Sapienza, per forza è più chiaro di me che assemblo iniettori!):
“L’immagine fotografica, io credo, va pensata un po’ come si pensa un albero: se mi limito a come lo vedo esteriormente (il tronco, le foglie, il movimento al vento, la dimensione) mi mancherà la consapevolezza delle radici profonde e gigantesche che si ramificano ed entrano in contatto con altre realtà, mi mancherà inoltre la percezione della sua crescita nel tempo. Se invece pretendo di osservarne solo la parte di solito invisibile: il sotto, il dentro, l’altrove, mi perderò quella frase d’amore incisa sulla corteccia di un salice, o non saprò più comprendere il senso di un cipresso in un giardino all’inglese: mancherò di cogliere, insomma, il ruolo che svolge, il mio oggetto d’analisi, nel mondo reale.
…
Una fotografia è dunque tanto apprezzabile quanto studiabile, tecnicamente in quanto fotografia, e stilisticamente o iconograficamente in quanto immagine.”
(cit. Augusto Pieroni)
Spero di essere stato in grado di spiegare le mie intenzioni, e con questo creare ad un thread lungo e costruttivo, che possa servire a tutti (me per primo) a leggere le fotografie in maniera sì naturale, ma ragionata e profonda.
giorgio
Massimo Pasinato
Nov 25 2005, 08:02 AM
QUOTE(GiorgioBS @ Nov 25 2005, 06:38 AM)
Spero di essere stato in grado di spiegare le mie intenzioni, e con questo creare ad un thread lungo e costruttivo, che possa servire a tutti (me per primo) a leggere le fotografie in maniera sì naturale, ma ragionata e profonda.
giorgio
Caspita Giorgio, bellissima iniziativa!
Molto profonda e impegnativa....
Buona giornata, ciao Massimo
sergiopivetta
Nov 25 2005, 09:12 AM
Giorgio, hai toccato un tasto importante.
L'argomento che lanci io lo vivo quotidianamente con il mio lavoro.
Spesso quando faccio un ritratto, un matrimonio, mi pongo questa domanda.
"...quello che io ho intenzione di fare piacerà al destinatario?"
Cosa significa questo?
L'immagine che sto per fare è la mia interpretazione del soggetto, mediata da un colloquio iniziale, dalla mia esperienza, cultura,emozioni e dalla reazione del soggetto per le stesse variabili.
Ma se la mia scelta non è quella immaginata dal cliente?
Avrò fatto un fiasco.
Nelle mie valutazioni devo anche pensare:
"...come guarderà la mia immagine il cliente?"
E come vede una immagine una persona, è quanto di più personale ci sia.
Il maniaco della tecnica (e qui nel forum ce n'è una cospiqua rappresentanza...

) peserà il mio lavoro sulla nitidezza, sull'attrezzatura usata, sulle mille variabili tecnologiche che influiscono sul prodotto. Meno gli importerà l'armonia nella composizione o la spontaneità dell'espressione.
Il critico d'arte analizzerà il mio ritratto come fosse un quadro esposto nel museo, composizione, accostamenti cromatici, masse luminose contapposte alle ombre.
Il frustrato sessualmente se troverà qualche centimetro scoperto in più griderà allo scandalo.
Il narciso godrà della sua bellezza enfatizzata dalle luci e più spesso dalle ombre.
Momento clou di questi diversi modi di guardare lo riscontro quando faccio una personale.
Guardo il pubblico sfilare davanti le mie foto e ne noto le reazioni.
Spesso sono diametralmente opposte proprio per i motivi che ho descritto e lo vedo quando guardano due immagini molto diverse fra di loro, magari una ad alto contenuto tecnico e l'altra erotico.
Il nostro modo di analizzare e giudicare una foto dipende da noi, dalle nostre esperienze, tabù, passioni, cultura e, non meno importante, dalla stima nell'autore.
In generale sappiamo distinguere quando c'è o manca un serio contenuto qualitativo, le reazioni ai diversi messaggi contenuti nell'immagine, possono però essere molto diverse da osservatore ad osservatore.
sergio
ludofox
Nov 25 2005, 09:43 AM
Caro Giorgio.
Il nostro amico Sergio ha, come al solito, analizzato il problema in modo profondo e del tutto condivisibile.
Ti faccio un esempio per analogia, attingendo alla mia altra grande passione.
Quando ascolto un brano musicale, vado a ...scovare per prima cosa l'arrangiamento, ...i giri di basso (come impropriamente si dice), le battute del batterista.
Ma la mia esperienza in questo campo, seppur breve e di scarsa qualità, si è espressa lì.
Far parte di un gruppo (nella fattispecie ero bassista), e quindi partecipare attivamente alla costruzione, alla composizione, o solo alla interpretazione di un brano, fa si che si possano acquisire gli strumenti di analisi per capire meglio la musica che ascoltiamo.
Chi ascolta un capolavoro (a mio avviso) quale "The Nightfly" di Donald Fagen (1982), lo potrà apprezzare tanto più, se riuscirà a scovare, oltre l'armonia del canto, tutto ciò che sta ...dietro. L'arrangiamento, l'orchestrazione.
Nello stesso modo, fotografare attivamente, fa acquisire gli strumenti necessari per capire una fotografia.
Tutto questo per dire che la creatività di ognuno di noi, prende percorsi diversi, ...anche diametralmente opposti, ...ma altrettanto efficaci e razionali.
I percorsi determinati dalla nostra personalità, quando questa riesce a ...farsi largo nel mare della avvilente omologazione e standardizzazione.
Parlo di creatività non a caso e non impropriamente credo.
Peché, anche per ascoltare un brano musicale o osservare una foto, è necessaria una buona dose di creatività.
-------------------
Sto pensando dove spostare questa discussione. "Tecniche", credo sia la collocazione più corretta.
OK, ci vediamo là.
stella.degli.angeli
Nov 25 2005, 09:49 AM
QUOTE(ludofox @ Nov 25 2005, 09:43 AM)
Tutto questo per dire che la creatività di ognuno di noi, prende percorsi diversi, ...anche diametralmente opposti, ...ma altrettanto efficaci e razionali.
sono d'accordissimo, forse tecnicamente una foto può essere giudicata "universalmente", ma quello che trasmette credo sia solo un fattore soggettivo.
oesse
Nov 25 2005, 10:06 AM
guardare e' un po' "mangiare". Ed ogni giorno mangio qualcosa di diverso.
Questo per dire che, a mio avviso, pur concordando con quello che e' stato detto, molto dipende da come mi sento. Ed in base a come sto, osservo con piu' o meno attenzione cio' di cui ho bisogno. Quello che ieri mi e' sfuggito, oggi lo posso cogliere in un lampo. Quello che ieri ho visto, oggi mi puo' sembrare senza interesse.
Condivido con Ludovico una profonda passione per la musica (sempre presente nella mia vita, per anni anche 24 ore al giorno). E come nella musica mi e' capitato di riscoprire dopo anni brani che per anni avevo sentito piu' che ascoltato, lo stesso fenomeno si ripropone anche con la fotografia.
Come diceva platone, non ci si puo' bagnare 2 volte nello stesso fiume...e di questo divenire io mi appassiono.
.oesse.
maxter
Nov 25 2005, 10:19 AM
Le domande di Giorgio sono un pò le mie domande da tanto tempo. Anche perchè penso, (sbagliando?), che solo comprendendo "intimamente" perchè una foto è bella si possa provare a migliorare e andare alla ricerca dell'immagine perfetta. Certo, quello che l' immagine comunica, i sentimenti che l'autore ci ha messo e quello che ci fa provare. Ma, al di là che è bello quel che piace, ci debbono essere anche altri parametri, più tecnici, rigorosi, che fanno si che si debba dire questa è bella e questa è brutta. Voglio dire: le macro, lo still life, lo sport.....i sentimenti e le emozioni c'entrano ma fino ad un certo punto. E' da un pò di tempo che cerco di leggere le foto che mi piacciono per capirne il perchè, partendo dagli elementi più freddi ed oggettivi che ci siano: soggetto, inquadratura, rispetto delle regole compositive o meno, colori,...per poi cercare tra di loro degli elementi comuni. Una foto piace o non piace. Ma esistono elementi oggettivi, razionali, tecnici, perchè una foto sia ritenuta "quasi universalmente" bella? Secondo me si, e ben lo sanno quelli che tecnicamente, razionalmente, costruiscono immagini con il fine di indurre emozioni o sentimenti nell'osservatore. Quali sono, questi elementi? Al momento non so rispondere, ma è lo studio che sto facendo proprio sulle immagini che nel forum riscuotono maggior successo. Capita anche a qualcun altro? Avete già raggiunto alcune conclusioni? Non ce n'è bisogno perchè è già tutto scritto?
PS
Spero di aver interpretato bene il 3d di Giorgio e di aver proseguito, con le mie domande, nel solco da lui tracciato; io penso di essere in linea, ma se ho sbagliato chiedo scusa a Giorgio per primo e a tutti voi.
PAS
Nov 25 2005, 10:39 AM
La mia professione mi porta quasi sempre a fare sintesi e semplificare.
Questo perché mi aiuta a capire meglio ed a spiegarmi meglio.
Con il progredire dell’età poi le sinapsi si impigriscono ed è bene cercare di non sovraccaricarle.
Semplificando, appunto, io tendo ad usare chiavi di lettura affini per le opere della creatività.
Ovvero fotografie come dipinti, come libri, come film, come brani musicali, ci parlano sì con linguaggi diversi ma nelle diverse lingue troviamo sempre sostanza comune.
Poiché il tema che poni è “leggere la fotografia”, allora i soggetti sono due: chi ha realizzato la fotografia e chi ne prende visione.
Ho utilizzato il termine “realizzato” e non “fotografato” perché ritengo faccia parte della fotografia anche una sua elaborazione successiva allo scatto ed il contesto in cui viene presentata.
Per affinità: lo stesso brano musicale lo si può ascoltare in un auditorium o attraverso le cuffie dello stereo di casa.
Essendo quindi due i soggetti, il prodotto della lettura dipenderà da entrambi. Chi prende visione di una fotografia non è assolutamente un soggetto passivo che raccoglie un messaggio codificato.
La sua sensibilità, il suo background culturale, il suo stato d’animo e recettività momentanea sono parte determinante.
Ergo. Ritengo che a prescindere dagli aspetti tecnici, facilmente codificabili e valutabili, la summa di sensazioni che stimola la visione di una fotografia tenda ad avere una importante componente soggettiva.
Sta, a mio avviso, nella sensibilità e nell’abilità del fotografo fare in modo che non prevalga questa componente bensì ciò che lui vuole comunicarci.
In altre e povere parole: un discorso confuso si presta a mille interpretazioni, un discorso chiaro, no
Stefi
Nov 25 2005, 10:55 AM
Giorgio bellissima idea, che condivido appieno. Credo sia il modo migliore per far crescere fotograficamente il Forum.
Lancio un'idea (che magari è una stupidaggine):
postiamo una foto (magari partendo da una molto nota o di un grande fotografo, he ne so, HCB, Erwitt, McCurry e chi più ne ha più ne metta, ma poi possiamo passare a una degli utenti) e vediamo i commenti sulla lettura dell'immagine.
Chiederei aiuto (e il tempo) soprattutto dei più esperti e dei fotografi professionisti di questo Forum.
Cominciamo!
HCB: Brie France 1959.
Ho solamente aggiunto le linee rosse sui terzi dell'immagine e le linee blu al centro esatto dell'immagine, come griglia per la lettura.
Stefi
Nov 25 2005, 11:07 AM
Un'altra per dare un'alternativa (ma spero di aver compreso il senso del thread, altrimenti scusa Giorgio!)
Sempre Parigi, sempre HCB.
Io mi sono limitato a segnare alcune cose che m hanno colpito di queste immagini:
- rigore geometrico e compositivo
- punto chiave dell'immagine
- punti di fuga della prospettiva
Non sono in grado per la mia scarsa esperinza di dire quali sono le altre caratteristiche (es. perchè la scelta compositiva è stata questa, quali sono i rapporti luci-ombre, masse chiare e scure, ecc)
margior
Nov 25 2005, 11:45 AM
Pronti, partenza...via! Già partiti? Forse sarebbe bene continuare con qualche premessa metodologica...prima di sezionare chirurgicamente i mostri sacri della fotografia!
Come ogni oggetto polisemantico anche la fotografia può essere approcciata da una molteplicità di punti di vista. Provo a segnalarne tre.
Storico critico se raccolgo le informazioni biografiche dell'autore, cerco di ricostruire percorsi sincronici e diacronici della sua opera, cerco di scoprire attraverso indagini di archivio e testimonianze dirette la vicenda legata ad un suo scatto.
Critico estetico se attraverso i sensi mi pongo come obiettivo il provare a ripercorrere tutti quei percorsi logici ed extralogici che hanno condotto al risultato che ho davanti.
Tecnico fotografico se intendo pormi domande sui mezzi e sui processi utilizzati.
In un'altra sezione del forum è stata riesumata una discussione molto bella su Capa, etc.
Molto schematicamente la famosa foto del miliziano, da un punto di vista storico critico è un "falso a scopo di propaganda". Da un punto di vista critico estetico è una mirabile citazione di opere pittoriche assai famose. Da un punto di vista tecnico fotografico, fare uno scatto cosi, reale, in mezzo a pallottole vere, sarebbe stato forse un bel problema, etc.
Ovviamente la foto in questione è molto, molto altro e su di essa sono stati scritti fiumi di parole...
Tutto questo per dire che ogni scatto, non necessariamente quello del "mostro sacro", ha dentro questa polisemanticità, e tanto più ne è ricco, tanto più si carica di interesse per noi.
Un'ultima considerazione: chi ha la fortuna oggi di fare fotografia, essa sia come arte o arte applicata, nel suo grande o nel suo piccolo, immerso nel presente, non è, non può e non deve essere uno storico, un filosofo, un tecnico. Ma sicuramente deve essere animato dal sacro fuoco della curiosità, della ricettività, della ricerca in ogni ambito.
Complimenti a Giorgio per il topic bellissimo e decisamente impegnativo...
sergiopivetta
Nov 25 2005, 03:28 PM
Rieccomi,
continuo la mia risposta di prima con un esempio pratico che, a suo tempo, mi aveva shoccato non poco.
Diversi anni fa ho fatto un ritratto ad una bimba.
Lei chiede alla mamma di poterlo fare col suo cagnolino, uno stupendo cucciolo dalmata.
L'idea era ottima.

Prima di consegnare il ritratto al cliente, è rimasto esposto in vetrina per qualche giorno.
Sentivo i commenti.
Le mamme, le nonne, apprezzavano la bambina, l'idea di farsi accompagnare dal piccolo amico, i bambini ammiravano, invidiando la bimba, il cagnolino.
Gli amanti della fotografia apprezzavano il ritratto.
Solo un commento mi ha lasciato di stucco.
"...il messaggio è inequivocabile, la bella e la bestia..."
e giù con commenti sulle azioni più depravate immaginabili sui soggetti del ritratto.
Anziani bacchettoni?
No, ragazze poco più che ventenni.
Secondo me malate.
Il metro di misura sta nel nostro cervello, dipende da noi e, come ho già detto, risente pesantemente dalle nostre esperienze, passioni, cultura, tabù.
sergio
Giorgio Baruffi
Nov 25 2005, 08:54 PM
ma come sono contento!
grazie a tutti, splendido inizio...
Stefi, hai fatto bene ed hai interpretato bene, ma, come ha scritto qualcun altro, aspettiamo a "sezionare" delle fotografie, cerchiamo prima (se possibile ovviamente, la sfida è proprio questa) di parlare "lo stesso linguaggio"...
Marco (oesse), concordo in assoluto con te, ma la mia vorrebbe essere un'analisi che porta il nostro sguardo al di là delle pure (e sacrosante aggiungerei) sensazioni personali legate al momento che stiamo emotivamente vivendo...
Sergio decisamente pragmatico, sei sulla strada giusta (per me ovvio)...
ok, continuiamo, cerchiamo, per sommi capi (poi approfondiremo) di tracciare una strada comune...
Sempre cercando di interpretare ciò che ho letto e che più si avvicina al mio scopo, aggiungo un ulteriore tassello.
Capita spessissimo, anzi, quasi sempre, che nel guardare le fotografie che appaiono sul nostro forum si finisca per parlare dei mezzi e delle loro caratteristiche intrinseche che le hanno prodotte: "con che ottica?", "che nitidezza", "mi sarebbe piaciuta più pdc" e via discorrendo, perdendo, forse, il punto di vista reale, la fotografia, il risultato finale, lo scopo per il quale utilizziamo tutti quegli apparati iperteconologici che possediamo.
Sempre dal caro Pieroni, che ci accompagnerà per tutto il 3D, spero non ne abbia a male:
è chiaro che saper dirigere la luce e decidere la strumentazione da utilizzare in relazione alla sua temperatura, non è solo utile a fare migliori immagini in condizioni di illuminazione artificiale, ma ci rende più sensibili all'uso che altri ne possono fare. Questo tipo di alfabetizzazione, però, può finire per costituire un fine e non un mezzo della comprensione: ci si chiude in una pratica e ci si rimane, creando anche una sorta di schema valutativo del tipo: uso corretto/uso scorretto.
Ansel Adams sosteneva che la intima comprensione tecnica del fotografico fosse utile alla bontà del risultato tanto quanto per un pianista il saper costruire un pianoforte.
sergiopivetta
Nov 25 2005, 10:33 PM
Allora Giorgio, se non ho capito male quanto hai aggiunto,
seguo questi tuoi ultimi ragionamenti, raccontando il ritratto che ho fatto al conte Nuvoletti.
Tu scrivi
"... lo scopo per il quale utilizziamo tutti quegli apparati iperteconologici che possediamo..."Il mezzo fotografico ci mette a disposizione dei meccanismi, delle divolerie, che ci consentono, se conosciute e sfruttate, di esprimerci come vogliamo con le nostre immagini (vogliamo o non vogliamo essere i padroni di ciò che facciamo?).
Come leggere una immagine?
In questa foto, invece, non dovete leggere.
Con fare elegante, tranquillo ed estremamente signorile, mi si presenta il conte Nuvoletti.
Lo faccio accomodare su di uno sgabello da pianoforte, e rifletto su come ritrarlo.
Noto che tiene ancora fra le mani un quotidiano.
Bene penso io, una macchia chiara in un insieme di tonalità autunnali e scure mi aiuterà a vivacizzare l'armonia tonale.
Riflettere su ciò che sto facendo, però, significa proprio ragionare, non pettinare pidocchi.
Il quotidiano era molto ben visibile e vi si poteva leggere molto bene il nome della testata.
Una testata, anche se più o meno, è schierata politicamente.
Il conte Nuvoletti è un personaggio pubblico.
Ora io non so se e da che parte politica si schieri, di certo è controproducente che, nel ritratto che sarà esposto nel suo studio, vi si possa leggere un riferimento del genere.
Spiego il mio ragionamento al conte e conveniamo che il giornale è un ottimo alibi per parcheggiare le mani evitando una posa da signora.
Quindi ce lo dobbiamo tenere, e la patata bollente ritorna a me: il problema della riconoscibilità della testata.
Me ne devo inventare una delle mie.
Per un ritratto di quel tipo ho deciso di usare il mio fidato Sinar che, oltre che a permettermi di usare grandi formati di pellicola con conseguente miglioramento della qualità, ha anche la possibilità

di basculare l'obiettivo e/o il piano pellicola.
Decido allora di inclinare il piano dell'obiettivo (per non modificare la prospettiva) quel tanto che basta per sfocare completamente il quotidiano, mantenendo perfettamente a fuoco il viso.
Ecco, sfruttando una caratterisctica del mezzo tecnologico ho potuto elegantemente risolvere, come si confaceva, il mio problema.

sergio
maxter
Nov 25 2005, 10:44 PM
Ottimo,

sergio. Grazie dell'esempio e di aver condiviso il ragionamento che hai fatto, molto utile. Ciao
margior
Nov 25 2005, 10:58 PM
Bella e paradossale la citazione di Ansel Adams, non può credo d'altra parte farci dimenticare quanto sia sempre più importante essere avidi anche di tecnica. Il talento ha implicita in sè una tecnica formidabile spesso a tal punto che è nuova tecnica (semplicemente codificata dopo).
Oggi la necessità di una preparazione tecnica sicura nasce poi dalla contaminazione spinta tra saperi e tra saperi e tecniche stesse.
Il caso stesso del mezzo tecnico applicato al conte Nuvoletti (!) è assai eloquente...e divertente!
Bella anche la scelta di foto di Henri Cartier-Bresson: entrambe con il loro netto nitore mi hanno riportato improvvisamente a mente le "Six memos for the next millennium", le Lezioni Americane di Calvino. Leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità, (consistency).
...
Buona serata
Martino
nuvolarossa
Nov 26 2005, 09:19 AM
Il titolo "Leggere la fotografia" mi porta inevitabilmente a pensare al MIO modo di leggerla, che non è e non deve essere quello universale.
Se una foto mi colpisce e comunica sensazioni al primo impatto allora va bene così e mi fermo, tutte le disquisizioni tecniche passano in secondo piano e a volte non le faccio neanche (è il caso per esempio di grandi foto di reportage), se invece la foto mi comunica poco alla prima occhiata, allora mi soffermo sulle analisi tecniche e di cultura visiva... A volte mi piace, a volte no. Se non mi piace allora passo ad una terza lettura ed esamino "il fotografo" e mi chiedo: "cosa avrà voluto comunicare??? Perchè ha fatto questo scatto?"
Spesso la risposta non c'è, magari perchè il background dell'autore della foto è diverso dal mio, oppure abbiamo sensibilità diverse, oppure la foto è "oggettivamente brutta"!
Un trucco che addotto spesso con le mie foto è mostrarle a chi di fotografia (nel senso di tecnica fotografica) capisce poco e vedere le sue reazioni.... Vi assicuro che serve moltissimo anche a me!
P.S.: finalmente una discussione dove si parla di "fotografia" e non di sensori, megapixel, vetri, plastica e magnesio!!!
margior
Nov 26 2005, 11:46 AM
Per fortuna non esiste un modo universale di leggere la fotografia e ognuno di noi è libero di costruirsi propri percorsi di fruizione, come è il tuo, Stefano! Altrimenti saremmo spacciati!
Tornando alla dicotomia arte/arte applicata versus tecnica, volendo aggiungere qualche breve considerazione storico critica, una sorta di separazione tra i due ambiti che per secoli sono stati fusi insieme, avviene nel Settecento quando si comincia a teorizzare il bello e a distinguere tra belle arti e arti meccaniche.
Sicuramente il Novecento ha recuperato la tecnica tra le componenti della valutazione razionale di un'esperienza artistica nel suo complesso: dove arte, vita (esistenzialità, socialità), conoscenza e tecnica formano nodi (spesso inestricabili!) di relazioni.
Se si sposta il tiro da arti/arti applicate in generale, allo specifico della fotografia in particolare, confesso però di non essere molto aggiornato sulle riflessioni più recenti circa il suo statuto.
Voglio dire che siamo molto lontani da un'epoca di immagini nette come quelle postate di Henri Cartier-Bresson. Siamo anche lontani da un periodo storicamente terribile e filosoficamente fecondo come quello tra le due Guerre, dove si colloca la riflessione famosissima e fondamentale (e profetica?) di Benjamin, ("L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica") in cui trovano spazio anche fotografia e cinema intese come nuove tecniche di produzione di arte figurativa.
Oggi, a distanza di anni, siamo immersi o sommersi di immagini. Fotografia, video e videoclip, pubblicità, cinema...ogni ambito con generi e sottogeneri...accostamenti di immagini e suoni, immagini e parole, contaminazioni...è così anche nei life bellissimi di questo sito...
click69
Nov 26 2005, 12:49 PM
Non ho letto ancora le risposte degli altri perchè non voglio esserne influenzato.
Premetto che è da poco sorta in me questa splendida passione che è la fotografia quindi non ho nè una grossa cultura fotografica nè una grossa esperienza ma voglio comunque esporre il mio modo di pormi davanti ad un'immagine fotografica.
Quando osservo una foto la prima cosa che scatta in me è un fatto istintivo, giudico una foto "buona" o non "buona" dal fatto che riesca o meno a suscitare in me una qualche emozione, emozione che si traduce quasi sempre in un profondo sospiro, ecco se capita questo per me la foto è "buona", io stesso quando scatto mi baso molto sul mio istinto, sull'emozione, sulle sensazioni che il soggetto che voglio ritrarre riesce a darmi e cerco quindi di trasferirle attraverso la foto, poi magari subito dopo la "fase istintiva", chiamiamola così, inizio, per quelle che sono le mie competenze, a ragionarci un pò ed applico quelle "regole" che ho appreso da un libro, che sono riuscito ad interpretare vedendo una foto simile, da questo forum. ecc.
E questo capita anche quando osservo una foto: prima deve emozionarmi e poi magari inizio ad analizzarla e a vedere se c'è qualcosa che non va (questa seconda fase però e per me quella più difficile, non ancora riesco sempre a capire ciò che va o non va in una foto). Credo infine che per fare belle foto bisogna essere prima di tutto delle persone sensibili, bisogna riuscire a "sentire la fotografia", la natura che ci circonda, la gente per strada insomma tutto quello che volgiamo ritrarre, bisogna lasciarsi completamente andare. Poi chiaramente entrano in gioco la tecnica, la creatività (elemento anch'esso molto importante),l'esperienza, la cultura (non solo quella fotografica).
Comunque Giorgio bel 3d, grazie per avercelo proposto.
Ora devo andare, è ora di pranzo, più tardi ci ritorno per confrontarmi con quello che avete scritto voi.
a dopo
Carmine
click69
Nov 26 2005, 03:17 PM
Beh rieccomi. Ora che ho letto i Vs. punti di vista, molto interessanti, io mi ritrovo un pò con quanto detto da Oesse che sintetizzo in "dipende da come ci si sente in quel momento... la foto è un continuo divenire" e con nuvolarossa, che, come me, dice che la foto deve prima trasmettergli un qualcosa, un'emozione. Voi non credete?
daniele.airola
Nov 26 2005, 04:59 PM
Ciao a tutti,
mi sono letto tutto d'un fiato i vostri contributi..... ed è davvero meravigliosa la ricchezza di idee e di spunti che sono stati apportati!
Provo a dare un contributo alla discussione....
Durante questo periodo della mia breve storia fotografica, dopo aver cercato di imparare "il necessaire" dal punto di vista tecnico, sono nate spontaneamente molte domande riguardo l'interpretazione delle (poche) fotografie che scatto e delle (troppe) fotografie ed immagini che vedo.
Domand
Perchè questa immagine non mi piace?
Perchè qiuesta immagine mi lascia estasiato?
Perchè questa immagine mi lascia indifferente, non mi trasmette nulla??
Ovviamente ognuno ha il proprio, personalissimo, approccio nel recepire e giudicare una qualsiasi forma d'arte, qualcuno lo fa con "la testa", qualcuno lo fa con "la pancia".... posso essere in diversi stati d'animo, in diversi momenti della vita...
ma la domanda che mi pongo è: c'è un linguaggio comune a cui il nostro "gusto" è stato abituato, una sorta di conformismo della rappresentazione visiva di cui regola dei terzi, sezione aurea (e la loro violazione) non sono altro che l'appendice tecnica e a cui tutti noi, in qualche modo, paghiamo il dazio?
C'è un comue denominatore a cui tutti noi facciamo riferimento?
Ne parliamo insieme?
Io lo sto cercando....
Un caro saluto
Daniele
Giorgio Baruffi
Nov 26 2005, 05:22 PM
QUOTE(d.airola @ Nov 26 2005, 04:59 PM)
Ciao a tutti,
mi sono letto tutto d'un fiato i vostri contributi.....
ma la domanda che mi pongo è: c'è un linguaggio comune a cui il nostro "gusto" è stato abituato, una sorta di conformismo della rappresentazione visiva di cui regola dei terzi, sezione aurea (e la loro violazione) non sono altro che l'appendice tecnica e a cui tutti noi, in qualche modo, paghiamo il dazio?
C'è un comue denominatore a cui tutti noi facciamo riferimento?
Ne parliamo insieme?
Io lo sto cercando....
Un caro saluto
Daniele
direi che hai colto in pieno il senso del mio post... la ricerca è in quel senso, non so (e non credo ad essere sincero) che troveremo quanto cerchiamo, ma il percorso che potremo fare per raggiungere lo scopo, forse,
E' lo scopo!
sergiopivetta
Nov 26 2005, 06:13 PM
QUOTE(d.airola @ Nov 26 2005, 05:59 PM)
ma la domanda che mi pongo è: c'è un linguaggio comune a cui il nostro "gusto" è stato abituato, una sorta di conformismo della rappresentazione visiva di cui regola dei terzi, sezione aurea (e la loro violazione) non sono altro che l'appendice tecnica e a cui tutti noi, in qualche modo, paghiamo il dazio?
C'è un comue denominatore a cui tutti noi facciamo riferimento?
Ne parliamo insieme?
Io lo sto cercando....
Un caro saluto
Daniele
Ciao Daniele, sicuramente vi è qualcosa in noi che risale a quando è nato il genere umano e che, aggiornandosi di generazione in generazione, influisce inconsciamente nelle nostre scelte e giudizi.
Per esempio, un neonato quando cerca di comunicare con noi, ci guarda negli occhi.
Come fa lui già a sapere che vediamo e guardiamo con gli occhi ?
Ciò che ci contraddistingue è l'intelligenza, e questa fa si che noi non si reagisca come degli automi a quella sorta di programmazione, vivendo come dei cloni.
Ragioniamo, modifichiamo le idee vecchie, quando va bene ne inventiamo di nuove.
Nella mia esperienza, aggiungerei anche che, ad influire pesantemente, è anche la noia che nasce quando mi accorgo di fare da diverso tempo foto con la stessa logica.
Devo spronarmi a percorrere nuove strade, trovare nuove idee, perchè quello che faccio mi piaccia e mi diverta.
Divertimento, gioco.
E qui, volendo, possiamo aprire un altro 3d.
Questo è quello che penso.
Qualche riflessione su questi schemi ancestrali me la sono posta anch'io e ne ho parlato qui:
http://www.nital.it/forum/index.php?showto...ndpost&p=348414ciao,
sergio
toad
Nov 26 2005, 06:29 PM
Mi inserisco adesso in questa interessante discussione. In questi giorni ho qualche problema ad essere molto presente.
Rispondo all’amico d. airola, mio taxista (lui sa perché

), e anche a Giorgio No, non c’è secondo me un linguaggio comune. La regola dei terzi va bene, la sezione aurea, pure, ma vanno bene anche le violazioni. L’importante – e secondo me questo è il punto principale – è che devi sentire “qualcosa” che l’immagine ti trasmette. E questo prescinde dalle regole tecniche. Esempi se ne potrebbero fare a migliaia. Io sono, tendenzialmente, un istintivo e perciò ragiono in questa maniera, pur credendo di riuscire ad apprezzare l’immagine tecnicamente perfetta. Ma non è questo il punto. Il punto, come detto, è proprio quello di “pagare il dazio”. Scattiamo d’istinto o ragioniamo prima dello scatto in modo da avere tutte le componenti tecniche canoniche al loro posto? Certo, l’ideale sarebbe fare entrambe le cose, ma non sempre ti è possibile o non ne sei capace, diciamola tutta. Dipende poi cosa fotografi. I paesaggi sono una cosa, lo “street” è un’altra. Alla fine della fiera, ritengo che la prima persona a cui la foto deve piacere sia l’autore, parlo di noi fotoamatori, per i professionisti è ovviamente diverso. Se ne siamo convinti non cerchiamo il comune denominatore, ma la nostra sensibilità, che a volte può anche non essere compresa. Dipende perché si fotografa…
Un caro saluto.
Guido
Carlo79
Nov 26 2005, 06:43 PM
Sono d'accordo con quanto dice Marco, dipende molto dallo stato d'animo che si ha al momento della valutazione! Ma sono anche pienamente d'accordo con nuvolarossa quando cita l'importanza del giudizio di una persona che di tecnica non ne capisce nulla... Bisognerebbe cercare quindi quei parametri standard che possono condurci a valutare una foto con la stessa "mentalità". A mio parere, c'è un aspetto della fotografia che è la tecnica, sulla quale è impossibile sindacare ( le eccezioni dei colpi di genio, sono un'altra cosa ) perchè per diversi motivi ci sono dei principi base che una fotografia DOVREBBE rispettare. Stabiliti questi è semplice trovare un punto comune di lettura. Passando invece al lato emozionale ( il più importante, IMHO ) non troveremo mai un punto unico come riferimento, i sentimenti che si possono provare guardando una foto sono innumerevoli e soprattutto soggettivi. Da qui quindi si potrebbe dedurre anche la spiegazione a quanto dice Sergio riguardo ai commenti fatti sulla foto della bambina... Beh, lo trovo un esempio lampante di come la mente produca sentimenti diversi da persona a persona... E ci saranno di conseguenza le diverse valutazioni di ciò che l'occhio ha visto e la mente o la fantasia hanno recepito!
QUOTE
Nella mia esperienza, aggiungerei anche che, ad influire pesantemente, è anche la noia che nasce quando mi accorgo di fare da diverso tempo foto con la stessa logica.
Devo spronarmi a percorrere nuove strade, trovare nuove idee, perchè quello che faccio mi piaccia e mi diverta.
Divertimento, gioco.
Questo è a mio parere un altro aspetto fondamentale, trovare nuovi stimoli, ma soprattutto
divertirsi è questa una cosa che non deve mai mancare... Ultimamente mi rendo conto di quanto sia bello poter approfondire ed accrescere la propria passione divertendosi, non si devono sempre e per forza fare i capolavori altrimenti in molti saremo costretti ad appendere i giocattoli al chiodo e guardare i capolavori di chi li sa fare!
Interessante questa discussione!
sergiopivetta
Nov 26 2005, 06:54 PM
QUOTE(TOAD @ Nov 26 2005, 07:29 PM)
Alla fine della fiera, ritengo che la prima persona a cui la foto deve piacere sia l’autore, parlo di noi fotoamatori, per i professionisti è ovviamente diverso.
Ciao Guido,
non sono daccordo che per i professionisti è diverso.
Per me non è diverso.
Per me non è diverso e non deve essere diverso.
La foto che faccio deve piacere a me. Se poi piace al cliente tanto di guadagnato.
Se questo ti sembra una sparata segui il mio ragionamento:
mi sono scelto questo lavoro perchè mi piace e solo se faccio la foto che mi piace si verifica la condizione.
Ovviamente la creazione delle mie immagini tiene conto del destinatario, ma rispetta sempre il mio modo di pensarla.
La cosa funziona perchè il mio gusto è apprezzato da un numero di persone sufficiente a garantirmi un fatturato da giustificare la mia attività.
Se il mio prodotto non fosse gradito perderei clienti e mi troverei quindi un'altra attività.
Non avrebbe senso fallire come non avrebbe senso prostituirsi per fare qualcosa contro voglia.
sergio
toad
Nov 26 2005, 07:08 PM
QUOTE(sergiopivetta @ Nov 26 2005, 07:54 PM)
Ciao Guido,
non sono daccordo che per i professionisti è diverso.
Per me non è diverso.
Per me non è diverso e non deve essere diverso.
La foto che faccio deve piacere a me. Se poi piace al cliente tanto di guadagnato.
Ciao Sergio,
no, non sono per niente convinto che la tua sia una sparata. Ma tu sei tu, e lavori in questo modo, probabilmente fondendo la tua sensibilità fotografica con le aspettative del cliente. E questo non può che essere una cosa estremamente positiva. Io mi riferivo, in modo indiretto, alla marea di fotografi, dovrei dire in questo caso pseudo-professionisti, per i quali "tutto fa brodo", tanto il cliente non capisce... anche se al giorno d'oggi mi sembra più difficile. E ne conosco...
Il tuo modo di lavorare, secondo me, è quello giusto, della serie
IO sono il fotografo e lavoro così. Se non vi piace, ce ne sono altri... Ma non credo che tu abbia perso molti clienti
Un caro saluto
Guido
Stefi
Nov 26 2005, 10:05 PM
Sicuramente un'immagine comunica qualche cosa al di là del mero esercizio tecnico, ed i significati di una foto, come ha ben chiarito Sergio, possono essere molti. Qui la soggettività dell'osservatore è una componente fondamentale.
Ma a questo riguardo una grande foto assomiglia a uno scritto, ad una melodia ed è qui che gioca la parte del leone la sensibilità propria di ciascun fotografo (artista?), sensibilità che può essere sviluppata con l'esperienza ma che credo sia in gran parte innata.
Però vorrei soffermarmi su un altro punto, che può invece (credo) essere approfondito e appreso da tutti.
Come e con quali elementi tecnici si può comunicare?
Ovvero: quali elementi compositivi, tecnici, cromatici permettono al nostro messaggio di essere più efficace?
Due link ad esempio:
il primo è un Learning to Look, sulle foto di A. Adams, ma credo sia applicabile a ogni immagine.
http://dizzy.library.arizona.edu/branches/...de/lookguid.htmil secondo è sulla teoria dei colori.
http://www.luminous-landscape.com/tutorial...ur_theory.shtmlSpero ovviamente che possa essere utile ed argomento di discussione.
Infine: considerazione personale: in questo thread sento la mancanza di una voce autorevole come quella di Nico
Ciao!
Michele Festa
Nov 27 2005, 12:33 AM
Ripensavo ai life che mi capita di frequentare spesso anche attivamente. Provate a guardare prima le fotografie di un life qualsiasi, giudicatele interiormente, successivamente rileggete attentamente testo e immagini: il giudizio è lo stesso? è cambiato in meglio o in peggio?
Secondo voi quali sono gli elementi principali, che provocano un cambiamento del giudizio complessivo, se ciò si verifica? E' merito del linguaggio che è migliore delle foto, o sono le foto che sopperiscono alla deficienza del testo,
oppure c'e sinergia di entrambi, in modo che mancando l'uno o l'altro in qualche modo il racconto sarebbe incompleto?
E poi ancora ognuno di noi a quale dei due aspetti dà maggiore importanza nell'economia di un giudizio finale? La risposta ovvia dovrebbe riferirsi alle foto, ma non mi sembra tutto poi così scontato.
Mi piacerebbe che faceste un giro di vite relativamente ai vostri pareri, in modo da allargare il raggio d'azione dell'ottimo argomento proposto da Giorgio.
Un caro saluto a tutti.
Michele
sergiopivetta
Nov 27 2005, 09:39 AM
QUOTE(TOAD @ Nov 26 2005, 08:08 PM)
Ma non credo che tu abbia perso molti clienti
Ciao Guido,
forse ai più sembrerà che noi si stia parlando OT.
No, non è così.
Quando propongo alla potenziale clientela (fino a quando guardano la mia vetrina lo sono) le mie immagini, il mio modo di intendere un ritratto, un matrimonio, insomma, il mio gusto personale, spero di incontrare i favori della gente, i loro gusti.
C'è quindi un filo che unisce il mio gusto a quello della gente, o meglio, una parte di essa.
Sono convinto che, per quanto uno sviluppi la propria creatività, seguendo il proprio gusto e fantasia, se questo è fatto con capacità, troverà corrispondenza fra la gente.
Quindi, nelle nostre immagini, ci sono sicuramente degli elementi base che fanno si che una creazione trovi l'approvazione nei cervelli di un certo numero di persone.
...
Ma non credo che tu abbia perso molti clienti....sono aumentati. Ed in quelle poche volte dove ho ceduto rinunciando ai miei principi, ho prodotto solo emerite schifezze,
criticatissime poi proprio dal cliente che mi aveva fatto arrendere e costretto a fare come voleva lui.
Ho immediatamente corretto il tiro e non ci voglio più cascare.
E' un aneddoto che racconto spesso. E, come al solito, ispirandomi anche a quanto detto da Daniele Airola, torno a ragionare con la pancia....
Ero in vacanza in giro per la Sicilia con mia moglie.
La prima sera siamo andati a mangiare in un ristorantino che si affacciava sul porto.
Posticino meraviglioso, dava una sensazione di calore, reti di pescatori appese alle pareti assieme a trofei di pesca.
Arriva il cameriere per l'ordinazione. Sentito il menu, mia moglie ed io, ci guardiamo in faccia pensierosi e ordiniamo:
"...milanese con patatine fritte"
Il cameriere va in cucina. Un attimo dopo esce il padrone del locale e, con aria quasi offesa (e forse lo era) ci chiede perchè mai volessimo un piatto del genere in un ristorante come il suo e che non voleva farcelo.
In mezzo italiano e mezzo dialetto bellunese, da bravi montanari abbiamo spiegato che il pesce non faceva parte dei nostri gusti preferiti.
Molto intelligentemente ci ha chiesto i nostri gusti e, spiegandoci che di pesce ne esiste una varietà infinita, ci ha chiesto di fidarci di lui ed assaggiare il pesce spada.
Mai mangiato niente di più buono.
Siamo rimasi 4 giorni in quella località appositamente per tornare a mangiare (anche altri piatti) da lui.
sergio
P.Pazienza
Nov 27 2005, 03:42 PM
Il fatto che una fotografia comunichi "qualcosa" credo sia giusto e condivisibile da tutti; i problemi nascono quando ci affanniamo a comprendere il come ed il cosa un'immagine comunichi...
Sono assolutamente convinto della inesauribile polisemanticità del'immagine fotografica, guai se così non fosse! Quindi alla domanda di Giorgio:
"esiste la possibilità di codificare un metodo universale in grado di aiutarci a “leggere” una fotografia?"
la mia risposta è: no, per fortuna non esiste nessun codice!
Cerco di spiegarmi meglio: potenzialmente un'immagine può avere tante interpretazioni possibili quante sono le persone che vorranno interpretarla, tutte di pari dignità, tutte ugualmente valide e corrette. Ciascuna interpretazione poi è connessa alle altre in una catena di rimandi interpretativi virtualmente illimitata, in quanto può a sua volta generarne altre e così via... da qui l'impossibilità di codificare un'immagine al di là dei freddi dati statistici. Siamo cioè di fronte ad una fotografia "
aperta"per natura. Però tra le varie interpretazioni possibili è compresa anche quella dell'autore che gioca un ruolo importantissimo perchè "il
suo punto di vista", cioè quello che il fotografo si proponeva di comunicare e gli accorgimenti tecnici che ha usato per farlo; tutto ciò ha una forte influenza sul modo in cui verrà letta la fotografia da parte di tutti gli altri: è qualcosa di simile al primo anello di una catena "privilegiata", che può limitare i significati della foto e circoscriverne "arbitrariamente" il senso, indirizzando le successive interpretazioni verso una fotografia "
chiusa".
In genere preferisco il primo caso, quando l'autore scglie di non interferire più di tanto con il significato della foto o quanto meno di ridurre al minimo la propria influenza. Questo mi permette di entrare direttamente in contatto con l'immagine senza condizionamenti e, nella migliore delle ipotesi, mi fornisce degli stimoli per una più attenta comprensione della fotografia ma anche di me stesso, del "
mio" punto di vista che non necessariamente deve coincidere con quello dell'autore.

a Giorgio per aver iniziato un 3d veramente interessante ed aver citato da un libro che ho letto più di un anno fa e che adesso rileggerò molto volentieri!
daniele.airola
Nov 27 2005, 05:07 PM
Ciao a tutti,
concordo ovviamente con Toad riguardo al fatto che la foto ci deve trasmettere qualcosa! Ci mancherebbe.... ed anche con P.Pazienza riguardo al fatto che ognuno abbia il "proprio" modo di leggere una fotografia..... la mia impressione è che, come Sergio Pivetta ha giustamente sottolineato, a fianco delle sensibilità innate nell'essere umano (in un bellissimo 3rd di Ludofox sono raccolti molti esempi in natura - nello stesso corpo umano - di proporzioni che seguono la sezione aurea ) ci siano delle sensibilità o gusti che si sono sviluppati o che derivano da contesti sociali, basti pensare all'evoulzione dei canoni che la bellezza femminile ha rappresentato nella pittura nel passare del tempo....
in pratica: quanto gli stereotipi (o gli archetipi) di immagini che conosciamo influenzano il nostro modo di valutare una fotografia?
Qualcuno ha avuto modo di conoscere quali differenze o affinità ci siano con altre culture (non occidentali)? Qui il 3d di Sergio Pivetta fornisce molti stimoli...
Buone foto "di pancia"....
Ciao
Daniele
P.Pazienza
Nov 27 2005, 06:37 PM
QUOTE(d.airola @ Nov 27 2005, 05:07 PM)
quanto gli stereotipi (o gli archetipi) di immagini che conosciamo influenzano il nostro modo di valutare una fotografia?
Sicuramente archetipi e stereotipi possono avere un'influenza molto ampia sull'interpretazione di una immagine ma in genere si fermano al livello di "lettura" più superficiale della stessa, poi si dovrebbe poter andare oltre se l'immagine lo permette. Di fondamentale importanza credo sia invece evitare o limitare il loro ricorso quando si pensa/scatta una fotografia, altrimenti si avranno solo immagini "stereotipate" e penso che tutti i fotografi aspirino a qualcosa di più...
...tipo creare nuovi archetipi non sarebbe male!
sergiopivetta
Nov 27 2005, 06:49 PM
QUOTE(P.Pazienza @ Nov 27 2005, 07:37 PM)
Sicuramente archetipi e stereotipi possono avere un'influenza molto ampia sull'interpretazione di una immagine ma in genere si fermano al livello di "lettura" più superficiale della stessa, poi si dovrebbe poter andare oltre se l'immagine lo permette. Di fondamentale importanza credo sia invece evitare o limitare il loro ricorso quando si pensa/scatta una fotografia, altrimenti si avranno solo immagini "stereotipate" e penso che tutti i fotografi aspirino a qualcosa di più...
...tipo creare nuovi archetipi non sarebbe male!

Interessante quanto dici.
Dimmi se ho capito male:
Tanti anni fa un fotografo, David Hamilton, diventà famoso, oltre che per la bravura, perchè nelle sue foto usava spessissimo ed abbondantemente il filtro diffusore.
Il flou divenne allora quasi una moda.
Ecco, intendi una cosa del genere quando dici di creare un archetipo?
ciao,
sergio
P.Pazienza
Nov 27 2005, 07:27 PM
QUOTE(sergiopivetta @ Nov 27 2005, 06:49 PM)
Interessante quanto dici.
Dimmi se ho capito male:
Tanti anni fa un fotografo, David Hamilton, diventà famoso, oltre che per la bravura, perchè nelle sue foto usava spessissimo ed abbondantemente il filtro diffusore.
Il flou divenne allora quasi una moda.
Ecco, intendi una cosa del genere quando dici di creare un archetipo?
ciao,
sergio
Beh! Era solo un'idea...buttata lì...
Comunque, l'esempio di Hamilton, per quanto riguardo l'uso del flou, forse ha più a che vedere con lo "stile" personale dell'autore e con le scelte dettate dal suo "gusto"... però... quando una scelta personale si diffonde a tal punto da diventare una moda e servire da modello per gli altri potrebbe essere già considerato un archetipo a tutti gli effetti, cioè letteralmente un primo modello... magari limitato alla parte tecnica della fotografia.
Io invece mi riferivo più alla creazione di un nuovo modello di "visione" fotografica che aggiunge ulteriori possibilità espressive, che propone un diverso approccio al modo di fare fotografia (o pittura, scultura ecc...), insomma più che un espediente tecnico alla moda avevo in mente un maestro, un capo-scuola che rivoluziona completamente il modo in cui si fotografava prima di lui...
anche tecnicamente...
...ma era solo un'idea...buttata lì...
margior
Nov 27 2005, 08:01 PM
Intervengo di nuovo in questa discussione e scusate se sposto la direzione sempre su una sorta di sfondo teorico: (de)formazione mentale!
Proviamo a immaginare la nostra foto essere il punto d'incontro di due piani: uno lo chiamiamo il piano dell'esperienza sensibile, l'altro il piano della cultura (che, se ci piace pensarlo, comprende anche gli archetipi jungiani di cui stiamo parlando).
Faccio un esempio: Sergio Pivetta ha postato in un thread qui vicino un piacevolissimo ritratto. La reminescenza pittorica colta (piano della cultura) si coniuga con un percepito e valorizzabile riflesso sulla moto (piano dell'esperienza sensibile) e ne scaturisce...un ottimo lavoro!
Ora, per fare un altro passo avanti, se sul piano della cultura siamo sei miliardi di persone, come è facile intuire, ognuna diversa dall'altra (ad es. Sergio conosceva quell'opera, Martino no, etc), sul versante dell'esperienza sensibile, ovvero di ciò che percepiamo, le cose sono maledettamente più complesse.
Proviamo a pensare al contrasto in una foto, la transizione tra aree chiare e aree scure...
Un momento, cosa è chiaro e cosa è scuro, quale è il concetto di chiaro e quale è il concetto di scuro, dove li ho presi? Sono qualcosa di innato?
Decisamente no, sono concetti che ci vengono dall'esperienza sensibile: potremmo dire che il sommamente chiaro è ciò che mi abbaglia fino al punto che non vedo più nulla, il sommamente scuro è cio che mi acceca fino al punto che non vedo più nulla.
Attenzione, stiamo dicendo qualcosa di molto diverso dal dire: il sommamente chiaro è RGB=255 e il sommamente scuro è RGB=0. Stiamo usando non il piano della cultura (in questo caso scientifica) ma il piano dell'esperienza, tutti ci intendiamo e ci capiamo quando dico: "sommamente chiaro tanto che mi abbaglia!"
Facciamo un altro piccolo passo: quanti elementi dentro una foto appartengono al piano dell'esperienza sensibile? Tantissimi e se non stiamo attenti tutti si intrecciano immediatamente con il piano della cultura, ad esempio i colori con i numeri, la prospettiva con la geometria, etc.
Per arrivare a "ripensare" i dati sensibili così come sono, senza mediazione della cultura, devo fare un'operazione di "messa da parte" della cultura stessa.
Quando arrivo a questo punto...sono molto vicino all'oggettività che qualcuno ha nominato in questo thread...ho fatto molta filosofia...ma le le foto dove sono?
All'interno delle foto è all'opera proprio questa grammatica fenomenologica...
(devo andare a cena, ciao, a dopo, forse)
PAS
Nov 27 2005, 08:20 PM
QUOTE(margior @ Nov 27 2005, 09:01 PM)
Intervengo di nuovo in questa discussione......
Un approccio analitico estremamente interessante ma leggendo ho perso di vista il target.
Qual'è?
Scusa ma ho appena cenato e la digestione rallenta le sinapsi!
sergiopivetta
Nov 27 2005, 09:31 PM
margior
Nov 27 2005, 10:06 PM
Eccomi, il target? Bella domanda...
Proviamo a pensare che quando facciamo fotografia, ma in genere quando facciamo ogni attività che coinvolga il piano dell'esperienza sensibile, sullo sfondo esiste una sorta di "grammatica dell'esperienza" che entra in relazione con la nostra sensibilità e la nostra cultura.
Il termine grammatica è improprio in quanto porta a pensare ad un sistema di regole oggettive: ecco non sono regole, ma sono oggettive.
Il chiaro e lo scuro sono oggettivi, ma non sono regole, entrano in rapporto con la mia sensibilità e con la mia cultura, e nella mia tavolozza pittorica li posso liberamente coniugare al fine di ottenere il risultato che ho in mente.
Non sono innati, nascono dall'esperienza che ho cominciato a fare, probabilmente (a sentire quanto ci racconta la neuroscienza) all'interno della pancia della mamma e poi, una volta nato, tutte le mattine del mondo.
Proviamo ancora con un esempio, nel campo musicale, in cui sono più preparato.
In Occidente abbiamo il nostro sistema tonale, una scala musicale, un insieme di regole etc.
Se mi sposto in India esiste un altro sistema, altre regole, etc.
Da dove nascono, sono innati, uno è superiore all'altro (assolutismo) o sono equivalenti (relativismo)? Nessuna delle due risposte è corretta perché non centra il problema. Semplicemente sono state operate selezioni diverse all'interno dello spazio sonoro, che possiamo immaginare, sullo sfondo percettivo, come un "glissato" continuo dal indefinitamente grave all'indefinitamente acuto.
Sono state operate delle libere scelte cristallizatesi nel corso di secoli che hanno portato ad esiti estetici diversi, vari, multiformi!
Trasferiamoci alla fotografia e in parallelo possiamo immaginare di operare una selezione nel...continuo dei colori, per creare la nostra tavolozza espressiva!
Se ci facciamo caso, riconosciamo un autore, la sua cifra stilistica proprio perché opera scelte che coinvolgono questi piani, della sensibilità, della cultura...
Credo che siamo arrivati ad un punto in cui sono stati messi in campo argomenti che hanno implicazioni piuttosto pesanti e preferirei fermarmi qui chiedendo il vostro aiuto.
Buona serata
Giorgio Baruffi
Nov 27 2005, 10:27 PM
Margior scrive:
Per arrivare a "ripensare" i dati sensibili così come sono, senza mediazione della cultura, devo fare un'operazione di "messa da parte" della cultura stessa.eccoci, ci stiamo avvicinando all'idea che mi sono fatto per l'interpretazione (anche se preferisco lettura proprio perchè "interpretazione" implica la NON messa a parte della cultura) della fotografia...
mi sa che la cosa si sta facendo interessante...
un attimo di relax: ragazzi siete grandi, mi sto gustando il 3D in maniera spropositata!
davidebaroni
Nov 28 2005, 06:58 PM
QUOTE(GiorgioBS @ Nov 27 2005, 10:27 PM)
Margior scrive:
Per arrivare a "ripensare" i dati sensibili così come sono, senza mediazione della cultura, devo fare un'operazione di "messa da parte" della cultura stessa.eccoci, ci stiamo avvicinando all'idea che mi sono fatto per l'interpretazione (anche se preferisco lettura proprio perchè "interpretazione" implica la NON messa a parte della cultura) della fotografia...
mi sa che la cosa si sta facendo interessante...
un attimo di relax: ragazzi siete grandi, mi sto gustando il 3D in maniera spropositata!
Mi sono letto questo thread con enorme interesse. Sarà una deformazione professionale...
Prima di aggiungere i miei due cent alla discussione, faccio una premessa: per me
lettura della foto è
molto diverso da
valutazione o
giudizio della foto.
Lettura implica, e presuppone, un
impegno conoscitivo, di
comprensione, e questo a sua volta implica per me l'
assenza di un giudizio, che significherebbe l'attività dei
miei pre-concetti, delle
mie strutture pre-esistenti, della
mia cultura, dei
miei gusti personali, della
mia "mappa del mondo"...

Un grosso problema, nella "lettura" di una foto, è:
"Quanto ci sto mettendo del mio, e quanto è invece effettivamente nell'opera?". Da cui l'importanza di leggere
al di fuori della propria mappa del mondo... e l
'impossibilità di farlo in assoluto, perché alcune "trasformazioni" nel messaggio (neurologiche) avvengono ancor prima di avere un accesso cosciente allo stimolo sensoriale (in questo caso all'immagine), e altre (linguistiche) avvengono in modo pressoché inconscio ed automatico. Eppure non sono "universali".
Io NON credo all'oggettività.

Per me la "lettura" di una foto è analoga alla lettura di un testo scritto, o di una rappresentazione teatrale.
Non è una questione di "mi piace" o "non mi piace". Questo è già un
giudizio.
E' una questione di
"cosa c'è qui?", di
"cosa leggo fra le righe". E, qui, si intrecciano diversi piani. Qualcuno qui ha definito la fotografia "polisemantica". E' vero, come lo è il linguaggio parlato. La stessa frase, o parola, pronunciata con intonazioni diverse, assume significati diversi: c'è, in un'opera di Shakespear, un personaggio che, nel corso della stessa opera, pronuncia la parola "no" con 16 differenti significati, che vanno dal "no" più assoluto al "sì" più totale... eppure la parola è sempre la stessa.

Allo stesso modo, lo stesso soggetto fotografico, anche statico, ripreso con illuminazioni, contrasti, colori o prospettive diverse assume significati diversi.
Esiste un
linguaggio fotografico come esiste un
linguaggio verbale. La
proprietà di linguaggio fa parte degli strumenti di un fotografo, come di uno scrittore. E di questa proprietà di liguaggio fa parte la
congruenza linguistica. Non sto parlando solamente di vocabolario: Zippy the Pinhead, mitico personaggio dei fumetti underground americani, conosce un sacco di parole ed espressioni "colte"... ma le usa a sproposito, in modo incongruente, distorcendone significato e sintassi. Questo è
coerente con il personaggio, quindi è il linguaggio "giusto"... E ha un
effetto comico, quindi è
congruente con lo scopo della rappresentazione.
E questo vuol dire
usare il linguaggio congruente con ciò che si vuole rappresentare: nessuno scrittore degno di questo nome farebbe parlare un contadino analfabeta come un professore di Oxford solo perché lo scrittore ne conosce il linguaggio... E qui entra in gioco
l'obiettivo della rappresentazione.
Cosa voglio rappresentare? La mia rappresentazione
è efficace? Per essere efficace
che caratteristiche deve avere?
Che effetto deve produrre? Non sto parlando di
realismo: ricordate il bicchiere rotto di Ludofox?

Ora, quando leggiamo una foto, cosa leggiamo veramente? Secondo me, leggiamo
il fotografo prima di tutto, nel senso che quella foto
rappresenta, in un modo o nell'altro,
la visione che il fotografo ha di quel tema in quel momento, o
quella che vuole trasmettere... ma per trasmetterla deve averla nel suo "repertorio".

Poi leggiamo
l'effetto che quella rappresentazione produce, in noi
in primis, e in altri se ne abbiamo la possibilità. E infine, se vogliamo, possiamo andare ad
analizzare gli strumenti liguistici messi in campo dal fotografo per ottenere quel risultato, così come analizziamo il linguaggio di uno scrittore o di un comunicatore per scoprirne i "segreti". E infine vediamo la
"tecnica", cioé
la capacità del fotografo di utilizzare efficacemente gli strumenti che mette in campo... Pensate ad un attore, che ha il copione perfetto, le parole perfette, il linguaggio del corpo perfetto... e sia incapace di dare alle proprie parole l'intonazione giusta, o mancasse dei tempi teatrali.

Sarebbe una mancanza tecnica...
Quando "leggo" (o meglio cerco di leggere) una foto, sono queste le cose di cui vado in cerca. La visione, la cultura, il mondo del fotografo prima di tutto. Ciò che "scrive" esplicitamente, e ciò che lascia fra le righe. L'effetto che mi fa, e come fa a farmi quell'effetto (e questo mi parla molto di me stesso...). Poi "esco" e cerco di lasciare da parte "me stesso", e di vedere le cose il più possibile "dall'esterno", e di analizzare il linguaggio usato.
Mi è molto difficile parlare di queste cose per iscritto. Ma per me è straordinariamente simile a quello che faccio nei corsi che tengo per i terapeuti, quando insegno loro a "leggere" le informazioni che il cliente dà loro senza nemmeno saperlo, fra le righe del proprio eloquio e del proprio corpo.
Solo che lì posso spiegarmi attraverso l'esperienza diretta...
margior
Nov 28 2005, 09:22 PM
QUOTE
twinsouls Inviato il Oggi, 06:58 PM
Mi è molto difficile parlare di queste cose per iscritto.
Ti quoto qui assolutamente! E ti quoto anche su tutto il resto soprattutto quando dici che non credi all'oggettività.
Suppongo che avendolo tu precisato, ti sia venuto qualche sospetto...legittimo per carità!
Per sgombrare il campo da sospetti e anzi per dire con forza che dovremmo sempre essere tutti, nel nostro piccolo, vigili "maestri del sospetto", come premessa vorrei dire che ho cercato di mostrare (stentatamente, me ne rendo conto...) UNA tra le angolature da cui è possibile accostarsi al problema della lettura di una foto, nei termini che tu hai esposto (ovvero non ha senso dare giudizi etc.).
Chiarito e premesso che sul piano della cultura siamo tutti liberi e diversi e che sul piano dell'esperienza sensibile siamo liberi nelle scelte, ho cercato di mostrare che operiamo queste scelte relative al piano dell'esperienza, in un ambito esperienziale comune, dato, "oggettivo" (mettiamolo tra virgolette, perché tentiamo ora di usare un altro termine meno scomodo).
Un piano dell'esperienza dove, per tornare ad esempi fatti, i concetti di chiaro e scuro non sono regole o definizioni oggettive di tipo scientifico, linguistico o altro ma appunto esperienze che "sono di tutti" nei termini che ho descritto precedentemente, cioè intersoggettive.
Ci collochiamo su di un piano esperienziale pre-lingustico, pre-scientifico, dove l'esperienza di chiaro e scuro è così per me e per una persona che appartiene ad un ambito culturale diversissimo dal mio, che ha una "borsa fotografica", una "cassetta degli attrezzi" diversissima dalla mia.
Vorrei provare a ricapitolare, ribadendo che questa è UNA (tra diverse, di cui sarebbe anche possibile parlare...!) angolature del discorso: la foto (nel quadro, nell'opera musicale, filmica e quant'altro) nasce dall'incontro tra un piano della cultura (di cui bisognerà, ahinoi!, prima o poi cominciare a parlare) e un piano dell'esperienza sensibile (di cui ho tentato di parlare).
Ciò che tento di suggerire, andando un po' a fondo (in tutti i sensi...) sul piano teoretico, è che ciascuno può provare a valorizzare al massimo la propria "cassetta degli attrezzi espressivi" andando ad indagare meglio il piano dell'esperienza sensibile, provando ad immaginare quali abissi di direzioni possibili si spalancano, ripensando a concetti che ci appaiono ovvii, ma che tanto ovvi non sono e che nascono invece dal sedimento del pensiero e della cultura di secoli.
Bisognerebbe provare ad approfondire con degli esempi questo aspetto, ma ripeto, vi devo chiedere aiuto.
Buona serata
Giorgio Baruffi
Nov 28 2005, 11:18 PM
non potevo sperare in meglio...
Davide, ti ringrazio, moltissimo, ma lo stesso devo fare con Margior, siete splendidamente entrati nei ruoli che avevo prefigurato, anche se gli attori ancora non potevo conoscerli (non nascondo che Davide lo aspettavo al varco però, ecco perchè, pur volendolo fare, mi sono trattenuto dal segnalargli il thread, piccola scommessa con me stesso).
Ne deduco (e lo farebbe anche mio nipotino di 15 mesi se fosse in grado di leggere, tanto è chiaro) che, secondo quanto è emerso, ricondurre la lettura di una fotografia a qualcosa di oggettivo non sia possibile, ma non ne sono ancora convinto del tutto.
Cosa è l'oggettività?
In pratica nulla può essere universalmente valido cioè non condizionato dalla particolarità dei punti di vista?
Possiamo ritenere chiuso il discorso in merito alla lettura delle fotografie, oppure ci sfugge qualcosa?
(perdonate le mie domande, ma sto interpretando la parte del "conduttore", sperando di riuscirci e di non sembrare idiota e nel contempo di riuscire a rendere questo thread sempre più interessante

)
davidebaroni
Nov 29 2005, 10:21 AM
QUOTE(GiorgioBS @ Nov 28 2005, 11:18 PM)
(non nascondo che Davide lo aspettavo al varco però, ecco perchè, pur volendolo fare, mi sono trattenuto dal segnalargli il thread, piccola scommessa con me stesso).
Giorgio, sono stato via da venerdì a ieri, senza accesso a Internet... Appena sono tornato a casa mi sono messo "in pari" col Forum, e quando ho visto questo thread... Come direbbero a Modena, hai
"invitato un'oca a bere"!

QUOTE(GiorgioBS @ Nov 28 2005, 11:18 PM)
Ne deduco (e lo farebbe anche mio nipotino di 15 mesi se fosse in grado di leggere, tanto è chiaro) che, secondo quanto è emerso, ricondurre la lettura di una fotografia a qualcosa di oggettivo non sia possibile, ma non ne sono ancora convinto del tutto.
Cosa è l'oggettività?
In pratica nulla può essere universalmente valido cioè non condizionato dalla particolarità dei punti di vista?
Sì, in pratica è così, e se riusciremo a vederci di persona ti spiegherò approfonditamente perché e percome...
QUI sarebbe parecchio complicato!

Per ora, ti basti sapere che in ambito scientifico ci sono discussioni persino sull'oggettività o meno delle
misure strumentali, perché il modo in cui sono
progettati e
costruiti gli strumenti di misura stessi (che
dipende dai postulati, gli assunti e le convinzioni di chi li ha progettati e costruiti) potrebbe influenzare l'oggettività della misurazione
al livello dello strumento stesso...

Se leggi bene l'inglese, trovi la "spiegazione di base" in un libro intitolato
"Whispering in the wind", di John Grinder e Carmen Bostic St. Claire. Ma prende un intero capitolo, e questo è il motivo per cui, anche sintetizzando, non posso spiegarlo qui.
E' già sintetico là!
QUOTE(GiorgioBS @ Nov 28 2005, 11:18 PM)
Possiamo ritenere chiuso il discorso in merito alla lettura delle fotografie, oppure ci sfugge qualcosa?
(perdonate le mie domande, ma sto interpretando la parte del "conduttore", sperando di riuscirci e di non sembrare idiota e nel contempo di riuscire a rendere questo thread sempre più interessante

)
Certamente non è chiuso, almeno non per me. Il fatto che non sia "oggettivizzabile" non significa che non si possano cercare
"linee guida" più o meno comuni, o che non si possano
condividere metodi e strumenti così che ognuno possa
arricchire il proprio bagaglio di
ciò che, fra ciò che emerge,
ritiene valido.
Ma...
A cosa serve,
a quale scopo "leggo" la fotografia in questione? A seconda dello scopo, i
criteri usati nel processo (o, meglio,
le loro priorità) cambiano... Magari di poco, ma cambiano. E solo questo basterebbe ad aprire un thread chilometrico...

Il processo di lettura, invece, secondo me rimane più o meno lo stesso.
Tocca a te decidere se,
in questo momento e per gli scopi che ti eri prefisso aprendo questo thread, le risposte che hai ottenuto
soddisfano questi scopi
o no, o comunque rispondono alle
"vere" domande che avevi dentro...
nuvolarossa
Nov 29 2005, 10:26 AM
Chiedo scusa se con il mio intervento riporto la discussione a livelli più bassi e meno "scientifici"...
Parlando di oggettività, di sicuro non si può dare un parere "oggettivo", ma voglio tentare di dare una risposta alla domanda di Giorgio:
In pratica nulla può essere universalmente valido cioè non condizionato dalla particolarità dei punti di vista?Secondo me immagini che danno messaggi universali a chiunque esistono eccome, a prescindere dal livello culturale e dal background che si hanno. Penso per esempio al miliziano di Capa o alla bambina nuda che corre ustionata dal napalm (credo di McCullin, ma ho un'amnesia mattutina), ma anche alle bellissime immagini di Magubane del medico in Africa...
Queste immagini non hanno bisogno di un codice per essere interpretate, il loro messaggio è universale e quindi "oggettivo"...
Mi sbaglio?
ludofox
Nov 29 2005, 10:39 AM
QUOTE(margior @ Nov 27 2005, 10:06 PM)
Proviamo ancora con un esempio, nel campo musicale, in cui sono più preparato.
In Occidente abbiamo il nostro sistema tonale, una scala musicale, un insieme di regole etc.
Se mi sposto in India esiste un altro sistema, altre regole, etc.
Da dove nascono, sono innati, uno è superiore all'altro (assolutismo) o sono equivalenti (relativismo)? Nessuna delle due risposte è corretta perché non centra il problema. Semplicemente sono state operate selezioni diverse all'interno dello spazio sonoro, che possiamo immaginare, sullo sfondo percettivo, come un "glissato" continuo dal indefinitamente grave all'indefinitamente acuto.
Questo esempio musicale è, a mio avviso, molto calzante.
Si possono estrapolare le due componenti. Quella
culturale e quella ...
innata, istintiva.
Giustamente, margior, dici che entrambe le culture hanno in comune la percezione sensibile dal tono più basso udibile a quello più alto, senza soluzione di continuità. Quella che, in termine musicale hai chiamato "glissato". E che può essere schematicamente definita come una serie infinita di toni. (Analogamente, all'interno di un segmento esistono infiniti punti).
Da questa percezione comune, determinata dalla fisiologia, due culture diverse hanno potuto applicare regole e codici diversi. Infatti la musica araba, o quella cinese, o lo stesso jazz, sono assolutamente riconoscibili dopo le primissime battute.
Ma, nonostante si abbiano a disposizione una serie infinita di toni percepibili, nessuna armonia, anche proveniente da culture che non hanno avuto contatti tra loro, adotta una scala fatta di quarti di tono o di terzi di tono.
Ogni espressione musicale, adotta la scala fatta di mezzi toni.
Evidentemente esiste innata, e quindi più difficile da scovare, una sorta di ...
quantizzazione della scala musicale che ci fa adottare il mezzo tono come "salto" minimo.
Questo per dire che non è sempre facile capire quali componenti "oggettive" si nascondono all'interno del nostro comportamento, delle nostre creazioni, delle nostre analisi.
QUOTE(GiorgioBS @ Nov 28 2005, 11:18 PM)
...Possiamo ritenere chiuso il discorso in merito alla lettura delle fotografie, oppure ci sfugge qualcosa?
Per fortuna, Giorgio, qualcosa sfugge sempre.
davidebaroni
Nov 29 2005, 10:56 AM
QUOTE(ludofox @ Nov 29 2005, 10:39 AM)
(...)
Ma, nonostante si abbiano a disposizione una serie infinita di toni percepibili, nessuna armonia, anche proveniente da culture che non hanno avuto contatti tra loro, adotta una scala fatta di quarti di tono o di terzi di tono.
Ogni espressione musicale, adotta la scala fatta di mezzi toni.
Evidentemente esiste innata, e quindi più difficile da scovare, una sorta di ...
quantizzazione della scala musicale che ci fa adottare il mezzo tono come "salto" minimo.
(...)
Spiacente di contraddirti, Ludofox... Ma un mio amico, che ha studiato e studia Sitar in India, mi dice che la LORO musica prevede i quarti di tono, che vengono utilizzati in certi Raga, anche se non certo in tutti. E le loro suddivisioni ritmiche, i Tala, hanno a volte cicli di 13 beat... e mezzo, come spiegato da Ravi Shankar in un suo disco (di cui non ricordo il titolo) in cui, prima di ogni pezzo, spiega appunto le caratteristiche sia del Raga che del Tala utilizzati.
Queste suddivisioni tonali e ritmiche non hanno alcun senso nella nostra notazione... ma ce l'hanno nella loro, eccome!

Questo non toglie che, in generale, quello che dici abbia un sacco di senso. Credo che tu stia parlando di quelle che io chiamo le "componenti neurologiche" del linguaggio fotografico...
ludofox
Nov 29 2005, 11:01 AM
QUOTE(twinsouls @ Nov 29 2005, 10:56 AM)
Spiacente di contraddirti, Ludofox... Ma un mio amico, ...
Piacere di essere contraddetto!
Interessante quello che dici. ...Mi piacerebbe approfondire.
Sarebbe interessante, ad esempio, sapere se quella opzione è stata ...
"forzatamente" aggiunta o è ...naturale.
(Ma non andiamo troppo Fuori Tema)
margior
Nov 29 2005, 11:54 AM
Twinsouls e Ludofox vi devo ringraziare...
Effettivamente...la musica indiana...
Dal continuo dei suoni, un po' come refoli di vento sulla superficie a specchio del mare, nel corso dei secoli, abbiamo cominciato a sviluppare linguaggi musicali differenti, ognuno con una propria articolazione che prevede "toni", "semitoni", "quarti di tono"...ma più che quantizzare (abituati come siamo nell'età della tecnica), dovremmo chiederci: con quali magnifici risultati espressivi?
Esiste un piano prelinguistico, che possiamo "tentare" di descrivere teoreticamente con tutti i limiti...del nostro linguaggio! come nota Twinsouls, e un piano di articolazioni linguistiche.
Per passare dallo "spazio sonoro" alla fotografia: nella pittura, nelle arti visive, nel corso dei secoli, attraverso diverse "tecniche linguistiche" abbiamo "costruito e articolato" lo spazio. Ad esempio tanti autori del Novecento si sono staccati anche con veemenza teorica dalle "regole" della prospettiva rinascimentale, così come molti autori del Novecento musicale colto occidentale hanno esplorato strade diverse dal sistema tonale classico.
Sarebbe ovviamente complesso affrontare questo discorso dello spazio...se qualcuno è interessato posso suggerire qualche lettura...
Ma quando facciamo fotografia, con il nostro scatto, articoliamo lo spazio.
In una discussione "parallela" a questa (Perché ho scattato così) aperta da PAS, sono stati postati due scatti che articolano lo spazio in maniera completamente differente. Il mezzo fotografico ovviamente e per fortuna è occhio che insieme articola ed esprime.
Nello scatto di Oesse si vede benissimo come pochi elementi tecnici come l'inquadratura (la sua ampiezza, il suo punto di vista rialzato, la vicinanza dell'obiettivo al soggetto, (per fortuna 50 e non 85!), etc.) e il diaframma (definizione di primi piani, piani intermedi, sfondo, etc) costruiscano lo "spazio" della foto in maniera perfetta.
E' il caso di ricordare, che il nostro occhio, quella scena, non la vede assolutamente così! Quello sfuocato, quell'atmosfera, quel mosso, quel,quel...
Quando Ludofox "scolpisce" magistralmente la bottiglia, la "colloca" nello spazio o se...vogliamo ribaltare filosoficamente il discorso è la costituzione della cosa, è la bottiglia con le sue "ombre" e i suoi "riflessi" che articola lo spazio, altrimenti avremmo una superficie bianca bidimensionale! Uno still piatto è uno still che non ci fa sentire la spazialità delle cose (e la cosa potrebbe anche essere usata a fini espressivi...)
Insomma piano piano cerchiamo di risollevarci dallo sfondo teorico, dal piano della percezione, alla varia articolazione dei linguaggi fotografici...
Mi fermo qui...devo lavorare!
ConteMaxS
Nov 29 2005, 12:59 PM
QUOTE(twinsouls @ Nov 29 2005, 11:56 AM)
Queste suddivisioni tonali e ritmiche non hanno alcun senso nella nostra notazione... ma ce l'hanno nella loro, eccome!

Non hanno senso.....!?
Non ci appartengono.
Forse è più giusto dire così.
I tempi dispari però, già da un po' di tempo li stiamo assimilando anche noi occidentali.
Il Rock Progressive ne è un esempio.
Ma anche in qualche brano Pop più ricercato: Seven deys di Sting é in 5/8.