QUOTE(RPolini @ Oct 7 2016, 03:00 PM)

Anni (forse decenni?) fa ero ad una ben nota mostra sul turismo (BIT di Milano) e l'amico
Edoardo Agresti mi mostrò un suo portfolio (parliamo di quelle cose oggi un po' desuete che si chiamano "stampe"). Bellissime immagini di reportage nei vari angoli del mondo, soprattutto deserti e India. Parliamo di foto scattate con diapositive (dato il prevalente utilizzo editoriale), perlopiù Fujichrome, Velvia 50 inclusa. Alcune di quelle foto erano visivamente scattate con un teleobiettivo spinto e gli chiesi cosa avesse usato. Mi rispose che lui viaggiava col
500/8 Nikkor AI, che apprezzava per la leggerezza (8 etti) e la compattezza (è lungo 11 cm). Ergo, un catadiottrico si poteva usare per scopi professionali già allora, quando Velvia e Kodachrome erano un
must per la qualità da proporre in ambito editoriale. Poi, con il digitale, una certa editoria è praticamente morta. E i fotografi si arrabattano a fare gli editori di se stessi: cosa che trovo triste, ma off topic ...
Concordo pienamente.
Come non ricordare che le più belle immagini sportive, ad esempio nel motorismo, erano dominio degli specchi: Indianapolis, la formula uno ai tempi di Lauda, Andretti ecc. nel motociclismo, certi B/N meravigliosi con Agostini, Pasolini, Read ecc.
Ora come dice Sandro e ripetiamo dall'inizio nelle pagine di questo 3D, possiamo sfruttare le alte capacità dei sensori delle digitali, in particolare FX, con un buon superamento del problema di un ottica chiusa.
Poi cerchiamo di capire certe differenze di qualità d'immagine tra un pezzo di vetro ed uno specchio Nikon o Tamron. La differenza è apocalittica e non si recupera tutta nella post produzione. Quando mancano i punti dettaglio, mancano e basta. Quando nei contrasti saltano fuori sbavature o aloni, o quando un'immagine è inesorabilmente piatta,...
Ricordo che al top di gamma, parlando di un 500mm, si accede anche sotto i 400 caffè.